Arrancame la vida!

Post N° 677


Usiamo pochissimi prodotti di bellezza in casa nostra. Nonostante la Silvia ogni tanto ci obblighi a testare gli ultimi ritrovati della cosmesi e della ricerca, per via del suo mestiere di maestra di estetica e di vita ( ! ), nel nostro bagno è difficile trovare qualcosa di più  che non sia uno spazzolino da denti ciascuno con relativo dentifricio, sapone, schiuma da barba e deodorante. Stop. Ci siamo sempre fermati lì. Tutt’al più qualcuno ci regala un profumo a Natale, una di quelle cose antiche, tipo Acqua di Parma, che dura nei secoli dei secoli, se non evapora prima. E’ difficile trovare anche un pettine a casa nostra. Ogni volta che vado dal barbiere, e cioè due, al massimo tre volte l’anno, resto puntualmente a bocca aperta davanti alla carrellata infinita di giovani che sborsano minimo 50 euro per farsi le sopracciglia, le  basette e qualche altro ritocco della capigliatura. Ho scoperto che dal barbiere quelli che ci vanno  solo per tagliarsi i capelli sono ormai pochissimi. Di solito vetusti e antichi pezzi d’antiquariato o uomini piuttosto strambi come me.  Da qualche anno soffro di disidrosi. Mi si spellano le mani. E’ iniziato anni fa nel clima secco del deserto, quando mi trovavo in Iraq per il giornale. Da allora ogni anno, sul far dell’estate, la mia disidrosi salta fuori puntuale come i compleanni.  Di recente la cosa si è fatta più seria. La settimana scorsa Il dermatologo mi ha prescritto una pomata al cortisone e mi ha consigliato di mettere una crema idratante sulle mani. Lungo la via di casa  mi sono quindi fermato in una farmacia per acquistare il tutto. Quando ho chiesto la crema idratante la commessa ha preso ad elencarmi almeno una ventina di marche diverse, citandomi per ognuna le relative proprietà, peso netto, profumazione e consistenza. Me ne sono andato di corsa quando mi ha afferrato una mano e me l’ha cosparsa di crema al muschio bianco, particolarmente addolcente e dalla mistica fragranza. Ho pagato il cortisone, sono uscito di corsa ed ho comprato la Nivea dal banchetto di Tariq al mercato di Porta Palazzo. Funziona lo stesso, a quanto pare. Sono di quelli che hanno fatto le elementari col grembiulino nero, il fiocco blu e il collettino bianco. Il bagno lo facevamo una volta la settimana, di solito la domenica e non puzzavamo mica.  A casa nostra non si usava lo shampoo per i capelli. Il bagno schiuma lavava tutto, il sapone pure. Mio padre metteva un filo di brillantina Linetti nei giorni di festa.  Sapeva di buono la brillantina, anche se ungeva un po’troppo. Mia madre usava un’acqua di colonia alla lavanda, un profumo che per sempre resterà legato  nella mia testa alla sua immagine. Tutto quello che toccava, addirittura le cose che aveva messo in canto tanto tempo prima, sapeva di lavanda. Era un profumo  pulito e  fresco, diceva lei, senza tanti fronzoli e  soprattutto costava poco. Oggi mi spaventano, in un certo qual senso, questi ragazzi che passano un terzo della loro vita a farsi belli davanti allo specchio. E forse loro sono davvero più belli. Perché noi eravamo tutti sgarruppati, smilzi, arruffati, un po’ beceri e forse è vero che l’uso costante di un prodotto di bellezza  caro e di prestigio rende la pelle più bella,  chi lo sa. Meglio di sicuro della saponetta Lux o della Fa, quella al lime dei Caraibi, quella della primavera in Scandinavia ( pochissimi fra noi, all’epoca, avevano la minima idea di dove si trovassero i Caraibi, come fosse la Scandinavia e soprattutto come fossero le sue primavere, impegnati, noi, in una lotta  vera  e reale nel tentativo di sopravvivere ad una quotidianità a volte troppo tetra, dura e spaventosa, così lontani, a volte, da qualsiasi primavera, padana o scandinava che fosse, proiettati più verso un inverno lunghissimo e triste piuttosto che verso improbabili radure di verdi fragranze popolate da bionde fanciulle nel fiore degli anni  o  verso le palme frondose  dei litorali di un  tropico sensuale ed assolato), ma che ti lasciava la pelle del viso rasposa come la carta a vetro. Eppure ce l’abbiamo fatta, siamo sopravvissuti. Abbiamo raggiunto i quaranta e li abbiamo persino superati. C’è qualcosa di irrimediabilmente stonato che percepisco intorno a me. Qualcosa che vedo, qualcosa di anomalo e a me sconosciuto, estraneo, qualcosa che mi fa orrore e che spinge ragazzi e ragazze a farsi belli, a vestirsi bene e alla moda per andare all’Esselunga, da Auchan o a Le Gru a fare la spesa, a comprarsi l’evidenziatore o il quaderno per la scuola, a farsi un giretto fra i negozi del centro commerciale, nei punti Vodafone e Tim, con le loro mutande fuori dai jeans a vita bassa, profumati come le  bagasce di quartiere, pieni di gel a tenuta extra strong, con quel taglio strano, i maschietti, che sembra che abbiamo i capelli  cortissimi sul davanti,come incollati alla fronte, ma che di colpo si dipanano in due aluccie graziose sui lati e convergono in un unico ciuffo  proprio nel centro della crapa, che uno ci chiede come cazzo facciano i barbieri a realizzare un taglio del genere  e soprattutto quanto tempo c’impieghino questi ragazzi qui a rimetterselo a posto la mattina. Qualcosa che spinge la trentenne a comprarsi la station wagon o il Suv appena si accorge di essere in dolce attesa. Definitivamente morti e lontani i tempi delle 500 dei nostri padri dove stavamo in quattro più i bagagli e il gatto, e su e giù per la Pianura Padana, da est o ovest e viceversa, senza battere ciglio. La stessa cosa che spinge la gente a usare l’aria condizionata come se  non si potesse più vivere senza, come sei invece che latini da secoli e millenni, fossimo eschimesi abituati ai ghiacci del Polo e ci sciogliessimo, qui, come burro al sole. La stessa cosa precisa che spinge la gente a cospargersi la faccia di autoabbronzanti per avere un colorito da vacanza tutto l’anno. E io mi chiedo che senso abbia spacciare un autoabbronzante per una vacanza quando marcisci 11 mesi all’anno in un  ufficio dove tutti sanno che in vacanza non ci vai, se sei li a smaronarti la vita con i colleghi in un sottoscala illuminato al neon, con gli occhi fissi, piantati dentro un pc otto ore al giorno. La stessa cosa, precisa pecisa, che spinge tutti ad apparire anziché ad essere.   Saranno gli anni che passano a rendermi insofferente?Una notte in Italia-Ivano Fossati