C'era una volta...

Fiabe e bugie - 2


Nelle fiabe che presentano una chiara rielaborazione medievale, spesso viene raccontata la quotidiana lotta per la sopravvivenza del povero, attraverso anche una difficile contrapposizione al potere assoluto dei signori. La bugia spesso, in questo contesto, diventa una conseguenza della diseguaglianza del potere: il povero reagisce come sa e come può. La verità è un lusso che solo i potenti (e gli eguali) possono permettersi.Attraverso una manipolazione della realtà, una sua drammatizzazione, spesso un suo capovolgimento fantasioso, il povero riesce a sopravvivere alle prove, talvolta anche ad emergere e a conquistarsi un nuovo status sociale.
Così nel Gatto con gli stivali (dove l'utilizzo spudorato della bugia passa attraverso un transfer: non pare possibile attribuirlo tout-court al giovane povero e quindi si costruisce un suo alter-ego appartenente al mondo animale, un intermediario magico: il gatto. Tra l'altro un animale spesso visto come incarnazione del demoniaco.Ma la morale della fiaba, poi quale rimane?Che la bugia trasforma la realtà: il povero non sa più nemmeno lui chi è. Il Re e la principessa accettano passivamente l'esistenza del parto della fantasia (della bugia) del gatto, il Marchese di Carabas, e sono pronti ad accoglierlo e a celebrare il matrimonio tra realtà e fantasia, generando un mondo impossibile, ma reso possibile proprio dalla bugia.