Arrancame la vida!

Gioventù perduta


Oggi è stata una bella giornata. Una di quelle giornate dal cielo limpido, terso, quasi blu. Una di quelle giornate in cui s'indovina l'autunno e che tuttavia sono ancora tiepide, mordibe, dolci come quelle d'estate. Oggi ho trascorso la giornata a parlare della mia esperienza in due scuole superiori della città. Due licei. Parlo della mia esperienza in zone di guerre, ovviamente, non della mia presunta esperienza di fotografo. Tempo fa fui contattato dalla preside di un liceo scientifico che mi propose un ciclo di conferenze presso la sua scuola. "Conferenza mi pare un termine grosso:" le dissi al telefono " al massimo potrei parlare delle cose che ho visto in Afganistan e in Iraq, se è quello che desidera, se è quello che vogliono i suoi studenti" " Non potremo pagarla" mi disse subito " Non voglio essere pagato" le dissi io. " Per me è un piacere, è faticoso, certo, ma è un piacere, non voglio soldi da lei." Lalla, così si chiama la preside, una donna sulla cinquantina, procace e intelligentissima, accettò con entusiasmo. Avremmo dovuto vederci prima dell'incontro con gli studenti, per preparare almeno una traccia, ma la mostra  a Madrid mi ha sottratto un sacco di tempo, Lalla si è fidata di me, per cui eccomi qua, nell'aula di fisica di questo liceo, di fronte a questi visi stupiti, increduli, adolescenti, frammentati da visi più maturi, quelli degli insegnanti della stessa scuola, alcuni interessati, altri svagati e distratti. Strano fenomeno il corpo docenti. Vedo che col tempo poche cose sono cambiate: ci sono persone la cui anima arde come un diamante vivo, nati per comunicare, per insegnare davvero con dedizione, intelligenza e amore, altri ottusi come capre, arroccati nelle loro risibili certezze, buoni soltanto a contare alla rovescia da oggi al giorno che li separa dalla  pensione. I ragazzi sono attenti, interessati, a volte persino commossi. Li guardo anch'io con gli occhi lucidi. Forse perchè per la prima volta sento la distanza esatta che mi separa da loro, la distanza esatta fra la mia gioventù lontana e perduta e la mia prossima vecchiaia. Per cui anzichè irritarmi davanti a coloro che esibiscono la loro gioventù come una bandiera e la loro bellezza inerme come una professione, provo questa volta una tenerezza infintita di fronte ai loro volti stupefatti, di fronte a tanto candore ( mio dio, eravano noi forse della stessa innocenza, dello stesso candore timido? non ricordo, non me lo ricordo proprio!), di fronte alle loro domande incalzanti, a volte troppo, davvero troppo innocenti. Capisco che questi ragazzi conoscono la guerra solo attraverso le immagini che la tv ha selezionato per loro. La guerra è qualcosa che esiste, ma in un modo così vago e lontano da non meritare molta attenzione. Faccio vedere loro le mie immagini, quelle che ritengo le più significative. Una ragazza si mette a singhiozzare. L'altra le carezza la testa per consolarla. Aspetto una reazione diversa da qualcuno di loro che tarda a venire. Poi, d'improvviso, un giovane al fondo dell'aula, un giovane arruffato in maniche di camicia e jeans sbiaditi, un giovane che per l'immagine che mi rimanda e soprattutto per l'asprezza delle sue parole mi ricorda tanto l'Alex che sono stato in un passato nemmeno troppo remoto, mi parla con occhi di brace, dandomi del lei in maniera elegante e formale, con malcelata rabbia "  Mi chiamo Daniele. E avrei una domanda. Che cosa pensa di fare adesso? Voglio dire, Lei che soluzione ci propone?" Lo guardo negli occhi e mi sembra di guardare me stesso in uno specchio " Non possiedo soluzioni" gli dico sincero " ma vorrei che tornado  a casa ognuno di voi si portasse appresso quello che ha visto e sentito oggi e ci pensasse un po' sù. La pace va costruita giorno per giorno, nelle più piccole cose. La pace va inventata perchè nessuno di noi sa come sia, ma ognuno di noi l'ha immaginata almeno una volta, quindi sa cosa sia. Mi basta questo da voi, non voglio altro." Il giovane abbozza un sorriso. Più tardi nel corridoio, quando ormai tutto è finito, mi si avvicina e posa la sua bella mano sulla mia per un istante. Mi guarda con gli occhi di fuoco e mi dice grazie " Mi piacerebbe vivere un giorno con un persona come lei" aggiunge. Lo guardo con tenerezza infinita e gli dico di non farsi troppo male, che non ne vale la pena, che un giorno, se si vorrà bene, potrà tentare di essere felice, che siamo nati per questo in fondo, tutti noi, anche lui. " Lei è speciale" mi dice guardandomi fisso.  E allora le cataratte del mio cuore si aprono all'imporvviso di fronte a questo giovane sconosciuto, di fronte a quest'altro me stesso inerme come un bambino maldestro e stolto e proteggerlo vorrei e segnalargli il cammino e la via e mostrargli i pericoli e gli errori, tutti gli errori commessi e il dolore da evitare e i sentieri tortuosi che non dovrà seguire mai neanche quando sarà tentato. Ma invece gli stringo la mano e gli strizzo l'occhio e gli dico serio " tu sei speciale, non dimenticarlo mai."Usciamo Lalla ed io che è l'ora di pranzo. " Posso invitarla almeno a mangiare qualcosa Alexis?" mi chiede gentile. " E vada per un pranzo veloce" dico io. Mangiamo nel dehor di un bar anomino sul corso affollato di auto e gas di scarico. Lalla è davvero bella e gentile. " Cazzo, ho lasciato il portafoglio a scuola!" mi dice d'un fiato arrossendo " Fa niente Lalla, faccio io." dico ridendo. " Odio fare la parte della donna che si fa offrire le cose dai maschi!" dice lei. Ridiamo insieme. Da lontano mi pare di vedere Daniele che gestiscola con i compagni. O forse è solo uno scherzo della mia fantasia.