C'era una volta...

Barbablù e la società patriarcale


Insieme al tema della discesa nel proprio inconscio, l’apertura della porta da parte della moglie di Barbablù simboleggia una volontà tutta femminile di autodeterminarsi in una società patriarcale che le vuole soggiogate a un ruolo di moglie, madre, figlia e sorella. La fiaba risente fortemente di una visione maschile e patriarcale, tipica dell’epoca di Perrault, un’epoca che è estremamente diversificata se si parla di cortigiane o popolino. La protagonista della fiaba di Perrault non ha nome, è solo la moglie di Barbablù. La mancanza del nome era simbolo di un’identità femminile incapace di autodeterminarsi e rientrava a pieno titolo nella cultura patriarcale che cercava di esercitare e mantenere il dominio politico, economico e sociale, simbolico e materiale sulle donne in quanto gruppo sociale ben distinto dagli uomini. Ciò era alla base di un più ampio progetto, che vedeva la donna relegata nella dimensione privata come moglie, madre e figlia, ma mai come donna. Se entriamo nel dettaglio della fiaba ci accorgiamo che la nostra eroina, alla fine della storia, si salverà per l’arrivo dei fratelli che uccideranno Barbablù. Tale aspetto non è irrilevante in una società patriarcale dove la patria potestà, in mancanza del padre, è affidata ai fratelli. Inoltre emerge dalla fiaba di Barbablù anche la necessità, da parte di una società, di definire norme e regole sociali. Se ci allontaniamo dal confronto tra il maschile e il femminile nella fiaba, ci rendiamo conto che essa mette in scena anche una riflessione sulla regolamentazione sociale. Pandora, Eva, Prometeo e la moglie di Barbablù sono apparentate, in quest’ottica, dalla volontà di contrapporsi alle leggi sociali definite. La punizione che colpisce tutti diventa metafora del bisogno di ordine morale e sociale, che la società si dà per vivere.