La Ciaci

L'obitorio o l'archivio nel mio cuore


 Il passato è passato e tutto ciò che è tremenda sofferenza, viene archiviato... va in obitorio nel mio cuore.Tutto schedato, per poter ritrovare chiunque.Ma alcune persone, alle quali sono legate le sofferenze maggiori, sono state sepolte. Non una lacrima ai loro funerali.Anche i ricordi piacevoli, nelle loro belle cartellette, sono stati sepolti.A disposizione, sono stati lasciati solo alcuni ricordi brutti, ricordi che fanno male. Ricordi che non voglio di proposito ricordare.Ma che a volte mi servono per andare avanti.Li lascio, di proposito, in archivio....Ma ieri, conversando con un amico, questi ha nominato, tra le tante sofferenze, una malattia. Ahimè diffusa.Questa malattia, nel mio cuore, nella mia testa, è associata ad una persona ed è associata ad un periodo particolare della mia vita.La fine della spensieratezza. L'inizio della consapevolezza del dolore, della sofferenza e della crudeltà... La voglia di fuga dalla realtà.La mia reale fuga durata mesi (ma questa è un'altra storia).E soprattutto la nascita del metodo di archiviazione nel mio cuore. Credo che si chiamasse Laura.Pazzesco... anche qui i ricordi fanno cilecca: non riesco a ricordarmi il suo nome.... L'ho conosciuta in seconda media.Ero appena entrata in quella classe, con quei compagni e quelle compagne.Tutto e tutti nuovi. Tutti odiosi.Non era bella, ma piaceva, perchè era forte. Marchigiana di origine.Una ragazzina che sprizzava energia da tutti i pori: nel modo di parlare, di muoversi, di camminare.Di una simpatia spiazzante.Di un'intelligenza pazzesca.Sempre in movimento, sempre con la voglia smodata di conoscere, di sapere.Mi sentivo niente confronto a lei.Io non avevo niente. Nè intelligenza, nè forza, nè doti.Non ero neppure simpatica, visto che parlavo poco.La ammiravo e mi sono anche ritrovata ad invidiarla alcune volte.Invidiavo la sua capacità di saper fare tutto, apparentemente senza il minimo sforzo.Non eravamo amiche.O meglio, lei era la mia amica, ma io non ero la sua amica. La sua amica era la Raffaella.Io ero arrivata dopo. Questa cosa mi dava enorme dispiacere. Sapevo che non avrei mai conquistato il posto di Raffaella, nel suo cuore. Era gennaio.Mi aveva detto di non essere stata bene durante le vacanze di Natale.Eh le malattie di stagione. Siamo in classe. La Raffaella è a casa con l'influenza. Ero contenta perchè potevo starle seduta nel banco vicino.Siedevamo sulla destra, nei banchi in fondo.La professoressa parla. Io scarabocchio sul quaderno, prestando attenzione con mezzo orecchio. Tanto c'è lei, che poi mi aiuta a preparare la lezione.D'improvviso sento la sua mano stringermi la coscia.Sembrava volesse spappolarmela. Mi giro la guardo e con gli occhi le chiedo che c'è.Mi dice fra i denti: "Ho un mal di pancia pazzaesco! Devo andare in bagno, mi sa che mi son venute le mie cose".Le faccio cenno di andare... Chiede alla proff. ed esce dall'aula.Rientra dopo qualche minuto.Dalla faccia che ha, ho pensato subito che avesse azzeccato la sua previsione.Mentre si siede, aggiustandosi la gonna, mi farfuglia un "niente di fatto".Meglio.Non passano neanche dieci minuti che la sua mano agguanta la mia coscia nuovamente.Mi giro, la guardo, con l'altra mano e l'avambraccio si schiaccia il ventre.Le sue labbra si schiudono. Una smorfia di dolore le appare in viso.Sgrano gli occhi. Le chiedo: "Che c'è???"Mi risponde che ha dei dolori lancinanti al ventre.Le dico di andare ancora in bagno. Di andare a bere un pò d'acqua.Mi dice di aspettare ancora un attimo, magari passa.E' successo tutto in un secondo, forse due.Non pensavo che potesse succedere una cosa di una violenza tale. Una violenza inaudita. Una crudeltà inspiegabile su quel corpicino di ragazzina di 13 anni.Cosa si prova a sentir dolore?Cosa si prova a non voler più sentir il dolore?Sento ancora l'odore. Sento ancora il rumore. Sento ancora la paura.Sento ancora il mio cuore imapzzito che mi ha paralizzata.Toglie la mano dalla mia coscia e mi afferra la mano.Ho sentito tutta la forza dirompente del suo dolore scaricarsi attraverso lasua mano nella mia. Un'ultima, fatale fitta di dolore. Ho sentito le carni lacerarsi nel suo ventre.Ripensandoci mi sembra di averne sentito anche il rumore.Dopo la scarica di dolore, la sua mano si è fatta inaspettatamente debole, molle.Priva di forze. Non sono riuscita a trattenerla.E' successo tutto troppo in fretta.Il tonfo. E' caduta dalla sedia, lasciandomi impietrita.Con il cuore che mi esplodeva nel petto, le orecchie che mi rimbombavano e l'aria che mi macava.E' caduta dalla sedia, lasciando sotto di sè una pozza di sangue.Sento ancora l'odore del suo sangue.In un attimo gli sono stati tutti attorno.E io sono rimasta in piedi, con il palmo della mano aperto, rivolto verso l'alto.Guardavo la mia mano, lì c'era la sua mano, qualche secondo fa.Solo qualche secondo fa, lì c'era la vita.Lì c'era la mia amica, la mia maestra, la mia sorella, la mia mamma.C'era lei, che tante volte mi aveva preso per mano.E nel momento della massima sofferenza e dolore, lei ha cercato la mia mano.Ma è durato solo un secondo, forse due.Da quel giorno ho cominciato a archiviare.