Petali di parole

Subterrenean Homesick Alien


La prima casa non si scorda mai.Quando a 19 anni ho deciso di fare fagotto e trasferirmi in una città a settecento chilometri di distanza dalla mia prima vera casa, non vedevo l'ora di essere lontana.Amavo morbosamente tutto ciò che era altro, lontano, straniero, foresto. Immaginavo di trascorrere il mio futuro su di un qualche aereo, in viaggio sempre da una parte all'altra del mondo, con una minivaligia in mano da donna in carriera. Avevo rinunciato, già a diciassette anni, ad una famiglia, ad un amore, a tutto quello che di donna poteva esserci in me. Proprio come se l'essere donna implicasse un legame casalingo, e la rottura di tale legame fosse sintomo dell'espoliazione dalla femminilità.Negli anni trascorsi lontani, con gli occhi e col cuore, da un posto che ho sempre odiato, che m'ha sempre umiliata, costretta, ho imparato a chiamare casa l'Abitudine, l'Amore che ti lega ad una Terra, anche se talvolta questa è crudele: come un amante con cui si litiga, ma che non per questo si smette di amare. La mia Terra ieri sera m'ha chiamata.Ieri sera l'aria che entrava dalla finestra era fresca e umida, quasi fosse un agosto piovoso di stagni e raganelle.Ieri sera i grilli e le cicale concertavano sulle campagne distese a guardare le stelle. Proprio da quel campo, in cui una sera di maggio, ho fatto l'amore sotto le stelle, i profumi di terra e verdura si dipartivano e viaggiando su un treno di memorie giungevano alle mie narici nostalgiche. Rane, rane gracidanti mi parlavano di estati trascorse in compagnia d'un fedele amico a quattro zampe a cercare rane gracidanti, rane. E d'estati e d'inverni s'è colorato il mio pensiero nostalgico, e il mio volto stanco e rigato d'acqua di mare è fiorito di viole.M'ha sfiorata, suonando le sue corde, e ho visto il mio mare nei suoi occhi. In qualche modo, Casa.