ETICA del COMMERCIO

Post N° 12


MERCATO E DEMOCRAZIA SE IL CAPITALISMO DEMOCRATICO COMPETE CON QUELLO AUTORITARIO di CORRADO PASSERA (Consigliere delegato di Intesa Sanpaolo) da IL SOLE 24 ORE del 30/05/08 Nella tradizione del pensiero liberale e nella stessa storia occidentale, da più di due secoli e mezzo siamo abituati a considerare naturale e imprescindibile il rapporto tra mercato e democrazia. Anche se nel passato ci sono state numerose forme di capitalismo "autoritario", cioè sviluppatesi in assenza di democrazia o con forme di democrazia e di libertà civili molto limitate, il binomio capitalismo-democrazia finora aveva sempre avuto la meglio, anche attraversando esperienze devastanti come le guerre dello scorso secolo. Oggi non sembra più così. Il dinamismo del capitalismo democratico, fatto di crescita vigorosa, coesione sociale, welfare, diritti civili, libertà di informazione e di espressione, mobilità sociale, appare aver perso la sua spinta e si mostra quasi inceppato. Altri modelli sembrano affermarsi come vincenti, in particolare in quelle aree del mondo tese verso obiettivi di forte crescita come condizione di riscatto da una situazione di sottosviluppo e povertà. La democrazia, come noi la intendiamo in Occidente, non sembra più essere indispensabile per il successo di un Paese: anzi, talvolta sembra essere un impedimento, o un lusso che non sempre ci si può permettere. Ma non dobbiamo in nessun modo farci tentare da una scelta alternativa tra mercato e democrazia. Per affrontare le grandi sfide che abbiamo davanti a noi, abbiamo bisogno di più mercato e, insieme, di più democrazia, contemperando competitività e coesione sociale. La globalizzazione genera grandi opportunità ma mette in discussione i sistemi di equità vigenti nei nostri paesi e minaccia lo spazio delle sicurezze sociali. Al contrario, le società più solidali sono state in molti casi anche quelle con maggiore dinamismo sociale e crescita economica. Non dimentichiamoci mai che solo il 15% della popolazione mondiale vive in Stati di democrazia sostanziale e, non a caso, quegli Stati sono anche quelli a più alto sviluppo economico e a più alto benessere diffuso. «Mercato e democrazia» è il binomio scelto quest’anno come tema del Festival dell’Economia di Trento. E in tale contesto l’ordine (prima mercato, poi democrazia) non sorprende. In realtà, però, la democrazia viene prima: il mercato, infatti, per essere forte ed efficiente, ha bisogno di una democrazia forte alle spalle. La democrazia è fondamentale per la sopravvivenza e la prosperità di un’economia di mercato, perché porta alla creazione di istituzioni che difendono i mercati, che li proteggono dalle spinte auto-distruttive insite nella loro stessa natura, ne correggono i fallimenti e le distorsioni. Senza quelle istituzioni, quei sistemi di leggi, quegli apparati di controllo e indirizzo chiamati ad applicarle, quei sistemi di protezione sociale che rappresentano una componente fondamentale della democrazia sostanziale, il mercato, lasciato a se stesso, imporrebbe la sua legge spesso crudele e iniqua, il suo darwinismo sociale fondato solo su rapporti di forza. Non solo la coesione e il dinamismo sociale sarebbero messi a rischio, ma la stessa efficienza economica risulterebbe indebolita. Chi ha maggiore potere di mercato riuscirebbe a comprimere la concorrenza, a imporre posizioni di monopolio. Beni e servizi collettivi di fondamentale importanza quali l’istruzione, la salute, la giustizia, la sicurezza non troverebbero nel mercato, o solo nel mercato, il luogo ottimale per essere assicurati alla società. Per tutte queste ragioni, e nel rispetto reciproco, la democrazia deve avere il primato rispetto al mercato. La politica e il suo esercizio democratico, tuttavia, per poter meritare tale primato devono essere all’altezza del proprio compito nei confronti del mercato. Un compito sempre più difficile, per tante ragioni. Anzitutto il mercato cambia rapidamente e continuamente, mentre spesso i tempi della politica non sembrano essere in grado di tenere il passo. Il mercato è sempre più globale, mentre la politica ha una dimensione che è rimasta di solito confinata a livello nazionale, quando non addirittura locale. Il mercato, infine, assume crescenti connotati che potremmo definire "aggressivi", esprimendo attori sempre più potenti e finendo così per aumentare la sua forza negoziale nei confronti della politica e creando in taluni casi commistioni pericolosissime. Di fronte alle sfide poste da una globalizzazione trainata dalla rapida apertura dei mercati, una democrazia che disattende i suoi compiti, rimanendo indietro soprattutto sul terreno delle decisioni, è una democrazia fragile che finisce per subire gli inevitabili costi della globalizzazione senza saperne cogliere le grandi opportunità. In Italia il nostro assetto democratico sta soffrendo da troppo tempo di una vera e propria paralisi: sbloccare il processo decisionale è dunque la priorità numero uno del Paese. Il problema di molte democrazie appare proprio quello di consolidare e aumentare il potere dei governi perché essi siano in grado di rispondere più rapidamente ed efficacemente alle crescenti domande provenienti da tutte le componenti delle società che rappresentano. Ridare capacità decisionale alla democrazia non ha nulla a che fare con restaurazioni autoritarie, ma significa salvarla da una situazione di stallo. Una democrazia che non decide, che rimane imbrigliata in una paralizzante ragnatela di veti, è una democrazia che non funziona, che scarica sui cittadini costi altissimi e diffonde sentimenti di sfiducia. Se non dovessimo riuscirci il rischio è grandissimo. La storia ci dice che, là dove la politica non è all’altezza dei suoi compiti, nascono l’antipolitica e derive antidemocratiche di varia natura. Talvolta, proprio a causa dell’incapacità della politica di rispondere ai bisogni della società si arriva a perdere la democrazia, per vie antidemocratiche o talvolta, paradossalmente, per vie addirittura " democratiche". Libertà economica (mercato) e libertà politica (democrazia) sono pertanto due beni preziosi che devono alimentarsi e prosperare insieme. È dunque essenziale riavviare una fase di crescita economica sostenibile. Qualcuno guarda con invidia alle non-democrazie che crescono più di noi. Dobbiamo crescere di più anche noi: sappiamo di poterlo fare agendo contemporaneamente e con decisione su tutte le leve della competitività, della coesione e del dinamismo sociale. Le dimensioni nazionali appaiono comunque poco efficaci nel fronteggiare le sfide della globalizzazione, mentre assistiamo al sopravanzare di nuove realtà geopolitiche di dimensioni e vitalità impressionanti anche se spesso in notevole ritardo sul terreno degli assetti autenticamente democratici. Occorre pertanto rilanciare il disegno europeista e accelerare il completamento della costruzione del mercato unico europeo. E diventato urgente fare dell’Europa uno spazio compiuto di democrazia, dotato di tutti gli strumenti politici necessari a governare questo mercato nella competizione globale. Ma non basta: è urgente fare dell’Europa non solo un’area di libero scambio, ma anche un’entità dotata di forza e responsabilità politica e di autentica legittimazione democratica. Occorre cioè fare dell’Europa un esempio su scala mondiale di come si possa coniugare al meglio mercato e democrazia. È un compito vasto e arduo che aspetta le classi dirigenti di molti Paesi, tra cui il nostro. «Più mercato e più democrazia», dunque, è l’obiettivo da raggiungere. Senza mai farsi prendere dal dubbio che esista un bivio che divide, anche a casa nostra, mercato da democrazia.