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Creato da: fishposce il 26/04/2009
chiedo all'umanità come si prova la propria esistenza

 

 
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Perchè esistere?

Post n°4 pubblicato il 03 Maggio 2009 da fishposce

Ecco che finalmente sembra balenare una luce, che potrebbe spiegare tutto, anche a prezzo di rendere tutti i sogni che ci hanno infilato nella mente inutili, stupidi e falsi.

Perché viviamo? Non per nostra scelta. Nessuno ci ha mai chiesto di vivere. Siamo apparsi sulla Terra per caso, come molti altri milioni di individui, gialli, rossi, bianchi e neri. Ci hanno inserito nella società insegnandoci le regole principali, spacciandole il più delle volte come religione, fede, devozione. Come membri della nostra società abbiamo accettato queste regole e siamo stati capaci di interagire con i nostri simili utilizzando un linguaggio comune, fatto di suoni e di segni. Cosa cerchiamo di nascondere a noi stessi, forse il fatto che siamo animali, che apparteniamo ad un gruppo di organismi la cui unica fortuna è la capacità di modificare entro certi limiti gli eventi naturali? Forse perché siamo esseri pensanti, ma è provato che una gallina o una mosca non siano in grado di pensare?  Se accettiamo questa condizione, tutto diventa più semplice. Viviamo perché una legge biologica, identica per tutti gli organismi, ci impone di conservare la specie. Moriamo, perchè le nostre cellule invecchiano e dopo alcuni anni non sanno più svolgere le loro funzioni. Le  molecole che compongono il nostro corpo, come in tutti gli organismi, vengono riciclate e ridistribuite sulla Terra.  

       Porzioni dell’umanità passata sono presenti e si trovano ovunque: nel vino, nell’acqua, nell’olio, nelle carni, ma anche in materiali inorganici: il nostro lavandino di ceramica, le ruote della nostra macchina e così via. Alla stessa stregua, le molecole di tutti gli altri organismi animali e vegetali della Terra, hanno lasciato traccia del loro passaggio.

Perché piango allora? Sono un nulla nell’immenso, un meraviglioso ammasso di molecole che alla mia morte probabilmente non abbandoneranno la Terra. Un automa, una parte di una macchina, la cui unica funzione e quella di appartenere a un gruppo di altre pedine che nell’insieme formano il genere umano. Questo mi ricorda i cosiddetti insetti sociali: le formiche e le api, ad esempio. Chi ha visto questi insetti all’opera si sarà reso conto del significato della definizione: “un gruppo di pedine”. Organismi che insieme formano una struttura complessa ed efficiente, tesa alla riproduzione di altre “pedine” dove probabilmente manca il concetto di individuo. L’umanità, apparentemente sembra seguire questa regola. Pensate alla guerra, l’individuo si annulla per difendere gli interessi della sua Patria. L’individuo sul campo di battaglia non esiste, ma forma “una pedina” che assieme ad altre, forma una struttura complessa, come nelle api e nelle formiche. Esempi simili se ne possono fare tanti: pensiamo agli allievi di una scuola, ad una città, ad una nazione, all’umanità intera. Allora perché soffriamo quando un singolo muore? Se il fine è far funzionare la struttura nel suo complesso, dovrebbe essere il risultato positivo a giustificare la perdita e razionalmente a non farci soffrire. Purtroppo, sappiamo che non è così. La scomparsa di un nostro caro e la sofferenza che ne segue sono la prova di questo. Quindi siamo diversi dalle api e dalle formiche? Quali prove abbiamo che anche negli insetti sociali la perdita di un individuo non provochi dolore in altri elementi del gruppo. Sono mille le domande che sorgono da queste considerazioni. L’esistenza dell’individualità, quindi potrebbe essere intesa come l’esistenza di un sottoinsieme fatto di pedine che interagiscono con altre pedine, secondo rapporti affettivi che presentano varie sfumature. Ad esempio partendo dai genitori, passando per i figli, proseguendo per il coniuge, e così via. Fino ad arrivare ad un grado affettivo zero, espresso verso sconosciuti, che però apparterranno anche loro ad un sottoinsieme. La totalità dei sottoinsieme formerà l’insieme “umanità”.

 

 
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