L'ODORE DELLA NOTTE

Gianni!, anche tu “nostalgico”?


      
Morandi: "Non ho votato. Qui in Emilia siamo tanti più a sinistra di Renzi"Il cantante: «Se il premier fosse stato leader di un partito negli Anni Cinquanta, io e mio papà forse l'avremmo visto come un rivale politico»MILANO. Nemmeno Gianni Morandi ha votato, domenica scorsa per le elezioni in Emilia-Romagna. La sua confessione sorprende perché negli ultimi anni non ha mai parlato volentieri di politica e figuriamoci di voti: anche le pietre, intanto, sanno la sua storia orgogliosa di ragazzo figlio del ciabattino di Monghidoro, e di quei pomeriggi della domenica passati insieme a distribuire l'Unità a chi entrava nel cinema Aurora del paese.Si intuisce ora un fiotto di amarezza che gli esce dal cuore, in una serata nata invece tutta calda e affettuosa: all'improvviso le canzoni tacciono e si parla fuori dai denti della sua Regione che ha perso l'onestà; e di una parte nella quale si è a lungo riconosciuto ma che non è più la stessa: «Se ci fosse stato Matteo Renzi leader di un partito negli Anni Cinquanta, io e mio papà forse l'avremmo visto come un rivale politico».Che cambio di atmosfera, alla Eatery, mentre Morandi canta i settant'anni che arriveranno il prossimo 11 dicembre, festeggiati anche con un album di successi dal titolo prudente, «Autoscatto 7.0». Ma la musica, quando ha un senso, anche questo sa fare: confessa. Gianni racconta che da ragazzo la sua preferita era «Un mondo d'amore», il grande prato verde dei ragazzi che si chiamano speranza. Invece ora: «Per il disco, i titoli sono stati scelti dai 1 milione e centomila fans sulla mia pagina Facebook: la più votata, con un grande margine, è stata "Uno su mille". È una canzone che è un termometro vero di disagio, con il suo testo che fa "Se sei a terra non strisciare mai, se ti diranno che è finita non ci credere..."».Magari allora, nel 1985 quando la canzone fu scritta da Bardotti, proprio pensando ai tempi difficili che Morandi aveva appena passato con l'avvento del rock, ce la faceva uno su mille, caro Gianni Morandi: adesso quante sono le probabilità? La risposta arriva affilata e oscura per un attimo l'idea dell'emiliano giovialone: «Io dico che un momento così non se lo aspettava nessuno in Italia. Non c'è qualche spiraglio, qualche speranza vera a cui appendersi, qualche luce lontana alla quale ispirarsi, a parte le parole che dice ogni tanto Papa Francesco». Il tempo di un sospiro, di rendersi conto che, con la sua storia e il suo mestiere, ha il dovere del tiramisù. E allora prosegue: «Ma io sono ottimista, credo nei giovani, credo che salveranno l'Italia e non solo».In realtà, la delusione per la sua Emilia brucia ancora: «Un mese prima delle elezioni è successo lo scandalo in Regione. Sembrava che a casa nostra non succedessero queste cose, invece anche loro alla fine hanno messo le mani nella marmellata. Ecco, io sono uno di quel 63 per cento che non è andato a votare: ma forse anche perché davo per scontato l'esito, pensavo che alla fine Bonaccini avrebbe vinto e forse non c'era bisogno di grande sostegno». Rimarca che è stata la prima astensione della sua vita: «Certo che ci rimani male. Non so se è Renzi che non ha portato la gente a votare, però in Emilia c'è uno zoccolo duro che sta un po' più a sinistra di lui».Certo, caro Morandi, la politica di sinistra è molto cambiata... Sorride, riprendendo le sue memorie doverose da compleanno rotondo: «Nella mia vita ho fatto un'excursus ben lungo. Da Togliatti, che mi fa sempre pensare a mio padre quand'ero bambino, a Berlinguer che è stata l'ultima grande figura del partito, uno veramente meraviglioso, serio, sobrio, da classe dirigente... E poi, c'era sempre Andreotti: ci ho convissuto per 45 anni. Lui era ministro e io cantavo a Canzonissima, lui era primo ministro e io continuavo a cantare...».Marinella VenegoniLa Stampa, Giovedì 27 Novembre 2014