circolo del levante

Walter sa dialogare...


Alla sinistra va beneDa "La stampa" del 25/06/07Il presidente della Camera Bertinotti incorona Veltroni: strano che non sia stato scelto primaRICCARDO BARENGHIROMAMancava solo lui, cioè Fausto Bertinotti, a dare il via libera a Walter Veltroni. Ma adesso eccolo qui. Anche perché il suo ok c’era già da qualche anno, cioè quando ancora si doveva decidere chi sarebbe stato il leader dell’Unione che avrebbe sfidato Berlusconi: e l’allora segretario di Rifondazione comunista disse nei suoi colloqui privati che scegliendo Prodi «abbiamo perso l’occasione. Avevamo il cavallo buono e invece l’abbiamo lasciato nelle scuderie...».E oggi, è ancora buono quel cavallo oggi? Secondo il presidente della Camera sì, eccome. Buono come «leader del Partito democratico e pure come candidato premier del centrosinistra». Anche se su questo secondo aspetto la prudenza è d’obbligo: «E’ evidente che non basta un Principe, servirà discutere del programma, dei contenuti, della nuova legge elettorale...». Però è evidente che con Veltroni Bertinotti si sente a suo agio.Spiega infatti che il sindaco di Roma «è un personaggio che parla un linguaggio nuovo, un politico che anche se ha superato i cinquant’anni si propone come uno di nuova generazione, capace di raggiungere punte di consenso popolare incredibili». Insomma, «una grande novità, un candidato così naturale che semmai è bizzarro che non sia stato scelto prima». Stiamo parlando, per ora, di Veltroni come segretario - anzi presidente - del Partito democratico. Un partito che Bertinotti, al contrario di quel che si potrebbe pensare, vorrebbe forte e ben definito. «Ben venga il Pd, e lo facessero pure presto. Walter gli può dare quel profilo nettamente riformista che serve anche alla sinistra alternativa per potersi a sua volta caratterizzare e lanciare la sua sfida. Col suo arrivo nel Pd - spiega il presidente della Camera ai suoi interlocutori - si convinceranno anche quelli ancora titubanti che la cosa giusta da fare nel nostro campo è la Cosa rossa».E qui tocca aprire una parentesi, perché il leader storico di Rifondazione continua a dimostrare la sua insoddisfazione per la lentezza di tutta l’operazione. Non gli è piaciuta per niente la polemica aperta dal gruppo dirigente del suo partito nei confronti di Liberazione che martedì scorso aveva commentato la conclusione della assemblea della Sinistra europea col titolo «Oltre Rifondazione?». Bertinotti, quel punto interrogativo l’avrebbe addirittura tolto, figuriamoci quanto piacere gli ha fatto la lettera del responsabile organizzativo Francesco Ferrara che rimproverava al direttore Piero Sansonetti di non rispettare la linea del partito. Un richiamo all’ordine che non ha gradito né nel metodo né nel merito: «Se non hanno capito che siamo già oltre Rifondazione, allora non hanno capito niente di quello che ho detto finora».Chiusa la parentesi, eccoci a Veltroni candidato premier. Qui Bertinotti si fa appena appena più prudente per due ragioni. La prima è che chissà quando si andrà alle elezioni, e soprattutto se ci si andrà con l’attuale Unione; la seconda è che con lui la sinistra radicale dovrà discutere di tutto, proprio per evitare di ritrovarsi nella stessa situazione di oggi che vede uno scontro aperto tra la Cosa rossa e il cosiddetto timone riformista del governo. Tuttavia, il presidente della Camera sottolinea che «con Veltroni a Roma, il mio partito ha avuto sempre riconosciuto il suo ruolo». Spesso nota le differenze tra la gestione romana e quella bolognese: «Nella capitale il sindaco si è sempre comportato in maniera dialogante. Magari ha anche chiamato le ruspe per sgomberare i campi nomadi, ma non prima di aver trovato un’intesa. Ha sempre lavorato per stemperare le tensioni sociali». E non a caso definisce la politica del Campidoglio «il laboratorio Roma».Insomma ce n’è abbastanza per capire che anche da Rifondazione arriva il via libera al sindaco d’Italia, tanto che lo stesso Giordano sottolinea la sua «antica amicizia con Walter. Lui è il candidato più autorevole, non solo per il Pd ma anche per Palazzo Chigi. E chi sostiene che noi soffriamo la sua discesa in campo, dice una sciocchezza: lui è il nostro interlocutore ideale, ognuno si tiene le rispettive identità ma si lavora su un programma comune con uno che sa mediare». Analoga la posizione del grande amico di Veltroni, Fabio Mussi: «A noi della Sinistra democratica interessa che il Pd non fallisca e penso che al Pd interessi il successo di una nuova aggregazione a sinistra. Perché se anche una sola di queste due gambe non camminasse, vincerebbe Berlusconi».v Un panorama dunque idilliaco, arriva il salvatore della patria e tutti, dal centro alla sinistra, applaudono felici? Fino a un certo punto, Giordano un paio di avvertimenti li lancia: «Sappia Veltroni che noi non accetteremo mai forme di semplificazione della rappresentanza». In altre parole? «No all’elezione diretta del premier e no a una legge elettorale col doppio turno». In poche parole? Proprio le due riforme che Veltroni considera decisive per poter fare il premier.