CALICI DI STELLE

DISCRIMINAZIONE PER LA DONNA LAVORATRICE CHE VUOLE UN FIGLIO


In un anno difficile per le famiglie italiane, costrette a tirare la cinghia, ben 37.611 lavoratrici hanno deciso di dimettersi. Il motivo? Hanno avuto la sciagurata idea di diventare mamme. Una storia che va avanti da anni, nel silenzio generale.Chiara aveva deciso di avere un secondo figlio. Apriti cielo. Il suo datore di lavoro, attraverso un emissario come se fossimo nella Londra della rivoluzione industriale dei racconti di Dickens, l’ha affrontata con una minaccia da malvivente: «Non dovevi, adesso sul lavoro per te sarà un inferno. Meglio se ti dimetti…». Questa storia, badate bene, non è avvenuta in qualche zona grigia della Calabria dove nei luoghi di lavoro si incrociano ordini dei boss malavitosi e lavoratori sfruttati e in nero: no, siamo nella ricca e civilissima Lombardia. Epicentro della locomotiva industriale italiana. E la denuncia non è partita per via anonima o in qualche scantinato delle fake news: no, è stata pubblicata e verificata dal Corriere della Sera. Se fate qualche sondaggio tra persone che conoscete, se allungate l’occhio e l’orecchio nell’universo del lavoro femminile, non dovrete faticare più di tanto per scoprire la verità di uno spreco, umano e sociale, che dovrebbe farci arrossire tutti come italiani: i paletti per ostacolare il mestiere di mamma e di lavoratrice. È come se fossero incompatibili. E, a parte casi di autentica violenza come quello di Chiara, ci sono pochi, essenziali numeri che dicono tutto.L’Ispettorato del Lavoro ha contabilizzato 49.451 dimissioni sul lavoro nel 2018, con un aumento del 24 per cento rispetto al 2017, di mamme o padri. I due terzi sono donne che hanno scelto di vivere la maternità e sono state di fatto costrette a rinunciare al lavoro. Se abbinate questo spreco scandaloso all’altro lato della medaglia, ovvero il calo demografico e la diminuzione delle nascite, farete un’altra scoperta interessante. O meglio, avvilente. Sempre nel 2018 sono nati in Italia 449mila nuovi bambini, questo significa che siamo arrivati a 11 dimissioni dal lavoro di genitori ogni 100 nascite. Insomma: nonostante la valanga di promesse, di annunci e di dichiarazioni da anime belle, che arrivano dalle catacombe della politica fuori giri e sempre più distaccata dalla società, alle donne che lavorano, in Italia, non è consentito fare figli. E questo spiega, meglio di qualsiasi indagine sociologica, il motivo per il quale 5,5 milioni di donne italiane (il dato è dell’Istat), tra i 18 e i 49 anni, non diventano madri. Non possono permetterselo.Nel frattempo ci sono sempre più donne che reggono la baracca: in 1 milione di famiglie italiane, anche per effetto della Grande Crisi, lavorano soltanto le donne; le stesse che poi, in casa, si fanno carico del peso quasi integrale del lavoro domestico e della cura dei figli (72 per cento rispetto a un misero 28 per cento di maschietti pronti a collaborare) e le stesse che ingoiano, sempre sul lavoro, stipendi più bassi rispetto agli uomini, circa il 30 per cento. Una somma di sprechi.