Arrancame la vida!

Post N° 549


E ‘ da un paio di settimane che tengo d’occhio un  tizio nei pressi di casa mia. E’ un uomo di corporatura media, dal viso segnato da rughe profonde, con due baffoni brizzolati e un cappellino nero in testa. Dal viso potrebbe essere turco. Sì, turco, potrebbe essere. Sta davanti al suo negozio, una macelleria che ha aperto i battenti un paio di settimane fa, proprio dietro l’angolo di casa mia, nel centro della vecchia Torino. Se ne sta sull’uscio, al freddo, con indosso un grembiule da macellaio immacolato, perfettamente stirato, candido. Sotto gli si intravedono strati e strati di maglioni pesanti. Dev’essere stancante stare tutto il giorno sull’uscio ad aspettare i clienti che non arrivano. Dev’essere avvilente.  Ieri, poco sopra la porta d’ingresso del negozio, è apparsa un’insegna al neon: “ Macelleria da Francesco”. Cosi’ adesso so che il mio uomo non è turco.  Non so come gli sia venuta in mente l’’idea di aprire una macelleria proprio qui, fra il negozio di moda intima e il bar-pasticceria, a pochi metri da un supermercato che vende di tutto, ad un centinaio di metri  dalla macelleria con la M maiuscola, quella frequentata dalle “madamim “ della Torino bene, che si riforniscono regolarmente da questo tizio che più che un macellaio sembra un manager, la moglie oca e patinata alla cassa, in un negozio che più che una macelleria sembra una boutique, tutta legno e marmi,  tutta debordante di frutti esotici e fiori essiccati, che nella mente della moglie biondina dagli occhietti porcini e cerulei dovrebbero sortire un effetto decorativo straordinariamente efficace, una tenda di seta  finissima che divide il retrobottega dal negozio vero e proprio. Siccome non ho mai capito come la gente possa essere tanto cretina da spendere il doppio per un chilo di carne  o così scema da mettere mano al portafoglio per  acquistare un paio di slip per soli 80 euro nel negozio di intimo chic qui al lato ( anche se capisco benissimo che non tutti facciano come me e comprino le mutande al mercato di Porta Palazzo: 3 paia  per 10 euro ), c’è stato un tempo in cui facevo continui appostamenti alle varie attività commerciali del quartiere. Mi divertiva vedere la fauna di bellissime con relativi mariti o fidanzati o amanti, discutere con enfasi straordinaria sul filetto o sulla punta di petto da proporre agli ospiti, come se si fosse trattato di votare un’importantissima risoluzione dell’Onu, come se da quella scelta fosse dipeso il futuro del mondo,  per non parlare di quelle mammine tutte affanni e gridolini scemi, quelle che parcheggiano il figlio davanti alla Tv e lo  ingolfano regolarmente di quintali di patatine fritte, di tonnellate di merendine Kinder ( quelle con tanto latte che fanno tanto bene alla crescita),di  ettolitri di coca-cola, ma che per il pargolo si servono solo dall’Augusto, che il filetto come ce l’ha lui, così tenero, gustoso, di autentico vitello piemontese d.o.c. non ce l’ha nessuno, altro che supermercato. C’è stato un tempo in cui la macelleria tutta marmi, legno e broccati è stata chiusa per un po’. I Nas avevano scoperto che Augusto, il manager-macellaro, ogni tanto faceva entrare nei suoi enormi frigoriferi qualche bestia che era sfuggita, chissà come, al controllo dell’Asl. Ma, si sa, la gente ha la memoria corta, per cui è bastato pochissimo perché lui e la moglie gallina riacquistassero la fama perduta. Il negozio di Francesco, il turco, è invece un luogo spoglio, un po’ lugubre, un po’ tetro. Stamattina sono uscito a comprare il giornale e l’ho trovato sull’uscio, il negozio aperto, la vetrina tappezzata di offerte speciali. Non so chi me l’abbia fatto fare, in realtà non avevo bisogno di nulla, ma sono entrato nel suo negozio, gli ho sorriso e ho preso a guardami attorno. “Per servila!” mi ha detto lui con quel fare antico dei commercianti di una volta. Poi mi ha guardato serio, con un paio d’occhi neri come la pece, sopra un paio di baffi da imperatore ottomano. “ Fa freddo” ho detto. “Fa molto freddo.”  Lui ha continuato a guardarmi immobile. “ Senta, Signor Francesco” ho detto io  "in realtà non ho bisogno della sua carne, non so nemmeno perché sono venuto qui. Sono giorni che la vedo sulla porta del negozio, e….non so, mi è venuta voglia di venire a vedere come stava, tutto qui. ” Lui  mi guarda per un  momento, mi studia da capo a piedi ( io nella mia tuta da ginnastica sopra il pigiama in puro stile albanese, le scarpe pesanti,  slacciate, i capelli arruffati di brutto  dalla notte di sonno appena trascorsa ), stringe gli occhi di brace, poi mi sorride e mi porge una manona grande e forte che stritola la mia senza pietà “ L’ha già preso un caffè?” Faccio di no con la testa. “Allora ce lo facciamo nel retro, bello forte, che quello della pasticceria è troppo caro. E’ d’accordo?” Dico di sì. “Aspetti, che prima do un giro di chiave, tanto non verrà nessuno nemmeno oggi” dice un po’ triste. Viene dalla Basilicata Francesco. Lavorava in un piccolo supermercato alla periferia nord della città, poi il proprietario ha deciso di chiudere e Francesco si è trovato a spasso all’età di 56 anni, troppo giovane per la pensione, troppo vecchio per trovare facilmente un altro lavoro “ Con la liquidazione di trent’anni ho preso questa licenza. L’affitto è abbastanza basso; ha visto com’è brutto questo posto vero? La proprietaria è una vecchia miliardaria che ha tenuto sfitto il negozio per anni e anni, me lo dà a un prezzo ridicolo, considerato che siamo in centro. Lo so, non posso certo competere con i bei negozi qui vicino, ma la mia carne è buona, sa, è buonissima. Arriva quasi tutta dalla mia terra, che ho ancora dei parenti laggiù. Mia moglie è morta l'anno scorso e mia figlia studia va ancora a scuola. Cos’altro vuole che faccia? Non so fare nient’altro io, sono solo un macellaio, questo so fare.” Parliamo per un’ora di fila. Beviamo  caffè nero bollente che ci scalda le ossa. Improvvisamente mi suona il cellulare “ Cos’è, ti sei perso per strada?” E’ Davide che mi cerca. Certo, un’ora e fischia per comprare il giornale davanti a casa non è nomale alle 8 del mattino, d’inverno, di domenica e in tuta da ginnastica, per di più. Gli spiego dove mi trovo. Gli dico di scendere giù, di vestirsi bene che fa un freddo cane e di prendermi una giacca,. “ C’è un amico con cui sto parlando e mi piacerebbe fartelo  conoscere” gli dico “Alex?” mi dice lui sospettoso “Taglia corto. Scendi che c’è un caffè anche per te, se no aspettami o fai quello che ti pare.” Francesco guarda l’anello che porto al dito, poi mi dice smarrito “Ha invitato anche sua moglie, qui?  Certo, un caffè lo faccio volentieri anche per lei, ci mancherebbe. Ma forse non crede che  sarebbe meglio andare al bar qui a fianco, sa com’è, per una signora, che mica la conosco io, mica ci ho confidenza..”  Guardo Francesco negli occhi. “Non è mia moglie, non è una donna. E’ Davide, il mio compagno, le dispiace?” Per un momento esita, mi guarda, poi sorride. “ Ma no, cosa dice? Anzi, meglio, che un uomo mica fa tante storie come una signora  no?” Davide entra, si presenta a Francesco, prende il suo caffè, mi  guarda di storto. Io gli sorrido. In capo a un’ora siamo nel negozio che valutiamo il da farsi. “ Prima di tutto devi togliere tutte 'ste cavolo di offerte speciali  su 'sti foglietti che fanno tanto ufficio postale di periferia, Francesco, che la gente si insospettisce se vede dei prezzi così bassi. Ma come ti è venuto in mente di svenderti così? Devi puntare sulla qualità, mica sullo sconto, e che cavolo!” gli dice Davide “che  mica sei la Caballé che canta per beneficienza no? Muti si faceva ben pagare per dirigere La Scala? E Horowitz, cosa credi, che suonasse Lintz gratis? Devi puntare sulla qualità, sulla qualità!” Francesco mi guarda basito “ Non farci caso, è normale, non farci caso.” lo rassicuro io. “ E poi dovremo dipingere le pareti di un colore più caldo, che questo sembra il laboratorio di un anatomopatologo. Che tristezza, Francesco!” Lui lo guarda e annuisce. “ E per finire, quando  tutto sarà a posto, sopra il bancone potesti metterci una foto formato poster, che darebbe un tocco di classe e di colore.” continua Davide. “ Sì, la foto di una bella mucca grassa!” esclama Francesco.  Davide inorridisce “ Francesco, sei proprio del tutto privo di gusto! Te la darà Alex la foto adatta. Io ci vedo un bel paesaggio, tipo un maggese, un prato verdissimo, con la luce giusta ovviamente, niente banalità, niente mucche!”  “Non possiamo continuare a parlarne stasera a cena?” propongo io “ Giusto” dice Davide. “ volevo proprio cucinare la polenta, con sto gelo!” Francesco sorride a tutti e due. “Stasera la carne la porto io allora, vi fidate?” Davide gli batte la mano sulla spalla.  "Certo  Francesco, certo che ci fidiamo.” Poi guarda dalla vetrina, volge il capo verso sinistra, si erge in tutta la sua statura ed esclama: “ Agusto, incomincia a tremare: ora c’è Francesco, il turco!” Tutti ridiamo di gusto.Ecco, da oggi abbiamo un nuovo amico.Foto: Nulla a che fare  con la carne, ma a me piace questa. 124 x 80http://it.youtube.com/watch?v=ID_B7Nq87CY