La Ciaci

Andrea


L'ho rivisto che avevo 25 o forse 26 anni. Erano almeno dieci anni che non lo vedevo.Mia mamma e sua mamma si sono incontrate il giorno prima in centro a Monza.Che caso. Il destino, forse.Erano molto amiche, poi io e lui, i figli, abbiamo frequentato scuole diverse e cosi', si sono perse di vista. Ci siamo persi di vista.Andrea ha la mia etą. Lo conosco dalla prima elementare.Un bambino sempre allegro, chiacchierone, sveglio, sempre in movimento, curioso.Gli mancano 2 falangi del dito indice della mano destra.A due anni sua mamma č andata a rispondere al telefono e ha lasciato lui e il tritacarne incustoditi. Da bravo bambino curioso ha imitato la mamma e cosi' ha voluto provare a tritare la carne. Ma non era carne di animale quella che ha tritato lui.Voleva fare l'aviatore. Scartato. Per via delle 2 falangi che gli mancano, ma la sua passione per il volo era cosi' grande che si č comprato un deltaplano a motore.Ci sono salita anch'io. Io odio volare. Eppure mi ritrovo frequentemente su aerei.Ho volato piu' volte su elicotteri, una volta sul dirigibile della Goodyear e poi  anche sul deltaplano di Andrea. Tremavo. Lui, sadicamente, godeva.E' stato il suo modo, innocente, per farmela pagare.In quarta elementare si č rotto la gamba destra. 40 giorni di gesso.Suo papą veniva a prenderlo una decina di minutiprima che suonasse la campanella, cosi' lo portava fuori dalla scuola in braccio senza trovarsi centinaia di bambini urlanti in mezzo ai piedi.Andrea si aggrappava alla porta con tutte e due le mani e gridava a squarciagola che non voleva uscire. Non voleva uscire se io non gli davo un bacino.La maestra, quella stronza, per toglierselo dai piedi in fretta, mi chiamava con severitą e mi obbligava, come fosse un compito da svolgere, ad andare da lui a dargli il bacino sulla guancia.Cosi' lui, sempre urlando, ma di gioia, poteva cordialmente abbandonare l'aula.Mi ricordo il senso di frustrazione, che mi pervadeva.Mi sentivo usata e sfruttata. Non era giusto! Io non volevo baciare l'Andrea!Ma dovevo farlo.L'anno successivo, in quinta, si č rotto la gamba sinistra, altri 40 giorni di gesso e altri 40giorni di torture per me.La maestra mi aveva preso da parte e fatto capire che la mia era una specie di missione.Io, cosi' facendo, dando il bacino sulla guancia all'Andrea, avrei salvato la classe, la scuola, Monza, il mondo intero. E cosi' mi sono sentita importante, speciale.E cosi' io e lui siamo diventati amici per la pelle.Le nostre mamme sono diventate amiche per la pelle.Ci si vedeva quasi tutti i pomeriggi. Giocavamo. Stavamo bene, andavamo d'accordo.Alle medie non eravamo piu' in classe insieme e neppure frequentavamo la stessa scuola. Io nel frattempo avevo cambiato casa.Veniva a trovarmi lo stesso 3 pomeriggi a settimana.Ho cominciato a stufarmi in seconda media. Non avevo piu' molto da dirgli. Non sapevo piu' che giochi fare. Era tutto cosi' noioso. Lui pendeva dalle mie labbra. E io ero stufa di dover sempre decidere che gioco fare, dove andare, cosa studiare. Insomma, era un peso.Ho cominciato a non volerlo piu' vedere con frequenza. Cosi' hanno fatto anche le nostre mamme.Una volta, o forse due, all'anno capitava che loro si sentissero o si incontrassero casualmente e cosi' riuscivo ad essere sempre aggiornata sulla sua vita.Voleva fare il dentista e invece č diventato odontotecnico. Si č aperto uno studio.E' un ragazzo in gamba."Ma ce l'ha la fidanzata?" chiedevo, da brava comare, a mia mamma. "No, sua mamma dice di no" mi rispondeva mia mamma.A 24 anni, la Chiaretta decide di fare una cena riunendo i compagni di classe delle elementari. Lo rivedo. Alto, non bello, non č cambiato molto. Con qualche capello in meno.Ma č sempre squisito nei modi, č sempre allegro, č sempre vivace.Mi sembra sempre uguale, come alle elementari.Ci ritroviamo seduti vicini al tavolo e lui mi fa il terzo grado.Con tutte le esperienze di vita che ho fatto, mi sentivo come una donna navigata.Eh gią, io ho vissuto all'estero, ho viaggiato, mica come voi monzesi che al massimo andate fino a milano a fare shopping.Io e lui chiacchieriamo di tutto, discutiamo, ci prendiamo in giro, ridiamo come matti, ci divertiamo, insomma stiamo bene insieme, andiamo d'accordo.Siamo amici.E cosi' cominciamo ad uscire qualche sera. Mi viene a prendere e poi andiamo a raggiungere il resto della compagnia dei suoi amici. Gente per bene, benestanti, cattolici, colti, impegnati nel sociale. Gente a posto. Gente normale.Mi guardo attorno. Non mi interessa nessun ragazzo della compagnia. Troppo regolari.Non dico niente all'Andrea, di questa mia osservazione, e sinceramente non so neanche il perchč. Forse perche' anche lui, in fin dei conti, era uno di loro, uno come loro.Andrea mi invita fuori a cena, andiamo nei locali a bere qualcosa, andiamo al cinema, alle mostre, a giocare a tennis, a pattinare. Insomma. Andiamo d'accordo e mi diverto un sacco.Una sera siamo a cena a casa di Silvia. Marco le chiede se Fabio č rientrato dal lago.E chi č Fabio, mi chiedo..."Torna sabato" risponde Silvia."Chi č Fabio, lo conosco?" chiedo io stupita."No, non credo che tu l'abbia mai visto. Sta studiando un casino per la tesi e cosi' non esce spesso, oltre al fatto che trascorre molto tempo alla casa che ha al lago" mi risponde Marco."Cosa sta studiando?" chiedo con interesse."E' quasi geologo. Ed č un pazzo scatenato. Fuori di testa proprio" aggiunge Marco con sarcasmo.A me bastano a volte 2 parole per farmi accendere le lampadine dell'interesse.Pazzo scatenato.Sono stata con Fabio per quasi 3 anni. Ma di pazzo scatenato aveva ben poco.Direi piuttosto che era un matto incosciente e infantile.Quando ho cominciato ad uscire con Fabio, ho smesso di uscire con Andrea.Non capiva. Non diceva niente. Si disperava e basta. E io non lo sapevo.Soffriva in silenzio a casa, la notte, il giorno. Il dolore per questo mio tradimento era immenso. Aveva persino smesso di mangiare, di uscire.Non lo vedevamo piu' in compagnia. Ci chiedevamo perche' il nostro amico Andrea non uscisse piu'. Ho provato anche a chiamarlo. Sua mamma con scuse, di svariato tipo, me lo negava sempre.Perchč il mio amico sta male?Mi son chiesta se per caso fossi io il motivo, ma mi rispondevo sempre che non era possibile. Io e lui eravamo solo amici.Purtroppo ci si abitua a tutto e cosi' ci siamo abituati, anche noi della campagnia, a non vederlo.Dopo 2 anni, veniamo a sapere che si e' fidanzato!Sono contentissima.Cosi' in occasione di una cena a casa di Lorenzo, invitiamo anche Andrea e la sua fidanzata.Carina.. davvero carina.Il calore col quale ci salutiamo e abbracciamo, deve aver dato fastidio alla sua fidanzata.Non ha piu' voluto deliziarci della sua presenza e pertanto neanche di quella di Andrea.Il suo cuore traboccava di amore, un amore grande, la sua anima gridava il suo amore, gridava, ma come se non avesse la voce. E quell'amore non era per lei.Quell'amore era per me. Ma io ero sorda. Non era lui muto.Io e Fabio non andiamo piu' d'accordo.Anzi no, voglio essere sincera. Mi sono stufata. Non lo amavo piu'.Non mi aveva fatto niente. Ma era forse quella normalita', anzi peggio, direi banalita' che aveva assunto il nostro rapporto a farmi sentire prigioniera del nulla.Prigioniera di un amore piccolo, di un futuro senza sogni, senza grandi ambizioni, di un presente fatto di routine noiose, di un fare l'amore squallido e colpevole.Era giugno quando ci siamo lasciati.A settembre compio gli anni. Decido di organizzare una festa a casa mia (dei miei) e cosi' invito gli amici e le amiche. Invito anche Andrea e Valentina.Un giorno di settembre all'ora di pranzo dall'ufficio, chiamo Andrea al numero dello studio. Non c'e'. Gli lascio un messaggio in segreteria: SIETE invitati.Rientro a casa alla sera. Mia mamma mi chiede agitata di dare un'occhiata alla nostra segreteria telefonica.Ci sono 37 messaggi, non parlati.37?? e chi č sto pazzo psicopatico??Improvvisamente suona il telefono. Una voce femminile, che, con tono agitato e un'ansia fastidiosa, comincia a parlare senza prendere mai fiato: "Grazie dell'invito, ma io e Andrea non possiamo venire al tuo compleanno e mai ci verremo piu' dove ci sei tu!". Riattacca.Rimango con la cornetta in mano e a bocca aperta.Ecco il dettaglio. Ecco che qualche parola, di una donna ferita, che non ne puo' piu', ma che per amore resta fedele al suo uomo... vittima, non per scelta, di un amore impossibile, mi presenta la soluzione su un piatto d'argento.Ecco il dettaglio illuminante.All'improvviso mi č stato tutto chiaro.Mi sento male. Mi mancano le forze. Quest'uomo mi ama.Mi ama alla follia. Mi ama di un amore grande, puro e senza voce. Un amore che mai ho sentito.Mai ho voluto sentire. Io ero sorda per la voce del suo cuore. Invece mi č capitato di ascoltare spesso le voci di cuori che gridavano amore, non per me.L'Ariosto diceva: sempre creduto fu, che'l miser suole, dar facile credenza a quel che vuole.Gią, me misera, me stupida. Ma come ho potuto non accorgermi di nulla.In un momento ho ripercorso tutti gli anni, fin dalle elementari.Io non dovevo salvare il mondo con i miei bacini. Io dovevo solo rendere felice l'Andrea.Che strano che un bambino gia' a quell'eta' prova un amore grande, un amore fedele, appassionato,pieno... che resta invariato, anzi che cresce cogli anni... un amore di una vita, un amore infinito.Come ho potuto essere cosi' sorda?Il suo amore mi ha sempre rispettata, non č mai stato invadente, insistente, a parte alle elementari.Il suo amore mi aspetta da sempre.Devo vederlo. Il giorno dopo mi presento in studio da lui.Cosa cerco? Non lo so neanche io.In realta' io non lo amo. Ma davanti ad un amore come il suo, val bene la pena di tentare. Col tempo, magari, posso imparare ad amarlo.Parliamo del piu' e del meno. Mi lucida un anello d'oro e finalmente mi chiedeperche' sono li'.Gli chiedo come sta Valentina, e gli chiedo scusa."Non immaginavo" gli dico.Si avvicina, mi prende le spalle, le stringe. Mi fissa negli occhi.Mi viene da piangere. Balbettando riesco a dirgli che sono una sciocca, che mi dispiace da morire, ma io non mi ero accorta che lui si era innamorato di me quando abbiamo cominciato ad uscire insieme.Mi dispiace che lui non abbia mai avuto il coraggio di dichiararsi apertamente, e che se l'avesse fatto, sicuramente le cose sarebbero andate diversamente.Continua a fissarmi.Lentamente, con un filo di voce, come se a parlare fosse direttamente e finalmente il suo cuore, mi dice:"Vedi, io ti amo da quando sono nato. Il mio cuore ti appartiene. Io ti amo da sempre. E ti amo ancora. Purtroppo adesso č tardi. Ho fatto una scelta. E non voglio tornare sui miei passi. Mi dispiace. Ma, ricorda che ti amero' per sempre. Per tutta la vita".Mi ha stretto forte a sč. Un abbraccio lunghissimo, ma non sufficiente per placare il mio pianto.Non ero io a piangere, non erano mie quelle lacrime. Io ero solo il corpo dal quale uscivano.A piangere era il suo cuore. Il suo cuore che č nato, vive e vivra' per sempre dentro di me.