Arrancame la vida!

Post N° 546


Avrei voluto astenermi del tutto dal commentare la vicenda assolutamete italiota dei fatti di Arezzo e di Roma. Il mio pensiero in merito non è importante, infatti. Duole assai, invece, che il nostro Paese sia ridotto a termini che ormai sono assolutamente minimi. Riporto lo scritto di  Angela Pascucci apparso su "Il Manifesto " di ieri, che meglio di quanto possa fare io descrive lo stato d'animo di molti di noi davanti a vicende assurde come quelle accadute in questi giorni. Rimane una tristezza di fondo incommensurabile. Non solo per una morte e per tanta violenza espressa, ma per l'incapacità assoluta che ha questo paese di trovare qualsiasi via di pace. Orribile e triste oltre ogni dire.Ad altezza uomoAngela PascucciAssurdità tragiche di questa Italia. Se Gabriele Sandri non fosse stato un tifoso in viaggio per seguire la propria squadra ma un gitante della domenica o magari un taccheggiatore extra comunitario, la sua morte sarebbe stata archiviata nel giro di poche ore. Un «tragico errore» frutto dell'eccesso di zelo di un agente della Polstrada che, nella confusione di una rissa percepita a distanza, vede una turbativa grave dell'ordine pubblico e spara. Diamo a Luigi Spaccatorella il beneficio di una decisione presa d'istinto, sulla base della concitazione. Anche se l'istinto svela sempre, senza infingimenti, la scala dei valori introiettata. Proprio sulla scarsa chiarezza dei fatti hanno forse contato le autorità, nelle prime ore dopo l'accaduto, per dare una versione dei fatti confusa e in tono «minore», sperando di rubricare quella morte a bruciapelo di un ragazzo di 28 anni fra gli incidenti collaterali, da mettere in conto quando si deve garantire «sicurezza». Di qui la decisione, sprezzante prima ancora che sbagliata, di fare come se nulla fosse accaduto. Dal questore di Arezzo alla Federazione gioco calcio, passando per Sky e le sue «pay per view», chi aveva interesse a fermare il grande show per una «morte accidentale», che così ne sarebbe stata amplificata a dismisura? Ma Gabriele era un tifoso e la sua morte insensata è stata immediatamente assunta da una categoria coi nervi a fior di pelle, quella degli «ultrà», come l'ennesimo oltraggio del nemico, un altro sparo nel loro mucchio. Ed è stata ribellione e rivolta. Così l'esecuzione a bruciapelo sull'autostrada è caduta nel calderone delle polemiche a somma zero sugli eccessi dei tifosi e il controllo negli stadi. E lì è stata prontamente sepolta, spogliata del suo senso più aberrante. L'assalto alle caserme della polizia che domenica sera ha incendiato Roma, con ben altre motivazioni, è stato l'ultimo amen sul corpo del giovane dj.Invece è bene fare silenzio e concentrarsi sulla nuda morte di Gabriele. Dalla quale si potrebbe ricavare, come prima, sconcertante lezione, che ogni cittadino della Repubblica italiana farebbe bene ad adottare una categoria, un gruppo di riferimento, un'organizzazione purchessia che lo difenda e abbia almeno un moto di rivolta contro gli eccessi di zelo che, in nome della sicurezza collettiva, potranno riversarsi su di lui, sotto forma di proiettili o manganellate o quant'altro ci sia nella panoplia di uno stato di controllo. La giustizia come rivendicazione corporativa. Potrebbe essere questo lo sbocco estremo di una concezione securitaria così poliziesca e ciecamente «preventiva» da indurre alla fine più incertezza che fiducia nelle istituzioni. Giovanna Melandri ieri ha chiesto «una decisione esemplare» al mondo del calcio. Si può capire che un Ministro dello Sport abbia gli interlocutori che le spettano d'ordinanza. Ma la morte di Gabriele Sandri non è una vicenda da «ultrà». E' una partita in cui giochiamo tutti, e sulle sue regole tutto il governo dovrebbe chiedere conto al capo della polizia.Nessuna foto. E nessuna musica. Nessuno le merita.