Arrancame la vida!

Post N° 724


“Non credi che noi occidentali meritiamo che ci sparino addosso? Non lo credi anche tu, Alex?  Dal consolato spagnolo seguiamo alla Tv i fatti di Bombay. “ Abbiamo devastato il mondo intero, contaminato civiltà e nazioni, abbiamo monetizzato qualsiasi cosa, abbiamo impestato tutti con la nostra ricetta di democrazia. Non credi che il cosiddetto terzo mondo non abbia tutti i torti ad averne due coglioni così di noi?”  Alonso è duro, stanco, irritato, ubriaco. “Immagino il bailamme che staranno facendo a casa  tua per sto cuoco che ha sfidato la morte per portare il latte in polvere alla sua bambina. A quest’ora sarà un eroe. Che mondo di merda, Alex!”  Chen Fen si alza e porge un whiskey all’amico distrutto. “ Io non centro nulla con questa storia. Sono cinese io. Vedetevela voi due questa volta”.  Scuoto la testa. Sono stanco anch’io e non ho voglia di discutere. Certo che un po’ di ragione Alonso ce l’ha. Forse non meritiamo che ci sparino addosso, questo no, ma che ci coprano di sputi  sì. Siamo arroganti, piccoli, meschini. Crediamo che il mondo giri attorno a noi stessi e null’altro. Ho sonno. Da quando sono arrivato a Kabul direttamente da Bagdad ho un sonno da morire. Avevo detto al giornale che non avrei fatto più di queste trasferte, da una guerra ad un’altra. Non ce la faccio più. Non ho più vent’anni io. Dormo gran parte della mattina, a casa di Rashid. Ho un sonno pesante, quasi catalettico. Poi  una mattina mi hanno buttato giù dal letto all’alba. Sono venuti dei gendarmi e ci hanno portato direttamente al Consolato di Spagna. Non mi ero reso conto che fossimo così in pericolo. Rashid lui no. Lui l’hanno lasciato nel suo compound, nella sua casa, in mezzo alle granate. Non ci ho dormito di notte per questa cosa qui io. Non  mi pare giusto che si debba scegliere così, se la propria sicurezza o i propri amici. “ Siamo un popolo di merda Alex” ripete Alonso, dopo il quarto scotch “ una razza merdosa”. Chen Fen si spinge ogni sera a casa di Rashid per vedere, per controllare le cose, per vedere la bambina, per capire. Se non ci fosse, Chen Fen bisognerebbe inventarla. La mia Chen Fen.  Poi, sul tardi, ci chiama al Consolato e ci rassicura. Noi non possiamo uscire. “ Ci tengono prigionieri” dico una mattina ad Alonso. “Io voglio andare via di qua. “ “Lo facciamo per voi, è per la vostra sicurezza” ci dice un gendarme. Non so cosa sia meglio, se restare qui al sicuro o scendere per strada , andarmene, correre da Rashid e restare con lui. “Vorrei che potessimo  portare qui la bambina, almeno lei” dico un sera a Davide mentre gli parlo al telefono. “ Torna a casa appena ti trovano un volo Alex. Torna a casa” dice lui piano. La mattina chiedo agli ufficiali di portare qui la bambina. “Portatela qui, morirà e non lo farete, vi prego!” Nessuno sembra capire quello che dico. La sera Alonso si scola una bottiglia intera di scotch. “ E’ così Alex. Non possiamo salvarli tutti. Non possiamo salvare il mondo” “Io voglio solo salvare la bambina!” grido disperato.Chen Fen ci chiama quella sera, come tutte le altre sere. Di Rashid e della bambina non ci sono più tracce.La mattina dopo ci portano a Kuwait City con un aereo militare della Nato. Più tardi ci imbarchiamo per casa.  La sera del suo compleanno Ferzana indossava un abitino rosso. Rashid batteva le mani felice. “E’ fatta Alex, E’ fatta. Dobbiamo ancora stare all’erta ma ormai il più è fatto.” Ferzana sorrideva radiosa. “Mia figlia è viva, Alex! Potesse vederla sua madre! Potesse vederla anche lei!” Ferzana prese a fare una serie di giravolte su se stessa, perse l’equilibrio e cadde sul pavimento. Ci precipitammo tutti su di lei per soccorrerla, ma lei sorrise a tutti “ che bello, papà, ho visto la terra girare, tutto girava, tu, Alex, Chen Fen. Sto bene papà e sono tanto felice. Proprio felice!” La sera andiamo spesso a passeggiare lungo le mura, tu ed io. Non ci parliamo quasi in questi giri notturni noi due. Ogni tanto mi passi un braccio attorno alla vita, quasi a sorreggermi. Il freddo ci gela le mani.  Ho freddo anche di notte, sotto il piumone, accanto a te. Mi svegli ogni tanto. “ Parlavi nel sonno. Gridavi” Non mi accorgo di nulla. Non so dove sono. Fatico a riconoscere la nostra stanza. La mattina mi porti il caffè. Mi passi una mano tua forte sulla fronte sudata. Sorridi. Sorridi per me. Mi stringi le mani alle tempie. Mi abbracci . Mi tieni allacciato al tuo corpo, come se fossi un bambino piccolo. Mi tieni per mano. La sera mi porti a passeggiare con te. Suoni qualcosa per me. Sorridi. Per me. Con tutto l’amore che hai dentro.Ennio Morricone. Casuality of war