Arrancame la vida!

Post N° 532


Rientro confuso nella mia vita di sempre. Tanto tempo trascorso fuori casa, tanti giorni trascorsi via di qua, tanti giorni, hanno lasciato il segno. Vorrei fare il ragioniere, talvolta. Questa vita. Questa vita. Non ho voglia di nulla adesso. Vorrei poter dormire a lungo, dormire senza interruzioni per un sacco di tempo. Dopo tanti viaggi, dopo tanto lavoro, ho come l'impressione di non appartenere a nessun luogo, di non essere da nessuna parte. Che strano. Mi sento galleggiare come in una terra di nessuno. Non ho ancora capito se questa sensazione mi piaccia o meno. Fluttuo in questo luogo inespolorato della mia coscienza. Mi sento come se avessi vent'anni. In realtà ne ho cento. Ho bisogno di quotidianità. Una volta, nei pressi di Yanzhou, vicino al Vietnam, in un clima terribile, umido e fatale, ho visto una donna tenere stretto a sè un capretto, piccolo, appena nato. La donna, giovanissima, teneva l'animale in grembo, con affetto e tenerezza, con sguardo languido e sognante. Poco dopo sono arrivati i fratelli, poco più grandi di lei, poco più vecchi. Le hanno strappato l'animale a forza, hanno estratto un coltello e, davanti agli occhi di lei, hanno tagliato la testa all'animale. La giovane si è messa ad urlare, a piangere, a singhiozzare. "Scema, vorresti morire di fame?" La ragazza faceva di no con la testa e allo stesso tempo piangeva il suo amico. Tendeva le braccia verso la testa dell'animale, verso il suo piccolo corpo. Non c'è giustizia a questo mondo. Non c'è giustizia. Perchè le scelte devono essere sempre così dolorose? Un'altra volta, a Shanghai, in un bar del centro frequentato prevalentemete da stranieri, ho parlato con una puttana bellissima e triste. " Faccio cosa mi chiedono di fare gli uomini. Faccio di tutto"mi ha detto. "In questo miracolo economico cinese c'è un sacco di gente che continua a non avere abbastanza da mangiare. Al villaggio ho due genitori anziani e tre figli piccoli. Non posso guardare tanto per il sottile." Un'altro giorno ricevo una mail da Gaza. Hanno arrestato il figlio di Azim. Ha vent'anni. Vent'anni. Hanno detto a sua madre che gli hanno trovato delle armi addosso. Ci sarebbe qualcosa di male a voler difendere il proprio paese, la propria gente? Non so più cosa dire. Non ho più parole. Talvolta le parole mi mancano proprio.Dalla stanza dell'albergo di Hong Kong, dove ho trascorso gli ultimi giorni, ho provato a guardare un po' la televisione, ho provato anche con le notizie di casa, trasmesse dal canale satellitare, un palisenseto che  sinceramente ho trovato inguardabile. Potrei restare via dal mio paese per vent'anni, ma le notizie trasmesse da casa nostra rimarrebbero lo stesse. Inamovibile, tutto, nel tempo e nello spazio. Uno strazio per il cervello e per il cuore.La nostra casa ha un aspetto diverso. Davide e la Silvia hanno inbiancato il salotto, la cucina e la nostra camera da letto, ora di un verde malva intenso. "Così, giusto per cambiare" mi dice Davide, appena noto i nuovi colori. Poi lui mi mette a letto, come se fossi un bambino piccolo. Mi rimbocca le coperte, mi passa una mano fra i capelli, mi carezza le guance ispide. Faccio per tirarlo verso di me. Lui mi ferma con le sue braccia forti. "Stasera sei il mio bambino" mi dice piano. " Voglio solo che riposi e recuperi" mi sorride. " Io ti amo" gli dico piano. "Lo so" mi risponde sorridendo. " Ho la testa piena di cose, Davide, non mi sento bene". Lui continua ad accarezzarmi piano  "Passerà, Alex, passerà. Come tutte le altre volte" . "Devo stampare le foto, Davide". Lui sorride ancora. "Domani, o dopo, o dopo ancora. Non c'è fretta". Sospiro, chiudo gli occhi.  Stasera sono il suo bambino. Tutto il resto fuori. Solo il fruscio delle sue mani nei miei capelli. Solo il suo respiro profondo. Solo il suo abbraccio solido.http://it.youtube.com/watch?v=ibA3E0MGmko