C'era una volta...

Le Fate Oscure


Le Fate, nella nostra tradizione, hanno un'origine oscura. Infernale.Non sono il "piccolo popolo" del mondo celtico, aerei folletti con alucce trasparenti, dispettosi ma tutto sommato benevoli.Non sono nemmeno, o non subito, per lo meno, la trasposizione delle ninfe: esseri della natura, collegati a sorgenti, foreste, laghi.Sono invece le PARCHE, o MOIRE. Divinità pre-elleniche che tengono in mano il dipanarsi del destino dell'uomo. E infatti il loro nome, FATE, appunto, deriva proprio dalla stessa parola che indica il destino stesso: fato.Nella mitologia greca le Parche erano tre: Clòto - che filava lo stame della vita - Làchesi - che lo svolgeva sul fuso - e Atropo - che, con lucide cesoie, lo recideva, inesorabile.Dee immote, né buone né cattive; temute tanto dagli déi olimpi come dagli uomini. Cieche: possedevano un occhio solo che si passavano a vicenda, secondo il bisogno.E così sono, in origine, le fate della nostra tradizione:  rappresentano il destino e il suo misterioso svolgersi e la possibilità di mutarlo e interromperlo in qualsiasi momento. Un potere, quindi, magico in quanto incomprensibile agli uomini. Un potere non soggetto alle logiche umane, e quindi cieco.Così sopravvivono anche nella fiaba della "Bella Addormentata nel bosco", nonostante addolcimenti e censure per rendere il tema del destino meno oscuro.Ma tre sono le fate, come tre erano le Parche. E per tutta la fiaba si rincorre il tema della profezia di morte fatta ai piedi di una culla, del fuso che finisce di filare per diventare strumento di morte, del destino cieco e crudele.E le streghe, probabilmente, nascono proprio da questa volontà di offrire all'immaginario sociale degli esseri monotipi: o tutti buoni o tutti cattivi. Così la Donna del Destino si sdoppia: nasce la fata madrina, da una parte, protettrice e benevola; nasce la strega, dall'altra, cattiva e portatrice di morte..