CINEMA E LIBRI

Una promessa


Il cinema romantico è il più maltrattato, il meno curato, il più banale.Il cinema romantico è il più difficile da fare, il più complesso da rendere e uno tra i più seri da affrontare. Patrice Leconte ha l’indubbio merito di affrontarlo molto seriamente con Una promessa (ma non è la prima volta nella sua carriera), non vuole svilirlo con lo smielato, il banale e l’accattivante, nè vuole cercare un realismo moderno che stonerebbe con l’adattamento del romanzo Viaggio nel passato di Stefan Zweig. Sceglie di realizzare un film in costume che guardi i sentimenti da fuori, cercando scrutare ogni gesto o movimento rivelatorio dei personaggi.In Una promessa l’amore infatti non si manifesta mai, non si dichiara se non a mezza bocca, non è sbattuto in faccia allo spettatore, è semmai suggerito. È evidente fin dall’inizio il triangolo che si instaurerà tra i personaggi (siamo tutti spettatori smaliziati, sappiamo bene che un uomo e una donna che si incontrano in un film finiscono per provare sentimenti amorosi), Leconte non fa finta di non saperlo, così invece che raccontarlo a parole lascia che il suo film sfrutti l’interesse dei piccoli gesti ordinari, lascia che sia il pubblico a cercare avidamente nelle inquadrature, nella recitazione, nei gesti e nelle esitazioni un dettaglio rivelatorio.L’inganno non può durare molto e già la seconda parte del film si basa sull’amore svelato, tuttavia c’è un’economia di gesti sentimentali che ricorda la freddezza di facciata di Jules e Jim, il pudore dei sentimenti che è caratteristica del più raffinato cinema romantico, quello che non cavalca i preconcetti già presenti nella testa degli spettatori ma cerca di sorprenderli con la più eterna e nota delle storie.