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FEDERICA CORSI


Omicidio di Cancello, pena aumentata per MontagnoliOMICIDIO DI CANCELLO. La madre della vittima esprime soddisfazione per la sentenza emessa dalla Corte d'Appello: «Lui non mi ha mai nemmeno chiesto scusa» I giudici di Venezia portano a 18 anni la condanna per Michele Montagnoli, che aveva ucciso Federica Corsi   20 novembre 2005: gli investigatori attorno all'auto trovata bruciata sulle colline di Cancello FADDAVerona. Quando ha sentito pronunciare il nome dell'ex compagno della figlia la voce per un istante si è strozzata. Ma alla notizia che la corte d'Assise d'Appello di Venezia aveva aumentato di nuovo gli anni di condanna a Michele Montagnoli, ritenuto responsabile della morte di Federica Corsi, strozzata e poi bruciata in auto a poche centinaia di metri dalla casa in cui vivevano a Caiò il 20 novembre 2005, ha avuto un guizzo. «Sono proprio contenta, guardi me lo ricordo quel mucchietto di ossa all'interno della macchina che Federica aveva da un giorno. Lo vidi ma non sapevo ancora che era lei e quell'immagine ce l'ho ancora davanti agli occhi. Lui non ha mai chiesto scusa, non mi fa pena, no. In questi giorni ci sono troppe persone che mi procurano dispiacere per come si comportano. Ma questa è una bella notizia». La decisione della corte di Venezia ribalta quella precedente: Montagnoli è stato riconosciuto responsabile di omicidio volontario. I giudici hanno «appesantito» anche la condanna per gli altri due reati e la pena finale si è attestata a 18 anni 5 mesi e 10 giorni. Una vicenda processuale complessa: rinviato a giudizio con l'accusa di omicidio aggravato il gup Giorgio Piziali condannò Montagnoli, al termine del processo celebrato con rito abbreviato il 26 gennaio 2007, a 16 anni per la morte di Federica Corsi, madre di due bambini, e a 4 anni per la distruzione di cadavere e l'incendio. Un quinto di secolo. In corte d'Assise i giudici alleggerirono la sua posizione: il reato cambiò e divenne omicidio preterintenzionale. Ritenendo che non voleva ucciderla, perchè in passato aveva già provato a stringerle le mani intorno al collo, si convinsero che la morte della donna non fosse un atto volontario e questo ridusse sensibilmente la pena che si attestò su 14 anni (10 anni e 8 mesi per l'omicidio e 3 anni e 4 mesi per gli altri due reati). Fu il procuratore generale Antonino Cappelleri ad impugnare la sentenza dinanzi alla Suprema Corte sostenendo la carente logicità sulla riqualificazione del fatto. Ribadì, nel ricorso, che l'azione di Corsi fu interamente volontaria ravvisando la presenza di un dolo diretto. Il ricorso per Cassazione fu presentato anche dai difensori dell'impresario edile, gli avvocati Paolo Tebaldi e Massimo Leva. L'impugnazione della procura generale fu accolta: la sentenza di secondo grado venne annullata perchè le argomentazioni a sostegno della nuova ipotesi di reato non furono ritenute congrue. E tutto tornò davanti alla Corte d'Assise d'appello. Al termine della discussione la condanna è «lievitata»: 14 anni e 5 mesi per la morte di Federica, 4 anni per la soppressione di cadavere e l'incendio. Ma, sostengono le difese, l'aumento di pena per i reati satellite non era previsto nell'impugnazione del pg che aveva obiettato solo la riqualificazione del reato più grave. E hanno annunciato un nuovo ricorso per Cassazione.