La Ciaci

inferno o paradiso?


Quando ho smesso di sognare?Forse non ho mai smesso.O forse non ho mai cominciato veramente.Non so se la vita che vivo e che ho vissuto fino ad ora è un sogno e la realtà non esiste.Io so solo che mi ricordo precisamente quando mi sono svegliata.Ed è stato lì che è cominciato il mio sogno.Il sogno di poter fuggire da una vita di dolore, di sofferenza.Il sogno di poter far finta che non esista il tempo. Non esistano le cattiverie. Non esista la morte.E sono fuggita dalla realtà.Mi sono nascosta in cantina per quasi due mesi.Facevo finta di uscire per andare a scuola e invece scendevo all'inferno che per me era il paradiso.In un mondo dove non c'erano pensieri, ma solo distrazioni.In un luogo buio, dove mi rifugiavo poco prima che ritornasse mia madre dal lavoro.Per poi uscire, stare qualche minuto al freddo e rientrare con le guance rosse e il nasino freddo e rispondere:"Sì, a scuola tutto bene". Ma in quella scuola nuova non andava bene per niente.In un mondo a forma di ali, per poter volar via, lontano e stare così in pace. Finalmente senza dover vedere quelle brutte persone, senza dover subire umiliazioni, senza la mia compagna di banco. Cattiva anche lei che mi aveva abbandonata. Cattiva la signora nera che l'aveva rapita e portata in ospedale. Cattivi tutti.Seduta per terra a fissare uno schermo che trasmetteva solo immagini, senza suoni.Nessun rumore. Non toccavo niente in casa.Guardavo solo l'orologio.Aspettavo.Aspettavo il momento per dover sparire e scendere giù al buio e attendere.Aspettavo il momento che qualcuno si accorgesse di me.Muta, silenziosa, discreta... Fredda e calcolatrice.In attesa, sempre in attesa... Ma finalmente nel mio sogno di non essere dove dovevo essere.Ricordo perfettamente il giorno in cui presi la decisione.C'era la neve. Tanta. Quell'anno aveva nevicato molto, anche il giorno di Natale.Ero scesa in giardino la Vigilia dopo cena, con mio fratello.Eravamo andati al parco giochi condominiale. Nessun rumore. La pace. L'odore fresco della neve. L'insolita luce dovuta al candore della neve.Un mondo ovattato.Mi son seduta sull'altalena e ho cominciato a volare, sempre piu' veloce!Mio fratello correva, si rotolava... Io volavo.Ho chiuso gli occhi e mi son sentita finalmente bene.Ho pensato: "Voglio vivere così. Soffice, leggera, senza rumori, senza parole, senza volti. Io là non ci vado più."E invece ci sono andata ancora.Ma senza di lei, che mi aiutava, non era più possibile sopportare quelle persone.E senza di lei non mi restava più niente e nessuno.Io là non ci vado più.Ho provato un giorno a non andarci.E' filato tutto liscio.Allora non sono andata neanche il giorno dopo.E poi... E poi non potevo più andarci.  Non avevo la giustificazione.Così per quasi due mesi.Fino alla scoperta. Non c'è stato nessun rimprovero, ma tante domande: "Perché? Cos'è che non va? C'è qualcuno che ti fa del male?"No, niente. No, nessuno.E' solo che non mi va.Volevo peggiorare le cose. Volevo che mi trattasse da lazzarona piuttosto che da problematica.Son seguiti colloqui col preside, coi professori, scelte sul da farsi, parole studiate a tavolino.  Psichiatra.Non ne sapevo nulla di questi accordi. Tranne che dello psichiatra, poichè ci dovevo andare due volte la settimana.Sono tornata in quel posto orribile.Provavo una profonda vergogna.Perché nessuno doveva sapere in classe tra i compagni, eppure tutti sapevano, tranne me.Stavo male.Non volevo stare là, anche se avevo notato un'insolita gentilezza da parte dei professori.Dopo qualche settimana, la professoressa di inglese, che era stata assente fino a quel giorno, mi chiama alla cattedra e mi chiede con il volto preoccupato: "Ma come mai ha fatto una cosa del genere? Cosa c'è che non va che ti ha spinto a stare a casa da scuola di nascosto?"Mi son sentita morire. Se speravo ci fosse ancora qualche compagno di classe che non sapeva nulla, adesso era informato.Scena muta. Non so per quanto tempo non ho parlato con quella gente.Avevo il conforto di una bambina, la figlia della professoressa di matematica. Anche lei era molto amica di lei, quella che odiavo, quella che mi aveva abbandonata.Ci trovavamo spesso al pomeriggio a fare i compiti, prima.Dopo, la bambina si era offerta di aiutarmi a recuperare. "Vieni a casa mia pomeriggio che studiamo insieme..."Arrivo a casa sua e mi apre la porta sua madre, la nostra professoressa di matematica.Mi dice, restando sull'uscio, che era meglio se io non mi incontravo piu' con sua figlia, ché sono un cattivo esempio.Torno a casa. Senza emozioni.Decido solo che voglio tornare a volare, che voglio tornare nella mia realtà, perché quello era solo un brutto sogno.Dura poco stavolta.Arrabbiature, urla, sgridate. A me e ai professori. Al preside.Mi obbligano ad andare a scuola. I professori sono obbligati a fare come se non esistessi.Tiriamo la fine dell'anno.Finisce la scuola. Promossa.Inizia l'anno successivo in un'altra scuola. Alle superiori.Il tempo guarisce le ferite.I cambiamenti danno nuovi stimoli, nuove speranze.Nuove persone sono comunque diverse. E prima di voler fuggire da loro passa del tempo.E soprattutto che anziché fuggire si può semplicemente mandarle affanculo, le persone.E così ho imparato presto a non farmi mettere i piedi in testa.A farmi rispettare. A non soffrire più. A non affezionarmi veramente a nessuno.Anche se le mie passioni le ho avute.Ho sempre cavalcato l'onda dell'amore. Ho gioito e sofferto.Ho sperato e desiderato.E ho sempre voluto fare di testa mia.Ho sempre deciso io cosa fare e come. Se dare tutto o niente. Se aspettare o lasciar perdere.Se farmi amare o odiare.Se vivere nella realtà sognata o nel sogno reale.So con certezza che allora, come oggi, non sono problematica, ma voglio fare solamente come mi pare e piace.L'unico problema reale è che credo sempre di poter avere il controllo su tutto, prima o poi.E che non ho bisogno di nessuno, perché fondamentalmente nessuno ne è, secondo me, all'altezza. E a dire il vero i cattivi di allora a scuola erano solo dei gran deficienti.Lei una grande stronza.E lo psichiatra un gran coglione.E perché in fondo questa è solo una storia, come tutte le altre.Che sia una storia di vita vissuta o una storia di fantasia cosa cambia?