Creato da regina_crimilde il 25/10/2005

C'era una volta...

le fiabe sono solo dei ricordi d'infanzia o non sono piuttosto un codice da interpretare? Andiamo alla ricerca dei valori, dei miti, della storia profonda dell'umanità e dell'io che trasmettono.

 

 

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Fiabe e malformazioni fisiche

Post n°130 pubblicato il 27 Giugno 2007 da regina_crimilde
 

Di solito si pensa alle fiabe come al regno della bellezza e della perfezione: le principesse sono sempre bionde e belle, i principi azzurri e aitanti.
Ma talvolta ci si imbatte in personaggi, secondari o principali dei quali non si nasconde una malformazione fisica. Anzi, talvolta questa risulta un elemento chiave per lo svolgimento della vicenda, se non addirittura il motivo stesso attorno al quale ruota la storia.
E' il caso, ad esempio, di fiabe che raccontano probabilmente la transizione adolescenziale, una percezione soggettiva e negativa del proprio corpo che cambia, di cui abbiamo già parlato.

In questi casi l'elemento di diversità fisica è raccontato come una percezione di "bruttezza" della quale il personaggio si libera crescendo: il caso più paradigmatico è quello del Brutto Anatroccolo, destinato a diventare cigno regale e a riconoscersi nell'incontro con la propria specie.

Ma di malformazione fisica vera e propria ci parlano per esempio i sette nani di Biancaneve e Enrichetto (o Riccardin) dal ciuffo, il giovane principe protagonista di una fiaba di Perrault, di rara bruttezza, gobbo, nano, guercio, ma estremamente intelligente.

Di altra categoria sono invece le fiabe in cui la diversità è narrata in termini di metamorfosi: il protagonista trasformato in un animale da un prodigio o una maledizione, poi riscattato da un amore incondizionato, non necessariamente un innmoramento, ma anche un forte affetto familiare.
Appartengono a questo gruppo la Bella e la Bestia, il Principe Ranocchio, I Sette Cigni, Fratellino e Sorellina.

Se nell'analisi di queste fiabe si vuole leggere le tracce della memoria storica, allora bisognerà metterle in parallelo alla storia dell'handicap nelle società antiche.
Perché non è esistita soltano la negazione violenza della malformazione fisica, come nel caso dei neonati gettati dal monte Taigete a Sparta o dalla rupe Tarpea a Roma in nome della eugenetica.
Spesso invece l'handicap era interpretato come un segno di predilizione divina: Omero benedetto dall'spirazione delle Muse; Tiresia oracolo di Apollo; il dio Efesto, zoppo ma dio del fuoco e della tecnica.
E nel Medioevo il "lunatico", il matto del villaggio, godevano di una speciale reputazione ed erano protetti e mantenuti dall'intero gruppo sociale in cui vivevano.

 
Rispondi al commento:
Casalingapercaso
Casalingapercaso il 27/06/07 alle 22:13 via WEB
Mica sempre, guarda gli orchi e i giganti. Se l'handicap lo porta una persona piccola, è più accettabile. Guarda la brutta fine di Polifemo. E l'accettazione è temporanea, in attesa di una miracolosa guarigione. Di base è comune l'ignoranza sulle cause (sortilegio, vendetta,mal volere degli dei ecc). Parlando di malformazioni, mi viene in mente un passaggio di un libro che parlava dell'India (mi pare il giro del mondo in 80 giorni) in cui raccontavano delle malformazioni procurate ai bambini, al fine di renderli patetici per assicurargli una proficua carriera di mendicanti. Non favole, ma realtà, passata per fortuna. Ciao regina
 
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