Arrancame la vida!

Post N° 548


Noto che in questo periodo moltissimi blog sostengono  la lotta dei monaci buddisti in Birmania per mezzo di articoli, alcuni scritti anche molto bene, foto, banners e quant’altro ancora. Posto che credo pochissimo che porre un semplice banner   o una foto in un blog possa esercitare davvero una qualunque pressione su chicchessia, come dicevo ad un commento ad un’amica ( che non cessa di essere amica solo perché su questo argomento ci troviamo in disaccordo), spesso è molto bello, sull’onda delle emozioni, lasciarci trascinare in quelle che io chiamo “ le lotte da salotto”. Le lotte da salotto sono quelle lotte sincere, mosse da sentimenti autentici, da veri moti di condivisione, che però hanno il limite estremo di fermarsi alla  porta di casa, in questo caso alla porta di casa del proprio blog, e diventano quindi un fine esercizio borghese, una dissertazione intellettuale barocca, un cesello fatto di buone intenzioni, ma che, ahimè, non si scostano mai  dalla visione privata ed emotiva dei fatti. Il risultato delle cose reali non cambia, dunque. Pertanto, ogni volta che leggo appelli di vario tipo, contro la pedofilia  e contro la violenza sulle donne, dalla fame nel mondo ai monaci birmani, mi viene da sorridere. Quegli imperativi: “ Stop alla violenza sulle donne, sugli indifesi, stop al massacro in Birmania” sono limitativi come lo è il pensiero di un bambino, che crede che basti pronunciare un sì o un no per risolvere ogni questione. Perché  è ovvio che nessuna mente pensante e normodotata potrebbe essere d’accordo con la pedofilia, gli stupri o all’uccisione dei monaci a Rangoon, Il problema sta, come sempre, nell’andare un filino oltre. La solidarietà con i monaci e il popolo birmano oppresso da una dittatura atroce, è cosa positiva e pienamente condivisibile. Ma, siccome il cervello  ragiona ancora, facciamoci qualche domanda:Dov'erano i media e i politici di mezzo mondo negli ultimi vent'anni, mentre Aung San Suu Kyi languiva in galera? E dov'erano (soprattutto) gli editorialisti della stampa, quella nazionale e quella straniera? E dove saranno domani, visto che già sui giornali di oggi, lo spazio per i fatti indocinesi è in caduta verticale? Desta sorpresa e un po' di sconcerto la maniera estetizzante con la quale i media  si sono gettati sulla tragedia della dittatura fondomonetarista birmana, fino a ieri rigorosamente ignorata. Saranno gli abiti dei monaci che producono un effetto fotografico notevole, ma bene, meglio di niente se serve a  scuotere quotidiani  e politici che appoggiano senza scrupoli dittature in giro per il mondo chiamando ossequiosamente "Presidente", dittatori e violatori di diritti umani come Moubarak, Musharraf e alcune decine di altri, per non contare quelli morti di vecchiaia nel loro letto ( alcuni  anche in quello di cliniche private super lusso )Fa quasi tenerezza l'enfasi messa dai nostri editorialisti di punta, che in una cartina muta scambierebbero la Birmania con il Congo Brazaville, nel compitare il nome del dittatore di quel paese, fino ad allora da loro mai sentito nominare e mai denunciato, nonostante sia al potere da secoli, Than Shwe, per la cronaca, nell'esaltare la lotta non violenta dei monaci, dei quali non conoscono e non citano alcuna delle rivendicazioni, nell'evidenziare i guasti di una dittatura repressiva e illiberale in Birmania, oggi Myanmar, che George Bush,per farsi vedere in qualche modo reattivo, ha deciso di ribattezzare col vecchio nome coloniale, Burma.Lo sdegno e lo stupore, come l’orrore e ed il ribrezzo per tanta violenza sono, in un certo senso, come gesti autoassolutori,  che fanno fare  bella figura a costo zero. Perché invece non  organizzzare una raccolta di fondi per le famiglie delle vittime, magari?  E sarebbero disposti , editorialisti e politici tutti, a mettere mano al portafogli per qualche massacro qui dietro l'angolo, come per esempio i morti sul lavoro? Forse no. Perché quello significherebbe fare politica. Politica seria, s’intende.Chi stabilisce per quali dittatori mobilitarsi e per quali lasciar correre? Per esempio, perché nel 2003 gli editorialisti nostrani fecero passare sotto completo silenzio le manifestazioni popolari in Bolivia in difesa dell'acqua come bene comune, per reprimere le quali il presidente neoliberale Gonzalo Sánchez de Lozada, fece massacrare in strada più di 70 persone? Perché nessuno si occupa della questione del Kashmir che, nella contesa che dura da decenni fra India e Pakistan , ha visto morire qualche migliaio di persone, per la maggior parte giovani  e quasi tutti sotto tortura? Dove sono i giornalisti, i politici , i governi saggi, quelli democratici e civili, quando in ogni angolo del Sud nel mondo la gente crepa di fame? Come mai va benissino, in una logica  tutta psicotica e deforme, che milioni di africani muoiano di AIDS  e, ogni giorno che viene sulla terra, di sete e di stenti?