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VIOLENZA SULLE DONNE; TUTTO QUELLO CHE NON SI DICE.

Post n°1145 pubblicato il 24 Novembre 2012 da abele.2005

di Maria Rosaria De Simone

Pure quest’anno l’Italia si ritroverà  a celebrare  il 25 novembre  come la giornata dedicata all’eliminazione della violenza contro le donne.

Pure quest’anno gli italiani si ritroveranno ad analizzare i dati impressionanti sulla  percentuale di donne che dall’inizio dell’anno hanno perso la vita in maniera drammatica e violenta per mano, molto spesso, dei propri compagni di vita.

Nel  2005  alcuni Centri antiviolenza e Case delle donne hanno iniziato a celebrare questa giornata. Ma negli ultimi anni anche istituzioni e vari enti come Amnesty International si sono affiancati attraverso iniziative politiche e culturali.

Ormai si possono contare centinaia di queste iniziative su tutto il territorio per contrastare il fenomeno della violenza di genere in tutte le sue forme.

Le leggi sullo stalking trovano esperti giuristi disposti a diffonderle e a renderle il più possibile attuative, con il contributo delle forze dell’ordine e di tutti quegli ordini professionali che sono coinvolti nella questione.

I mass media molto spesso denunciano le violenze ed informano sulla necessità di rompere il velo di omertà che ancora lascia ancora ampio margine alla violenza di compiere i suoi delitti. Da più parti arrivano le informazioni e le richieste alle donne che subiscono qualsiasi tipo di violenza, di sottrarsi ad esse attraverso la denuncia.

E le denunce spesso giungono numerosissime nei luoghi preposti, anche se gli esperti dicono che il sommerso è di sicuro ben maggiore rispetto alle denunce stesse.

Le donne denunciano. Le leggi sullo stalking esistono da tre anni. Eppure è ormai chiaro a tutti che, se la violenza continua ad imperversare, se dall’inizio dell’anno più di 120 donne hanno perso la vita, qualche cosa che non funziona c’è, eccome.

Quali possono essere le motivazioni?

Sarebbe molto importante conoscerle per poter intervenire, per modificare questa situazione incancrenita. C’è sicuramente bisogno di seri approfondimenti. Ma forse alcune linee su cui indagare è possibile tracciarle.

In primo luogo è molto probabile, anzi è un fatto acclarato, che i tempi della giustizia, elefantiaci, fanno sì che le denunce si perdano nella lentezza delle indagini e dei processi.

In secondo luogo mancano i fondi per i centri anti-violenza, mancano le garanzie per le vittime, che hanno bisogno di essere sostenute durante tutto l’iter processuale anche sul piano psicologico. Manca un serio appoggio, in definitiva, ai centri antiviolenza che, anzi, vengono guardati con sospetto e spesso osteggiati.

In terzo luogo manca un programma di recupero per gli uomini violenti, che molto spesso se la cavano con pene irrisorie, con nessuna limitazione della possibilità di reiterare.

Gli effetti sulle donne che denunciano le violenze e si ritrovano poi nelle maglie di una giustizia che non riesce a compiere il suo dovere, sono devastanti e, la No violence against women 342x227 Violenza sulle donne: tutto quello che non si diceloro ripresa, sul piano psicologico e morale, richiede tempi altrettanto lunghi.

Quando poi la violenza si affianca alla violenza assistita, cioè ai bambini testimoni o vittime essi stessi, la situazione si fa davvero più complicata.

Le madri che denunciano, infatti, si ritrovano, se l’ex coniuge può permettersi un certo tipo di avvocati che si fanno pagare a caro prezzo, ad essere accusate di false denunce, false accuse e compagnia bella.

Non solo, le loro accuse vengono dichiarate false, ma anche quelle che magari partono dai figli, già prostrati dall’aver assistito a scene che nessun bambino dovrebbe vedere. Gli stessi bambini dunque non vengono creduti. Una maniera per frenare le denunce delle donne e dei loro figli è quella della pseudo-malattia, di cui già abbiamo già altre volte  parlato, e che si chiama PAS.

Attraverso l’accusa di PAS le denunce vengono archiviate. Insomma, il dramma della violenza continua a mietere vittime e continua a nascondersi anche con l’aiuto di una certa giurisprudenza che si è rivestita di teorie psichiatriche che non hanno alcuna valenza scientifica, ma che servono a difendere i rei con il portafoglio pieno e a riportare nel silenzio le vittime.

Ma su un altro dato si dovrebbe avere il coraggio di riflettere. Un dato di cui si fa molta difficoltà a parlare e che è un punto assai dolente ed un tabù da superare.

Molte sono ormai le donne che in ogni campo ricoprono posti di potere e decisionali. Eppure, si può ormai affermare che, spesso, le donne non hanno portato nella politica, nella giurisprudenza, nelle discipline psicologiche, nei servizi sociali, quella ventata di cambiamento che avrebbe aiutato le donne a liberarsi dal peso di una violenza di genere. Le donne al potere, invece di mettere sul campo tutte le proprie peculiarità e le proprie capacità, invece di garantire i diritti dei soggetti più deboli si sono allineate a certe pratiche diffuse che dichiarano la donna stessa come falsa accusatrice di violenze, come soggetto alienante nei confronti dei figli, come persona capace di ridurre l’ex coniuge alla povertà assoluta reclamando assegni di mantenimento faraonici. La maternità non viene più tutelata. Non viene più riconosciuto basilare quel rapporto naturale che unisce madre e figlio, che la donna ha tenuto nel suo grembo. In nome di un egual diritto tra padre e madre, capita di frequente che i bambini vengano strappati dalle braccia delle madri in situazioni di grave disaccordo durante una separazione.

Difficile argomento questo, di cui parlare. Ma qualcuno deve pur farlo e deve pur togliere il velo dell’omertà. A rischio di numerose polemiche. Solo così si può crescere e si può sperare di contribuire ad operare un cambiamento serio all’interno della nostra società. Perché uomini e donne possano camminare insieme e condannare insieme ogni genere di violenza.

 
 
 
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