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LE FOIBE: LA STORIA COME "SPIEGAZIONE"

Post n°112 pubblicato il 17 Febbraio 2021 da claudionegro50
 

Vorrei fare chiarezza circa quel che penso a proposito della Giornata della Memoria delle Foibe, perché ho avuto parecchie discussioni con persone che considero amici e dei quali ho stima sul piano politico. Il casus belli è stato la copiosa raccolta e citazione di documentazione (ineccepibile) circa le malefatte dei reparti Italiani ai danni della popolazione slovena, civile e no. Informazione giusta sul piano storico ed etico. Nessun desiderio di contestarla, anzi dovrebbe diventare più di comune dominio di quanto già sia. Ciò detto, sul piano dell'oggettività storica, scendiamo al piano dell'utilizzo politico che si fa dell'oggettività storica.

Non ovviamente nel senso che la verità storica vada ripulita a seconda dell'uso che se ne vuol fare, ma nel senso che venga utilizzata per fare propaganda finalizzata a scelte politiche che han bisogno di consenso ideologico, o a creare una giustificazione per azioni in sé poco accettabili.

E' poi anche vero che nella storia c'è un intreccio inestricabile di causa-effetto per tutto ciò che accade; ma sospendere un giudizio etico e politico su qualsiasi fatto invocando la giustificazione che è stato causato da qualche fatto precedente potrebbe portare alla negazione di un giudizio ragionevole su tutto ciò che accade. In fondo il nazismo nacque in gran parte come reazione nazional-patriottica alla conclamata ingiustizia dei Trattati di Versailles; i Lettoni, i Lituani, gli Ucraini che hanno accompagnato l'avanzata della Wehrmacht in URSS hanno compiuto stragi orribili, per vendicare quelle compiute dai bolscevichi negli anni '20 durante la conquista da parte dell'Armata Rossa dei loro Paesi.

Mi sembra che in parte questo sia anche il nostro caso: le stragi titine sono state indubbiamente anche una reazione ai crimini di guerra italiani, ma a dir la verità anche croati (vedi Ante Pavelic) molto meno enfatizzati forse perché Tito era appunto Croato e quindi non era opportuno identificare una responsabilità nazional-collettiva come per gli Italiani. Perché questo è l'aspetto più difficile da comprendere e giustificare dei massacri delle foibe: poco da dire se avessero impiccato gli ufficiali e chiuso nei gulag le camice nere e, al limite, i militari in genere, e se arrivando in Friuli e Venezia Giulia avessero fatto piazza pulita dei notabili fascisti. Ma nelle foibe finirono soprattutto persone colpevoli di essere soltanto italiane, definite per comodità collettivamente "fascisti": oggi la chiamiamo pulizia etnica e ci fa orrore. Se la fanno i Serbi in Bosnia e Kossovo li bombardiamo (giustamente) e li mandiamo come criminali di guerra al Tribunale dell'Aja. Se lo fa Tito nel '45 invece si trova la giustificazione, reale ma forse strumentale se la posta in gioco è in realtà l'espansione territoriale.

Però funziona egregiamente: il PCI per decenni additò gli esuli giuliano-dalmati come fascisti al pubblico ludibrio; negli anni '40 i treni che li portavano in Italia, venivano presi a sassate, i valorosi ferrovieri della CGIL facevano ginnastica antifascista bloccando i treni in stazioncine deserte, mentre i bravi cittadini vendicavano Marzabotto buttando nei fossi il latte preparato per i bambini. I Partigiani del PCI davano una mano ai colleghi Titini assassinando a Porzǔs i Partigiani contrari a consegnare il Friuli ai comunisti Jugoslavi.

Tutto passato? A giudicare da quel che leggo sui social, mica tanto: chiedo scusa ai miei amici e compagni che si sentiranno chiamati in causa, ma il fatto che per l'appunto ad ogni post che commemora le foibe e il dramma giuliano-dalmata si risponda con una (ineccepibile) documentazione sui crimini italiani in Slovenia non pare avere l'intento di ribadire una verità storica quanto di fornire un giustificazione; e non vale argomentare che non si tratta di giustificare ma di spiegare: qualsiasi cosa ha la sua spiegazione, come detto sopra, che però non esenta da un giudizio.

Se poi tanta indignazione per i nostri crimini si accompagna al totale silenzio circa il fatto che la maggioranza degli assassinati fossero civili vittime di pulizia etnica e circa l'atteggiamento ostile tenuto dal PCI, sorge il dubbio che più delle ricerca della verità storica si tenti una lettura della storia alla luce di una verità "data", che ha alla sua base le certezze elargite dal "socialismo scientifico", per cui, parafrasando il vecchio Richelieu, "chi ha fatto quel che ha fatto lo ha fatto perché lo prevede il socialismo scientifico". Teorema utile universalmente, perché non soltanto "spiega" le ragioni di Tito ma anche quelle di Stalin, quindi dalle Foibe alle fosse di Katyn al massacro dei Kulaky al genocidio dei Tatari di Crimea ecc.

Mi scusi chi non la pensa così (non lo infoiberò...) ma anche se Mussolini e Tito non sono sullo stesso piano (quanto meno Mussolini aveva cominciato lui!) nessuno dei due merita che la democrazia liberale lo giustifichi, anche se necessariamente deve conoscerne i perché e i percome.

 

 

 

 

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