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Articolo 18: c'è una questione morale?

Post n°10 pubblicato il 01 Aprile 2012 da claudionegro50
 

Ogni tanto tra i corruschi preparativi bellici della battaglia contro la cancellazione dell'art. 18 qualche vocina osa dire: ma siete sicuri che sia così importante? Se la CGIL stessa ci dice che la cause da lei intentate ex art. 18 negli ultimi 5 anni hanno prodotto soltanto 300 sentenze di reintegro, e di queste ben 230 si sono concluse con la rinuncia al reintegro da parte del lavoratore in cambio dell'indennità complessiva di 17 mesi prevista dall'art. 18 stesso..?

La risposta militante è, naturalmente: sono questioni di principio non trattabili! Il diritto al lavoro non si monetizza!

Ma altrettanto naturalmente la realtà smentisce la verità militante: il lavoratore licenziato preferisce evidentemente di gran lunga il risarcimento economico ad un posto di lavoro che sarebbe ormai impraticabile tanto per sé quanto per il padrone. Ma il lavoratore non può chiederlo il risarcimento: deve prima passare dalla sentenza di reintegro, che è l'unica scelta a disposizione del magistrato se intende dargli ragione nella causa di licenziamento. I più smaliziati e disposti al rischio tra i lavoratori anziché optare dopo la sentenza di reintegro per il risarcimento, aspetteranno qualche mese per poi contrattare col datore una buonuscita più sostanziosa dell'indennità prevista dall'art.18 a fronte di dimissioni volontarie.

Ma la sostanza non cambia: la sentenza di reintegro è la via obbligata per produrre quell'indennità economica che la prassi e il buon senso indicano essere il risarcimento più efficace per il lavoratore licenziato e una penalizzazione concreta per l'azienda licenziante.

E allora perchè non abbiamo una legge che lo consenta? Tra l'altro le cause potrebbero essere molto più brevi, o addirittura essere sostituite da arbitrati.

Credo che le motivazioni vadano ricercate nelle ragioni di principio di cui si diceva prima. Si sa che va così, ma occorre che il principio sia salvo!

Esiste una storiella, non so quanto vera ma verosimile appunto perchè paradossale, che fotografa una situazione analoga a quella di cui stiamo parlando in un contesto di morale cattolica (contesto non lontanissimo, dal punto di vista dell'atteggiamento culturale, da quello della sinistra classista).

Dunque: occorre fare un' analisi dello sperma in una coppia molto osservante, probabilmente per problemi di infertilità; come ottenere questo sperma? Il modo più ovvio e intuitivo è escluso: trattasi di onanismo che la Chiesa condanna. Un rapporto tra marito e moglie con il profilattico, per raccogliere un campione? No: la Chiesa non consente il rapporto protetto. Dunque? Semplice: un rapporto con il profilattico sì, ma bucato; nel profilattico rimarrà abbastanza sperma da permettere gli esami. Il principio è salvo, e il prezioso campione acquisito.

Il reintegro e il profilattico bucato svolgono la medesima funzione.

Sull'art. 18 bisogna dire molte altre cose e lo farò, ma per carità, niente questioni morali o di principio!

 

 
 
 
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