dolcetto- scherzetto

Post N° 52


Un'infelice definizione la rese nota come "la fotografa dei mostri" ma il contributo che Diane Arbus diede alla fotografia fu molto più rivoluzionario di una semplice testimonianza delle imperfezioni fisiche o delle perversioni umane. È vero, amava ritrarre freak e altri fenomeni da baraccone, travestiti, nudisti, nani, puttane dominatrici e clienti dominati e questo sarebbe bastato a sconvolgere l'America puritana degli anni 60. Per provocare l'indignazione del pubblico sarebbero bastati l'amore e l'empatia che mostrava verso i "diversi", che definiva "aristocratici" perché avevano superato il trauma esistenziale di cui, secondo lei, ognuno di noi ha paura e che non trattava con pietismo ipocrita né con pruriginosa curiosità. Ma la sua grande intuizione non fu in quel coinvolgimento, che comunque le sconvolse la vita.  Se al primo riconoscimento ufficiale a lei dedicato, la mostra al Moma di New York del '65, le sue foto ricevettero pesanti critiche e addirittura sputi da parte del pubblico non è solo per la sua spregiudicatezza nello spingersi in territori estremi, che lei comunque definiva invisibili eppure sotto gli occhi di tutti. Fu la sua sfrontatezza nel mostrare i soggetti della ricca borghesia, i militari patrioti, i premiati ai concorsi di bellezza, ritratti in situazioni goffe e imbarazzanti o in pose che ne rivelavano l'assoluta incoscienza di sé. Il che li rendeva assai più mostruosi dei "mostri" delle foto a fianco. Sbattere in faccia a un'America la propria mostruosa stupidità fu la grande rivoluzione di Diane Arbus. "Sono nata per salire la scala della rispettabilità borghese e da allora ho cercato di arrampicarmi verso il basso, il più rapidamente possibile" diceva di se stessa