C'era una volta...

L'amore come negazione di sé


Perché anche la mitologia è fiaba. Ovvero, e forse meglio, entrambe attingono alle radici della nostra storia, umana e personale, al materiale del magico e dell'inconscio, che rendono la nostra cultura, e noi stessi, quello che siamo.Persefone(o Kore, o Proserpina, a seconda della lingua e del patrimonio di leggende nell'ambito del quale la si inquadra), rappresenta la contraddizione tra il rigoglio e l'abbondanza della natura sua madre (Demetra o Cerere) e il regno di freddo, buio e disperazione del suo amante, Ade (o Plutone), dio degli Inferi.Come duplice e contraddittoria è la sua personalità: ragazza giovane, mite e delicata, la Kore, quando viene sottoposta alla violenza del rapimento da parte di Ade. E dea degli inferi gelida e funerea, Ecate.Ma nel mito di Persefone si può leggere anche la negazione di sé che sta in questo aspetto duplice: una donna che, divisa tra due amori, cerca di rappresentarli entrambi e ad essi soccombe. Chi era veramente Persefone? In realtà noi non lo sappiamo: divisa tra l'amore della madre che la vuole sulla terra, e l'amore di Ade che la vuole agli Inferi, la donna resta imprigionata nel cerchio perenne delle stagioni, a vivere sei mesi sulla terra e sei mesi sottoterra, distribuendo così all'umanità raccolti e carestia, abbondanza e penuria.Di lei questo ci resta: l'impossibilità di esistere di per sé se non nel rapporto tra i due contrastanti amori che di lei si sono impossessati.Il mito di una negazione di sé. Tramandataci con in mano la melagrana, simbolo di pianto ma anche di fertilità. Perché della donna questa è l'immagine che si passa di generazione in generazione: dolore, parto, annullamento nell'altro.