Arrancame la vida!

L'amante d'Oriente


Ho avuto un amante d'Oriente un tempo. Come la Duras. Proprio come lei. Ne parlo perchè l'ho visto a Madrid di recente. E' venuto all'inaugurazione della mostra, inatteso, inaspettato, veloce come un lampo. Aveva letto l'articolo sul El Pais che ne parlava e ha deciso di venire a vedermi, dopo tanto tempo. Si chiamava Gao Kun il mio amante orientale. Era un cinese del Sud dalla pella chiarissima, quasi trasparente, dagli occhi a mandorla neri e fiammeggianti, delicato e sinuoso come un rettile. Bello, molto bello davvero. Lo conobbi una sera d'inverno in un bar per soli uomini, uno dei tanti che popolano il quartiere di Chueca. Ho abitato a Madrid per oltre un anno. Era il 1994. L'ho già scritto da qualche parte. Facevo delle fotografie per una rivista: il giornale con cui collaboro adesso non c'entrava nulla allora. Mi alzavo tardi la mattina, nel pomeriggio lavoravo un po', di notte uscivo sempre, tutte le notti. Bevevo molto allora. Un anno dopo, su per giù, avrei conosciuto  Davide e avrei smesso di bere. Bevevo molto, ma non ero mai ubriaco. Distante. Ero distante, inaccessibile. Ecco, sì: inacessibile è la parola esatta. Quella sera andai in un locale gay molto chic, un posto molto diverso dai bar scadenti che di solito frequentavo. Vidi questo ragazzo cinese al bancone del bar: pantaloni sformati, camicia viola, infradito ai piedi in pieno inverno, bellissimo. Gli offrii da bere: peppermint; mi pareva la bevanda giusta per un giovane di quel livello. Il suo spagnolo era fluido, gli occhi fiammeggianti. Gli dissi subito che lo trovavo bellissimo e che mi sarebbe piaciuto passare la notte intera a fare sesso con lui nel mio letto. Mi disse che non aveva ancora vent'anni. Gli dissi che io a vent'anni non facevo altro che scopare e che conoscevo bene la sua voglia. Gli dissi che io di anni ne avevo trentacinque, ma che non si sarebbe pentito della sua scelta. Lui mi disse che anch'io ero molto bello, che gli erano sempre piaciuti gli uomini scuri. Quella notte la passai a far sesso col suo corpo mordibo e vellutato, incantato dalle sue movenze di serpente, eccitato dai corti ciuffi di peli nerissimi delle sue ascelle e del suo pube, estasiato dai suoi mugolii di piacere. Nel momento dell'orgasmo diceva delle cose in cinese, qualcosa d'incomprensibile e lontano. Veniva tutte le notti Gao. Saliva di corsa i tre piani del palazzo, posava la sua borsa mentre si spogliava in fretta e in un minuto mi era addosso a leccare la mia barba spinosa e incolta. Una sera gli dissi che volevo uscire da solo, che non lo volevo fra i piedi, che quella sera non avrebbe dormito da me, che quella sera non avevo voglia di lui. Ricordo il suo stupore muto e i lacrimoni che rigavano le sue guance bianche, i lievi sussulti che scuotevano il suo corpo muscoloso e sodo. " Io ti amo Alex" mi diceva piano mentre le lacrime cadevano dai suoi occhi al pavimento. " Non amarmi!" gli dicevo io " Non voglio che mi ami. Non amarmi. Non è il caso Gao. Noi due scopiamo e basta. Ricordalo: scopiamo e basta. Non voglio che nessuno mi ami. Non è proprio il caso" Lui mi guardava fisso e singhiozzava piano, gli occhi velati di nebbia e di tristezza. " Non amarmi Gao. Io non ti amo. Tu mi piaci e basta. Mi piace il tuo corpo. Mi piace come scopi. Tutto qui. Io non ti amo." Di solito queste discussioni si ripetevano ogni tre, quattro giorni. Dopo io me ne andavo lasciandolo a casa mia da solo. Una notte, già molto tardi, rientrando a casa, lo trovai sullo scalino della porta, in maniche corte, pallido e infreddolito " Stavo portando di sotto la spazzatura e mi sono chiuso fuori" mi disse desolato e stanco. Lo aiuati ad alzarsi e lo portai dentro. Lo stesi sul letto e incomiciai a leccare ogni centimetro della sua pelle. Era il mio modo di ringraziarlo. Lo scopavo piano e gli dicevo grazie alla mia maniera. " Ti amo!" gridava lui estasiato. " Non ti azzardare!" dicevo io " Non dirlo nemmeno per scherzo." Quando me ne andai la primavera successiva si offrì di accompagnarmi all'aeroporto. " Vado col treno." gli dissi " Per l'aereo non ho più i soldi." " Te li do io." mi disse lui gentile e timido " Non se ne parla nemmeno." conclusi io brusco.Gao è ventuto all'inaugurazione la sera del 10 settembre, insieme al suo compagno, uno spagnolo bruno e grazioso, dagli occhi lucidi e intelligenti. L'ho visto appena entrava che si trattava di lui. E' sempre molto bello, un po' più maturo, sempre aggraziato e morbido. " E' straordinario quello che hai fatto." mi disse risoluto guardandomi negli occhi sicuro. " Grazie." gli risposi io un po' im imbrazzo. " Ti presento Enrique." mi disse indicando l'uomo che gli era poco distante. " Quello che suona il piano è Davide, il mio compagno." gli dissi io " Sì lo so" mi disse " Ci ho già parlato prima" Lo guardai per un attimo stupito. " Volevo conoscere senza intermediari colui che era stato capace di farsi amare da te." mi disse guardandomi fisso. " Gao, mi dispiace di averti fatto soffrire tanto." gli dissi sincero " Avevo dei problemi allora. Ero fatto così. Mi dispiace Gao. Mi dispiace " Rimase un attimo in silenzio poi disse. " Non fa niente Alex, non fa niente, davvero. E' tutto passato." " No, Gao, mi dispiace. Sono stato crudele con te, lo so, ti ho fatto del male."  Lui rimase per un istante con gli occhi abbassati " Mi dispiace Gao, ma vedrai che adesso le cose saranno diverse fra noi. Sai, verrò spesso qui a Madrid, anche dopo la mostra. Ci potremmo vedere, tutti e quattro insieme, che ne dici?" Potremmo uscire la sera e divertirci e parlare...che ne dici Gao, eh?" Mi guardò fisso per un lungo momento, i suoi occhi si velarono di lacrime come un tempo, poi disse alzando il bel viso e gli occhi orientali: " Non credo Alex. Non credo sia una buona idea. Soprattutto non credo di averne voglia." Fece un vago gesto con la mano e si avviò con Enrique verso l'uscita."Dunque?" mi chiede Davide con una faccia da ragazzino furbo e smaliziato. " Vedo che qualcuno è appena venuto a riscuotere un vecchio debito in sospeso...un conto piuttosto salato, immagino..." "Già" gli dico io con un sorriso mesto " Non eri tu quello che diceva di odiare i sospesi di ogni tipo?" mi chiede lui malizioso e scaltro. " Coraggio ragazzo mio, chi la fa l'aspetti!" a me viene in faccia un sorriso scemo. " Guarda che c'è la redazione che ti aspetta di là. Dovrai rispondere ad un bel po' di domande" mi dice lui " Ti prego, Davide, se qualcuno incomincia a chiedermi che cosa intendevo con quello scatto, quale risvolto della vita volevo mettere a nudo, quale aspetto dell'umanità intendevo immortalare in quella frazione di secondo, puoi intevenire tu e dire semplicemente che mi piaceva il soggetto?" " Così semplice?" chiede lui sbarazzino " Sì...così semplice" rispondo io sollevato. " Agli ordini, mio signore!" risponde lui " Ma poi non venirti a lamentare se qualcuno ti  prende per scemo o ti sottovaluta." " Nessuna lamentela, promesso, pur che mi lascino in pace"Lui si avvia verso la sala principale, quella dove sono esposte le quaranta foto che ho scelto. All'improvviso si volta e mi chiede: " Si può sapere perchè non sei stato capace di amare il povero Gao?" " Boh" dico io " forse stavo aspettando te. Forse ti stavo aspettando da tutta la vita e non lo sapevo. Forse dovevi arrivare tu e nessun altro." dico io d'un fiato. Lui torna indietro e mi afferra per le spalle. Mi sorride con i suoi occhi trasparenti , mi posa un bacio leggero sulla fronte, mi passa una mano sul viso. Da qui posso sentire l'odore buono del suo corpo, il profumo della sua pelle, il ritmo del suo respiro: " Alexis Padovan io ti amo!" lui declama. Gli sorrido grato. Lui mi guarda felice.