La Ciaci

chi è la vera Francesca?


Francesca sorseggia lentamente il suo cappuccino. Con lo sguardo fissa un punto a caso sul tavolino. E' leggermente protesa in avanti. Ha freddo e tiene una mano tra le cosce. Piove. I vetri della vetrina del bar sono appannati. Nel bar c'è un silenzio anomalo. Come se tutta le gente fosse in attesa della sua risposta. Anche lui aspetta. Lei si sente i suoi occhi addosso. Ed è così. Paolo la sta fissando. Lo sguardo severo di Francesca lo mette in soggezione. Non è facile da capire, non è facile da prevedere. Non è facile avere a che fare con Francesca. Un altro sorso. Continua a fissare il tavolino. Vorrebbe accendersi una sigaretta. Non per acquisire sicurezza, ma per spezzare quel silenzio. Attenuare la tensione creata dalla domanda di Paolo. Fare un respiro profondo e cominciare a parlare. Non ne ha voglia. O forse non sa neanche lei da dove cominciare. Quante volte se l'è chiesto? Tante. Col passare del tempo si è convinta sempre più che forse una risposta non c'è. Forse non c'è sempre una risposta a tutto. Ma lei vuole darne sempre una ad ogni cosa, ad ogni evento. Un senso logico lo deve avere tutto. Il giusto senso. A quella domanda però non sa rispondere. Forse perché è una combinazione, un insieme di cose. Non una solamente, non per forza così o cosà. Ed è come entrare in un tunnel. Si sa che è un tunnel, si sa che c'è l'uscita. Si sa. Ma non se c'è scritto all'entrata del tunnel quanto è lungo, si prosegue con la speranza che l'uscita arrivi presto. Poi la luce non compare. Un senso di angoscia, di oppressione comincia a pervadere la mente e il corpo freme. L'ansia sale e ci si chiede: "Perché ci sono entrata? Non potevo percorrere un'altra strada?" Ci si convince di poter scegliere. E ci si ritrova nel tunnel, la vita ci accompagna senza che ce ne accorgiamo. La domanda di Paolo è un tunnel. Francesca si è ritrovata al buio, di colpo. Nel buio della sua anima. Nella parte più oscura di lei, dei suoi pensieri, della sua vita. Sì perché è così. Chi è la vera Francesca. Il buio. La luce. Francesca è un grande deserto racchiuso in uno schermo. Con al centro un cubo enorme di vetro trasparente. Una semplice scala a pioli appoggiata su di un lato. Il destro. Un cavallo bianco vi galoppa intorno, senza sosta e senza provare stanchezza. Quando c'è tempesta di sabbia, Francesca si avvolge in un telo bianco, che le copre anche i capelli. Con la mano ne tiene un lembo sulla bocca, per non respirare la sabbia sollevata dal forte vento. Si mette al riparo sotto la scala, di lato al cubo. E immobile, pazientemente, aspetta che passi. Non ci sono fiori nel deserto. Solo cespugli che rotolano trasportati dal vento e, in base all'intensità dei suoi soffi, ora rotolano lenti, ora veloci. La tempesta c'è raramente. Il sole splende sempre e le stelle brillano di notte. Non si chiede se è contenta. Non si chiede se è triste. Vive. Desidera. Spera. Piange. Soffre. Spera. Cerca solo di non pensare troppo. Non sempre ci riesce. Se pensa entra nel tunnel. Se si chiede chi è la vera Francesca, non sa rispondere. Sa solo che lei vuole ridere. Vuole sentirsi bene. Desidera emozionarsi. Ha bisogno di nuovi stimoli, sempre. Si appassiona, si coinvolge, si strugge. Il passato lo vede come un capitolo chiuso. Tanti eventi iniziati e finiti. Tante vite vissute. Esperienze che le han lasciato il segno che ora fan parte del bagaglio che si porta nel presente e nel futuro. Un altro sorso, l'ultimo, piu' lungo. Il cappuccino è finito. Posa la tazza, mette anche l'altra mano in mezzo alle cosce, si sporge ancora più in avanti. Alza lo sguardo lentamente, fissa negli occhi Paolo, che con la mano giocherellava con il cucchiaino. Paolo trattiene il respiro, non sa davvero cosa aspettarsi in risposta. Francesca scoppia a ridere. Una grassa risata, rumorosa che dura qualche secondo. Smette di ridere, chiude gli occhi, respira profondamente e torna seria. Ora lo fissa con tenerezza. Gli sorride e con dolcezza gli dice: "Io sono così come mi vedi. Sono tutto e niente. Sono felice e triste. Sono dolce e severa. Sono romantica e bastarda. Sono viva e morta. Sono poliedrica. Sono un libro aperto e incomprensibile. Sono difficile da capire. Non mi si può definire in un modo o nell'altro, non mi si può rinchiudere o vincolare. Non mi si può dire cosa devo fare. Io mi sento sempre provvisoria, transitoria, precaria. Non metto radici al mio cuore, ma vivo di appartenenza"