Civis

Liste civiche, sparpagliati al voto


Le prossime elezioni amministrative del 5 giugno interesseranno 1363 comuni dei quali 1209 con popolazione fino a 15 mila abitanti (fonte www.tuttitalia.it). Le vicende politico/elettorali di quest'ultimi sono pressoché ignorate dai principali media; è comprensibile che le elezioni in centri con poche migliaia di abitanti non facciano notizia a livello nazionale ma ciò non spiega il disinteresse per questi comuni complessivamente considerati. Sarebbe opportuno parlarne, infatti essi rappresentano circa il 90% dei comuni italiani (il 40% della popolazione) e, come ricordato, la maggioranza dei comuni interessati alla prossima scadenza elettorale. Nei comuni fino a quindicimila abitanti risalta, più che in altri, la quasi totale assenza dei partiti nazionali a cui corrisponde un proliferare di liste civiche.In Campania nei 126 comuni al voto, per la fascia di popolazione considerata, i partiti nazionali sono pressoché assenti. Il proliferare delle liste civiche non è una novità e riguarda tutte le regioni. Insomma è la crisi dei partiti, che è politica ed etica prima che organizzativa, che ha avviato un movimento centrifugo che esalta i localismi.Le segreterie dei partiti nazionali non sembrano affatto preoccupate del fenomeno; pare abbiano adottato il criterio “dividi et impera”. L’importante è che i notabili portino pacchetti di voti quando occorrono (elezioni regionali, politiche, …). Risulta paradossale che, in alcune località, si scontrino liste i cui esponenti aderiscono allo stesso partito nazionale e non mancano politici regionali e nazionali che prodigano per sostenere una lista civica. Questi  comportamenti, in condizioni “normali”,  sarebbero stati considerati autolesionistici, come segare il ramo su cui si è seduti.È difficile spiegare il generale disinteresse per il fenomeno che potrà essere diversamente considerato ma di cui difficilmente si potrà affermare la positività. Infatti se da una parte la rinuncia dei partiti appare poco lungimirante d’altra parte è arduo ritenere che una comunità di poche migliaia di persone pensi di trovare esclusivamente in se stessa le risorse, la progettualità e gli strumenti necessari per ricercare il benessere collettivo.Al sud in particolare hanno trovato rinnovato vigore i notabili che, da l’unità in poi, hanno gestito il potere locale basandosi sul familismo e le clientele; insomma un “eterno passato” che sopravvive pressoché incontrastato. Le liste civiche rappresentano, al tempo stesso, il risultato e la causa di una mentalità chiusa che è alla base dell’arretratezza civile, sociale ed economica.Sono i notabili a creare le liste, a determinarne gli obiettivi, a scegliere i candidati fra i loro seguaci e tutti, dalla vittoria elettorale, si attendono un compenso personale. Così si aumenta il populismo e l’unico valore premiante è la fedeltà a discapito del merito. Tale sistema provoca la divisione dei cittadini in fazioni contrapposte i cui componenti devono dimostrare fedeltà incondizionata al capo; chi non si aggrega diviene un cittadino emarginato.Oggi che le sfide sono sempre più globali e complesse, le opportunità più contese e difficili da cogliere avanzare sparpagliati sembra il modo migliore per soccombere.Potremo contare, non dico nel mondo, ma in Europa presentandoci come un “blocco” di circa settemila partiti dei sindaci? Questa frammentazione che, si badi bene, non è solo politica costituisce un fardello che pesa sulle spalle della parte più responsabile ed attiva di questo Paese.