BU BUU.. SETTETEE

Skunk Anansie - Squander


"Il vecchio con le grandi orecchie" finalmente era in treno, da mezz'ora era uscito da quella clinica per vecchi. Era uscito di mattina presto, come già faceva da un po' di tempo per prender l'aria fresca, era il Generale che lo aveva consigliato, così lui chiamava quella "signora", il Primario.E cosi', come ogni mattina era uscito salutando le 3 giovani infermiere col solito "non torno più". Loro, bellissime, sorridenti, come al solito avevano fatto ciao con la manina.Due giorni prima era entrato in internet, mostruosa macchina di cui ricordava bene il funzionamento, e li' aveva prenotato il biglietto, ovviamente utilizzando l'identità del suo compagno di camera, quel vecchio bloccato a letto. Poi, il mattino successivo, sempre di buon'ora, lo aveva ritirato, ed ora era li', seduto comodo come un turista a "godersi" l'aria stantìa del treno che gli entrava nei ricordi.Tutto perfetto, ma ancora non capiva perché la mano sinistra gli tremava, quel maledetto figlio di Park si stava rifacendo vivo, doveva ignorarlo ed esser tranquillo ed invece quel formicolìo gli scendeva dalla spalla e lo innervosiva. Blocco' la mano sotto la coscia.Le stazioni sfilavano veloci come su una giostra a catene o come i suoi pensieri, anche quelli le avevano. Ormai me era sicuro, lo stavano cercando nei parchi, forse anche lungo le rive del fiume, il suo fiume, chissa', un malore. Sorrideva al pensiero, era libero dopo tanti anni. Si, perché lui era stato giovane e prigioniero fino a poco tempo prima, come tutti i giovani era stato legato ai doveri. Aspettava solo un momento per se, una gloria egoista, che nessuno avrebbe capito, senza ordini da ricevere, senza ordini da dare. E finora quella nervosa liberta' era stata solo un desiderio, che aveva coltivato con cura per anni senza che mai attecchisse lì in quel vaso nascosto nell'orto. Ma ora gliel'avrebbe fatta vedere lui.. ormai aveva un nuovo volto.Sognava la liberta' da sempre, da appena sposato, avrebbe voluto dormire sul divano dopo aver scolato una bottiglia di birra, senza andare al letto, senza quel varcare la porta!Automaticamente giro' lo sguardo verso la porta blù della cabina. Aveva un gran timore che entrasse il Generale Paura.Poi ancora il finestrino che lo specchiava nelle zone d'ombra, si osservava, non aveva le orecchie grandi e malediva quel soprannome che non lo ritraeva giusto. Le mani sudavano e scivolavano sul rivestimento plastico e unto delle poltroncine, scivolavano via come il treno e come le sue ore.Ultima stazione, ultima destinazione, la sua. La promessa era stata quella di passare davanti alla casa di quella donna conosciuta anni prima, promessa fatta promessa mantenuta. Forse il treno gia' c'era passato davanti, ma lo speaker automatico aveva dato l'indicazione troppo tardi per i suoi gusti.Era pronto."Un ultimo grande respiro per raccogliere le forze", pensò. Respirò.Ancora seduto, chiuse gli occhi, buio pesto. Piano li socchiuse rivolto al finestrino. Il sole! Il sole finalmente lo inondo' di luce, sentì il calore sulla pelle, vide le lame tagliare la veneziana, erano come scintille di smerigliatrice che entravano nelle pupille.Girò lo sguardo verso la porta blu', c'era troppo bianco intorno, troppo. Era immerso nel candore e dal vetro della porta blù un viso conosciuto.Il Generale, il Generale Paura era lì, lo osservava negando con la testa, le 3 infermiere entrarono senza un sorriso, una con la siringa in mano e lo sguardo di compassione. Poi un altro sguardo perso, il suo.. e un altro ancor piu' perso sul letto a fianco.. il suo inanimato alter ego.Si giro', senti' e vide il braccio sinistro dolente e tumefatto per la flebo.Richiuse gli occhi, un ultimo grande respiro, un sorriso e, sotto mentite spoglie, continuo' quel viaggio da solo.mdp