Cinzia Cucco

Cambiare rotta


Cambiare rottaNon credo che il capitalismo in sé sia una cosa negativa, credo solo che non sia possibilie ragionare in termini di sfruttamento. Esistono delle realtà economiche e finanziare che fondano il loro operato sulla sostenibilità, e non sullo sfruttamento e su mercati illeciti. Non solo la natura si sta ribellando contro lo sfruttamento miope da parte dell'uomo, ma anche il mercato così come è concepito ha fallito il proprio obiettivo. È chiaro che non si può tornare indietro. La tecnologia è utile, ma è bene inistere sulle fonti alternative di energia, propugnare la raccolta differenziata, concepire i piani regolatori e l'urbanistica in modo che si tenga conto delle esigenze delle famiglie, ragionare in termini di comunità solidali e perseguire il benessere di tutti (non solo economico). Dal momento che l'uomo è ancora un animale sociale, preferire sempre l'aggregazione, non delegare sempre e solo agli oggetti, in quanto è la condivisione del lavoro che rende meno duro quest'ultimo, mentre la solitudine è sempre aberrante e da sempre gli uomini hanno vissuto in gruppiti Al centro di tutto non dovrebbe essere l'accumulo di denaro, ma il reale benessere degli individui, le pari opportunità, la lungimiranza, il buon senso, il lavoro sia nell'accezione intellettuale che fisica. I bambini, col loro modo di essere e di agire, ci costringono a capovolgere le prospettive perché vivono fuori dal tempo secondo ritmi che in ultima analisi sono quelli della natura, sono il microcosmo nel macrocosmo. Appena nati essi ci costringono a dare loro attenzioni continue perché solo così possono sviluppare un'affettività sana, posseggono l'istinto prensile perché per millenni sono stati sempre portati addosso dalle madri, non vedono se non alla distanza che intercorre tra le braccia della madre e lo sguardo di quest' ultima e gradualmente si aprono al mondo. Come è conciliabile tutto questo con dei ritmi di vita frenetici, spersonalizzanti, avulsi dalla stessa natura umana? Gli esseri dovrebbero appropriarsi della dignità che dà il lavoro (e non le logiche di potere), il contatto con ciò che è dentro e fuori l'individuo, quindi con la natura, con gli altri, con la realtà fenomenica. Quest'ultma spesso ci sfugge, perché per i tre quarti dell'esistenza viviamo nell'affanno continuo. Da piccoli siamo in grado di percepire la realtà così com'è, riprendendo questa capacità solo da anziani, quando ci accorgiamo di quanto ci siamo persi nel corso della nostra vita e, in un anelito di  nostalgia, cerchiamo di recuperare il tempo perduto con i nipoti. Ne vale la pena? Non è il caso di cambiare rotta, abbandonare il cinismo della nostra società e incominciare, una volta per tutte, a vivere? Vale la pena di vivere tutte le stagioni della vita, recuperare i rapporti veri, godere dei frutti del prorpio lavoro, non usare il corpo e la mente a orari; è possibilie raggiungere questo obiettivo? C'è tanta gente che si batte per questo, è necessario che le coscienze si sveglino dal torpore in cui sono precipitate in nome di un finto benessere. ConclusioniSe colmiamo i nostri figli di tutto ciò che serve da un punto di vista affettivo, essi diventeranno degli adulti indipendenti e responsabili. Abbiamo perso ogni contatto con quelle che sono leggi di natura. Se un neonato non sa camminare e dipende del tutto dalla madre, quest'ultima dovrà tenerlo in braccio e dargli tutte le rassicurazioni di cui ha bisogno. Le reali necessità non sono di tipo consumistico bensì di natura affettiva e il fatto che il bambino chieda il seno per ragioni che non sono solo di tipo nutrizionale la dice lunga su quanto sia complessa la nostra natura. A dimostrazione di ciò è il fatto che quando si hanno dei problemi relazionali con i genitori essi vengono incanalati nel rapporto col cibo e col sonno, rapporto che diventa, in questo modo, conflittuale. Guarda caso, nel lattante, sia la richiesta di cibo che la richiesta di sonno, sono colmate dalla suzione. Quando il neonato comincerà a staccarsi dal genitore per esplorare l'ambiente circostante libero di  dovrà essere lasciato libero di farlo e i bambini più grandi dovranno essere responsabilizzati nei confronti dei più piccoli. Nella nostra società si arriva a trent'anni in modo totalmente dipendente dai genitori i quali, non avendo potuto dare sfogo al bisogno di reale contatto con i figli, cercano di tenerli legati a sé stessi con la scusa che per andare via da casa bisogna avere necessariamente tutto da un punto di vista materiale. Riguardo al portare i neonati sulla schiena, come fanno le donne delle civiltà tradizionali, non essendo abituati noi occidentali ad essere portati, non abbiamo i muscoli posturali tipici dei portatori di bambini per cui, tutte le volte che metteremo i piccoli sulla schiena, faremo più fatica delle donne sopra menzionate. Ciò che conta è che, pur con i nostri limiti, cercheremo di soddisfare le reali esigenze del neonato il quale, più sarà tenuto in braccio, più diventerà forte diventando in grado di gattonare già dai sette mesi. Noi occidentali dovremmo imparare a non ragionare solo in termini di gerarchie sociali o di potere, bensì intermini di rispetto della persona umana e di rispetto della natura, perché solo se sappiamo dare ascolto a ciò che conta veramente possiamo avere l'equilibrio necessario per affrontare il mondo. Riguardo ai bisogni delle madri esse non dovrebbero essere lasciate da sole nell'assolvere al loro compito ma dovrebbero essere supportate da altri sia perché, soprattutto se si allatta al seno, è davvero difficile conciliare tutto, sia perché è normale aver bisogno di rapportarsi ad altri adulti. Inoltre lavorare e parlare con altri adulti impedisce l'instaurarsi di un approccio "bambino-centrico" che porterebbe quest'ultimo a non saper fare a meno di    essere sempre al centro dell'attenzione. Si dovrebbe fare in modo di trovare dei rapporti interpersonali i dei rapporti di collaborazione solidale che oltrepassino i confini familiari, insomma si dovrebbe fare in modo di trovare la propria tribù, il villaggio atto a crescere il proprio bambino.  BibliografiaRenggli, F., L'origine della paura, Magi edizioni, 2005.Van Gestel JP et al., Risks of ancient practices in modern times, "Pediatrics", 2002Dec;110(6):e78. http://www.bellicomeilsole.it/a_26_IT_394_1.html, consultato il 19/04/10.www.cestres.it Le cure materne nel contesto migratorio: la quotidianità di un gruppo di donne nigeriane a Terni, tesi della dott.ssa Cinzia Paolucci, consultato il 19/04/10.www.bambinonaturale.it, consultato il 19/04/10.Buenaventura, D., Storia dell'infanzia, Bari: Edizioni Dedalo2002.Van Sleuwen, et al., Comparison of behaviour modifi cation with and without swaddlingas interventions for excessive crying. 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