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« La rimozione collettiva Messaggio #229 »

Post N° 228

Post n°228 pubblicato il 13 Aprile 2005 da gates_of_dawn




Caro Philaletes, ti rispondo qui..

Ho la sensazione che io e te siamo di quei serissimi sognatori che vuotano il mare con un cucchiaino :o)

E' un'epoca, la nostra, in cui il bisogno del sacro è urlato, è agito di fronte alle telecamere, e questo mi trasmette il pensiero forte e inquietante che contenga molto poco di autenticamente sacro.

 
Oggi su La Repubblica c'è un articolo di Asor Rosa veramente notevole, sull'argomento.

Eccolo:

Un laico in mezzo ai pellegrini

di ALBERTO ASOR ROSA


Il bell´articolo di Eugenio Scalfari ("Perché vogliono un Santo subito", la Repubblica, 10 aprile 2005), prende spunto da alcune osservazioni di carattere personale per ragionare sulle questioni determinate dalla morte del Papa.
Proseguendo alcuni fili del suo discorso, vorrei fare lo stesso, «visualizzando» il più possibile il mio punto di vista.
Abito a Borgo Pio, in Roma, la strada lunga e diritta, che attraversa, appunto, il rione dei vecchi Borghi e sbocca alla Porta di Sant´Anna, uno dei varchi che, dal 1870, separano e al tempo stesso congiungono l´Italia e la Città del Vaticano. Anzi più esattamente, abito all´incrocio fra Borgo Pio e via del Mascherino, il Borgo Pio Corner, il Little Cape Horn di tutti gli appuntamenti pellegrinari, su cui in genere infuriano più violente le tempeste e soffiano i venti più impetuosi: il punto dell´orbe terracqueo, insomma, che è andato più sovente sulle televisioni di tutto il mondo nel corso dell´ultima settimana.
Nei primi tre giorni dalla morte del Pontefice a Borgo Pio non è stato possibile uscire di casa né tantomeno rientrarvi: un fiume gigantesco e incredibilmente compatto di folla lo riempiva tutto, stringendolo in morsa da Oriente a Occidente, ininterrottamente, notte e giorno, senza interrompersi mai, senza un momento di requie, impedendo qualsiasi umano commercio dentro e fuori casa.
Negozi chiusi, ristoranti sbarrati, cellulari in tilt, un rumorio costante e profondo che saliva dal basso, urla, grida, canti, invocazioni e risate. Cumuli di immondizie ovunque. Un puzzo penetrante di orina da tutti i vicoli circostanti.
Poi l´intervento dell´organizzazione è con i giorni innegabilmente cresciuto, il flusso pellegrinare è stato deviato verso strade meno anguste e più logiche, il Borgo è stato sottratto alla morsa, anzi alla fine è stato recintato e protetto. Ma tutt´intorno la pressione dei fedeli continuava: fino all´allestimento spettacolare del transito, - una straordinaria rappresentazione sacra, un´autentica trasfigurazione terrena, - di venerdì scorso.
Evento grandioso e impressionante, non v´è dubbio, quello cui abbiamo assistito. Chinandomi dalle finestre di casa mia su quell´enorme fiume di folla, che nessuno, soprattutto nei primi giorni, aveva chiamato e organizzato a venire, ma s´era mosso per la volontà spontanea e spesso difficile e faticosa di «esserci», più volte mi sono chiesto: in cosa crede questa folla, e ognuno degli individui umani, prevalentemente umili e semplici, che la compongono? In Dio, nel Cristo, nel Papa, nella Chiesa, nella potenza della Chiesa, nella promessa della salvazione, nella resurrezione della carne, nello spettacolo e nella televisione, - oppure nel fatto puro e semplice di «esserci» perché «tutti gli altri» ci sarebbero stati? La mia risposta è: un po´ di tutto questo, in dosi diseguali a seconda dei casi individuali. Il dato preminente era che però una volontà superiore e sapiente fosse in grado di orientare tutte queste cose diverse in un unico flusso, verso il medesimo obiettivo. Quale?
Sarebbe arrogante, naturalmente, cercare di penetrare ognuna delle coscienze individuali che hanno partecipato al grande evento, e certo non sarò io a provarci. Tento solo di descrivere quel che ho visto e le impressioni che ne ho provato. Ebbene, quel che ho visto è la rappresentazione in grande di quel che Karol Wojtyla pensava e voleva della sua Chiesa: una formidabile macchina di captazione del consenso, tutta intesa a rimettersi, dal punto di vista del prestigio e della potenza, al centro dell´attenzione del mondo. Ho studiato per anni la cultura della Controriforma e i suoi addentellati passati e presenti. La connessione fra «contritio cordis» e potenza mondana, che passa attraverso un dispiegamento poderoso e spettacolare dell´«apparato», trova le sue radici lì. Con la sua morte, e il suo funerale, Wojtyla ha realizzato il capolavoro della sua politica, - e forse lo sapeva in anticipo. Il popolo cattolico lo ha seguito pienamente lungo questa strada e l´immenso fiume di folla che lo ha accompagnato al sepolcro giustamente lo ha incoronato Campione ed Eroe della riconquista cattolica del mondo, proclamandolo Santo prima di qualsiasi tribunale ecclesiastico (anche Gregorio VII, del resto, era stato fatto Papa per acclamazione direttamente dal «popolo romano»).
A lungo in passato ho pensato che l´eventuale punto d´incontro fra un pensiero religioso e un pensiero perfettamente laico andasse cercato nell´intimità dello spirito. Ma dov´è oggi l´intimità dello spirito? In quale oscuro cenobio s´è rifugiata quella che pensavamo fosse l´essenza della tradizione cristiana? Di fronte a quale bancone di officina o dietro quale scrivania il laico continua a pensare che è dentro, dentro di sé, che bisogna scavare per trovare risposte (ambigue, problematiche, esitanti) alle eterne domande?
Bisogna prendere coraggiosamente atto del fatto che l´enorme sviluppo delle tecnologie d´informazione e comunicazione amplifica la potenza dell´apparato e attenua, fino ad oscurarle, e da una parte e dall´altra, le voci della meditazione e della riflessione critica e autocritica. In Mondovisione il Trionfo prevale su qualsiasi declinazione del senso del limite, laico o religioso che sia. Se così non fosse, perché un giovane credente avrebbe dovuto intraprendere un viaggio di giorni e giorni per venire ad assistere ai funerali di Papa Wojtyla da un megaschermo piazzato su di una squallida radura di Tor Vergata invece che «pensarlo» nell´intimità del suo cuore nell´intimità silenziosa di una chiesa bretone o polacca?
Alla conclusione di tre lunghi secoli che si sono definiti di «desacralizzazione», oggi, dunque è diventato difficile «non credere». I liberi pensatori s´affacciano, smarriti e increduli (è il caso di dirlo) sulla marea infinita dei credenti: i miti e problematici interlocutori religiosi, con cui pensavano di poter colloquiare, sembrano scomparsi, risucchiati in quella folla di autentici credenti, cui non sembra vero di ristabilire un rapporto inscindibile e totalmente subalterno con la gerarchia, tornata a essere il vero telaio portante della Chiesa di Cristo sulla terra.
Gli effetti si vedono. Negli ultimi tempi una vera moltitudine di politici di sinistra in Italia ha dichiarato di aver scoperto «il senso della trascendenza». Ho letto con compatimento le loro dichiarazioni. Che uomini sono, ho pensato, se hanno aspettato i loro cinquanta, sessanta, settanta e magari ottant´anni, per scoprire «il senso della trascendenza»? Il «senso della trascendenza» fa parte dell´umano, ne è un prodotto. Altra cosa è «credere» nell´apparato teologico e dottrinario della Chiesa (o delle Chiese) terrena: che cioè vi sia un Dio, che ha creato tutte le cose, e ha affidato al Papa di Roma, con l´attribuzione di una illimitata capacità di verità, il compito di governare infallibilmente il suo gregge sulla terra. Il «senso della trascendenza» è interiore e individuale; il resto è prevalentemente struttura mondana, «religione» nel senso di «re-ligare», costringere, mettere dentro una regola.
Lungi da me l´idea che tra me e quella folla, che per giorni è passata sotto casa mia e mi assediava, ci sia una barriera impermeabile, una netta linea di confine. Qualche distinzione però proprio quella grandiosa, compatta muraglia umana me la suggerisce. Si direbbe che la «gente» (sempre od oggi?) abbia un bisogno spasmodico di credere. Dopo le follie novecentesche, quando il libero pensiero, per diventare di massa, ha rivestito anch´esso vesti totalitarie, oggi, spennacchiato da quelle tragiche esperienze, sembra essersi ristretto sulle esigue e precarie zattere dell´elitismo intellettuale. Il Terzo Millennio a quanto sembra nasce «religioso», nel senso in cui dicevano prima (e cioè che la gente brama d´esser reclusa nella dorata prigione di una fede).
Ecco il problema: il libero pensiero non può tornare a farsi totalitario per riconquistare il favore delle masse e non può neanche sic et simpliciter schierarsi a favore del «mondo com´è», perché neanche questo onestamente va tanto bene. Eppure...
Eppure, con il «senso della trascendenza», anche «il senso della ragion critica» è umano, imprescindibilmente umano. Nel Millennio che s´è aperto, privo totalmente del «senso della trascendenza» ma formidabilmente animato al bisogno di credere, il «senso della ragion critica» (che è senso della misura, del limite e della tolleranza, tendenziale de-spettacolarizzazione del mondo, privilegiamento dell´intimità sull´esteriorità) potrebbe essere addirittura l´unica forza di civiltà in grado di impedire nuove avventure totalitarie, anche di natura religiosa.
Esso ha un enorme vantaggio da utilizzare nei confronti della fede: la ragion critica può concepire la trascendenza; la fede non può concepire la ragion critica. Per dispiegare tale superiorità occorrerebbe però cominciare a sfuggire alla suggestione misteriosa che nasce dalla congiunzione fra la spettacolarizzazione secentesca del Trionfo e la modernizzazione spinta dei mezzi d´informazione e di comunicazione. La ragion critica, poveretta, non può promettere nulla, non ha da esibire miracoli, non ha che da far vedere cose e dispiegare argomenti: non ha altre gambe per camminare al di fuori di queste. E´ tuttavia anch´essa ha una forza grande, anzi una luce cui non si può rinunciare. Si usi, dunque, per l´amor di Dio, prima che sia troppo tardi.

Commenti al Post:
phiIalethes
phiIalethes il 14/04/05 alle 23:30 via WEB
Ciao ... Fanciulla con la stella danzante .... solo ora ho visto cosa mi combini ! ........ Ho un infinito rispetto delle singole scelte ma ...... non posso esimermi da denunciare la più grossa operazione di marketing del secolo che è passata sulla morte umana per servire la causa; quella povera vita che si è spenta, non si è spenta, o si è spento? l'hanno spento ? .... io so solo che al venerdì hanno annunciato che il campionato si fermava per la morte, che il tam tam per il raduno iniziava a prendere forma a livello globale; nulla andava lasciato al caso, compresa la morte umana che doveva avvenira in orari consono al funzionamento della macchina organizzativa ... tutto in funzione, senza rispetto della morte umana ......... ora si stanno scannando per decidere se il prossimo sarà sudamericano, visto che il 50% dei "fedeli" è situato geograficamente , non conosco consiglio d'amministrazione di nessuna multinazionale che si permetta di passare sulla morte umana, mi correggo; ne ho appena visto uno all'opera ....... non ho nulla contro la e le fedi .... ho tantissimo contro i gestori di multinazionali che sfuttano la morte umana senza nessun rispetto se non quello d'ell'azienda !
 
 
gates_of_dawn
gates_of_dawn il 15/04/05 alle 00:11 via WEB
Carissimo, neppure io ho qualcosa contro la/le fedi, soprattutto se autentiche. Purché non si cerchi di imporne le regole agli altri. Purché non ci si ritenga i detentori dell'unica Verità Rivelata. Chiedo troppo? Sì, chiedo troppo. La morte di un potente conservatore polacco mi addolora come ogni altra morte, e sicuramente ce ne sono che mi addolorano molto molto di più. // Caro Philaletes, ne sono intenerita, ma devo dirti che mi sopravvaluti. Per ora c'è solo il caos, e nessuna traccia della stella danzante. Aspetto, fiduciosa nei miei dubbi..
 
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