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« Wind of change...Quando ho deciso di esse... »

29 settembre

Post n°8 pubblicato il 19 Gennaio 2010 da chamita1386

Bip-bip. Nuovo sms ricevuto.
E' mia cugina. Quella con cui da più di quattro anni divido un appartamento di 60 mq al centro della periferia della capitale. Due stanze, cucina-solotto, bagno e uno strano rapporto di patinato quieto vivere. 
Nel messaggio mi dice che stasera viene a teatro con un suo amico. I biglietti ovviamente non glieli ho rimediati io: punto primo perché, noi dipendenti, con le nostre condizioni di lavoro da denuncia ai sindacati, figuriamoci se abbiamo diritto a qualche biglietto omaggio. Neanche se la sala è mezza vuota. O comunque, se proprio si vuole tentare la titanica impresa di rimediarli, bisogna chiederlo con largo anticipo, in carta bollata, cercando attentamente di non scavalcare nessuna gerarchia e assumersi tutte le responsabilità delle probabili conseguenze. Perché tanto, qualcuno si incazzerà sempre e comunque e ti minaccerà di non farti lavorare più.  E in ogni caso non si tratta mai di un biglietto regalato. Anche una cifra simbolica, bisogna pagarla.
Punto numero due, lì dove lavora lei, i biglietti dei teatri, concerti,rassegne e cavoli vari... glieli tirano dietro. 


Non lo conosco questo suo amico. Me ne ha parlato qualche volta, un suo vecchio compagno di università che ha rincontrato per caso una sera e da allora hanno riallacciato i rapporti.
Prima dell'inizio dello spettacolo, c'è la tradizione ormai consolidata del sigaretta-time, un incontro con tutte le colleghe davanti alle porte laterali del teatro in cui spettegoliamo di tutto e di tutti in tempi da record: 5 minuti. Il tempo di una sigaretta, appunto. 
In quei canonici 5 minuti di una tranquilla sera di aprile, mi vedo arrivare incontro mia cugina a braccetto di questo suo amico. Fatte le presentazioni di rito, il tempo è scaduto. Devo rientrare. 
A fine spettacolo mi aspettano all'uscita per andare a bere qualcosa insieme.Andiamo in un locale sull'Appia. La serata scivola via allegramente tra una risata e l'altra. Ecco, la cosa che più mi piace di questo tizio, nonostante sia partito col piede sbagliato con me, affibbiandomi 28 anni, 5 in più di quelli che ho, è proprio il suo modo di ridere. Ha una risata contagiosa, spontanea, vera, grassa. Che ti mette di buon umore. Che tra le righe puoi leggerci il modo che ha di affrontare la vita. Ecco, mi da l'idea di essere una persona che sa prendere la vita con la giusta filosofia, di saper vivere intensamente ogni attimo, di VOLER vivere intensamente ogni attimo. E poi d'altronde... quella squallida divisa, composta da una giacca over size e da una gonna in cui ci entro due volte dentro, invecchia e mortifica sul serio il mio scarso metro e cinquanta.

Il giorno dopo mi capita di ripensare ancora a quella sua risata. Mi capita di vederla ancora nei flash della mia mente.
Poi per mesi non lo rivedo più. E neanche ci penso più. Fino a luglio. Fino a quando mia cugina mi propone una mangiata ai castelli insieme a lui e un altro amico di lui, al fresco, in fuga dall'afa romana che in quei giorni come una cappa domina sulla città. Dopo aver mangiato e bevuto come quattro condannati a morte, senza sapere nè come nè perchè, ci ritroviamo in riva al lago. Il suo amico si spoglia senza batter ciglio e si tuffa in acqua. Io che difficilmente mi faccio problemi di sorta, restando in mutande e reggiseno lo imito e mi tuffo poco dopo. Mia cugina, dall'alto della sua compostezza rimane seduta e vestita sulla riva. Neanche lui si spoglia. Un intimo indecente gli impedisce di farlo. Ma la sua spontaneità, ben gli fa sfruttare il mio di intimo: accanto a noi c'è un vecchio decrepito e rincoglionito che si sta ammazzando di canne da quando siamo arrivati. Gli chiede se ha qualcosa per noi. Il vecchio tentenna e poi dice di no. Poi mi guarda, appena uscita dall'acqua e si gira di nuovo verso il vecchio: "sei proprio sicuro che dopo sto spettacolino che hai visto oggi, per noi non c'è proprio niente?? Tiè, guarda qua!!".E il vecchio gli allunga qualcosa. E io penso: questo sta cacando proprio fuori dal vasetto. Ciò nonostante, sorvolo con nonchalance. Non riesce a non risultarmi simpatico neanche dopo queste battute del cazzo! 
Forse un poco dopo la sera del mio compleanno, una settimana dopo, quando davanti a tutti i miei amici e ai suoi, azzarda un commento sul mio vestitino anni 50 a quadretti rosso e bianco:
"Ao, ma la tovaja del ristorante te piaceva talmente tanto che t'a sei messa addosso???"
A questo ora gli arriva una scarpa in fronte. Proprio lì, in mezzo agli occhi!! 

Ecco, non si può certo dire che tra me e Giorgio sia stato proprio un colpo di fulmine. 
Lui, dall'alto dei suoi 33 anni, credo che mi vedesse come una ragazzina. Io, in quel periodo ero presa da altro. Anzi, da un altro.
 Poi di ritorno a Roma dopo le vacanze, a settembre, galeotto fu facebook. Per quindici giorni non fece altro che scrivermi tutti i giorni. Si auto invitò a cena a casa nostra due volte e un'altra ci invitò ad uscire. 
Avevo deciso di andarci piano. Dopo l'ultima storia che avevo avuto, avevo paura ad ammettere anche a me stessa che mi piacesse.
Si, mi piaceva. Mi piaceva e m'intrigava. E soprattutto, aveva smesso di farmi battute del cazzo! Mi piaceva quello che diceva, come la pensava, il fatto che a poco a poco scoprimmo di avere un sacco di cose in comune. Solo alla mia amica Cecilia non riuscii a nasconderlo. Me lo lesse in faccia la prima sera che glielo nominai. La stessa in cui, mentre eravamo a cena, guardavo il cellulare ogni 3 secondi per controllare se mi avesse mandato un sms. 
"Eli...non è arrivato niente negli ultimi 3 secondi. L'hai sentito suonare?vibrare? no! E' qui sul tavolo il cellulare. Fidati, ce ne saremmo accorte!" Giusto. Saggia come al solito la mia Sora Cè.

Non dissi niente a mia cugina invece. Avevo lo strano presentimento che la cosa non le sarebbe andata giù. Non perché lui potesse interessarle. Ma perché lui faceva parte del "suo" mondo, era un "suo" amico, era di "sua" proprietà. E in quanto tale, io non dovevo azzardarmi a minare il suo campo. I nostri rapporti, di me e lui, dovevano passare comunque attraverso di lei. Sembra un pò inverosimile come situazione, ma tenendo presente il  "nostro rapporto di patinato quieto vivere", in cui non vige assolutamente un rapporto alla pari tra me e lei, ma piuttosto di un morboso madre-figlia, o comunque di una certa superiorità sua nei miei confronti, tanto assurdo poi non è. Per questa ragione, preferii avere le idee un pò più chiare prima di dirle qualsiasi cosa. Poteva anche essere che mi ero fatta un film in testa senza il regista. Poteva essere che a lui non interessassi. Poteva essere tutto e poteva essere niente. 

La seconda sera che si auto invitò a casa era il 29 settembre. E io ancora non riuscivo a capire se quell'invito era rivolto solo a me, o includesse anche l'inquilina della stanza accanto. Quel "ci vediamo dopo cena "sembrava indirizzato soltanto a me. Il seguente "...magari vengo a casa e ci guardiamo un film" era ovvio che includesse anche lei. Io quella sera avevo ufficialmente le farfalle nello stomaco. Ero agitata penso come lo ero stata solo il giorno del mio primo (e ultimo) saggio di danza quando avevo sei anni. Passai mezz'ora chiusa in bagno a rifarmi il trucco come come neanche Diego Della Palma avrebbe saputo fare meglio. Ma quando lo vidi entrare, mentre nello stesso istante io uscivo dal bagno (che per controbilanciare e sviare il make up da cena con la Montalcini, avevo preferito mettermi la mia solita tuta da casa) mi sono resa conto che quella sera, c'eravamo solo io e lui. Film o non film, mia cugina o non mia cugina, in quel momento non ebbi nessun dubbio: non mi ero fatta nessun viaggio mentale. Tra di noi c'era qualcosa. Ma, almeno io, facevo ancora fatica ad ammetterlo. Gli andai incontro e l'abbracciai. Lui cercò di fare lo stesso, nonostante dal suo metro e ottanta, il mio metro e cinquanta (per giunta senza tacchi!!!) gli risultava un pò...come dire... non a portata di mano,ecco!
Guardammo un film che aveva portato lui. Penso il peggiore che avesse nella sua fantastica collezione in cui annoverano circa 600 capolavori della settima arte. Mia cugina si addormentò dopo mezz'ora. Finito quel calvario durato un'ora e mezza, uscimmo fuori al balcone a fumare. La mia "super visor" credo che avesse capito prima di me, prima di lui quello che sarebbe successo se fossimo rimasti soli. Infatti, nonostante fosse rincoglionita di sonno, prese una sigaretta e uscì fuori a fumare con noi. Poi rientrò un attimo dentro. Io ero appoggiata con i gomiti sulla ringhiera del balcone. Lui era dietro di me. Mi prese per le spalle e mi girò verso di lui. Io abbassai la testa e lo abbracciai. Confesso, avevo la tremarella come il giorno che aspettavo i risulati dei quiz per la patente. Nonostante le farfalle che abitassero nel mio stomaco in quel momento, riuscii a sentire che tanto rilassato non era neanche lui: il cuore sembrava un tamburo. E me ne resi ben conto, oh si che me ne resi conto, visto che la mia testa arriva proprio all'altezza del suo petto. In quel turbinio di sensazioni, in cui le mie erano un tutt'uno con le sue, di respiri, di profumi... mi alzò la testa con le mani e mi baciò. Era allo stesso tempo il primo e il millesimo bacio che ci davamo. Era il primo perchè carico di ogni emozione amplificata per mille. Ed era il millesimo, perchè sembrava che per tutta la vita non avessimo fatto nient'altro che baciarci.

 

 
Rispondi al commento:
chamita1386
chamita1386 il 20/01/10 alle 10:34 via WEB
Certo che puoi! :-) un saluto e a prestissimo! buona giornata
 
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