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Don Backy - Casa bianca


Un paese.... come centinaia nel nostro sud....case basse, bianche, a riflettere il sole estivo che, verso il tramonto, assume tonalità rossastre...Fine anni '50 o inizio dei '60..Lungo un marciapiede ampio si affacciano gli usci delle case....e davanti ad essi, a ciascuno di essi, sistemate delle sedie, a volte in circolo, altre volte solitarie, occupate da anziani che si apprestano a godere della frescura della sera ormai imminente...volti rugosi, scavati, di vecchi contadini e donne che possono raccontare storie intere, vestite di nero, fazzoletto - anch'esso rigorosamente nero - ad incorniciare il viso...Un bimbo cammina lungo quel marciapiede - età 8-10 anni - quando viene interloquito da una di queste vecchiette, seduta da sola davanti all'uscio...gli chiede la cortesia di andarle a comprare una bottiglia di vino. Il bimbo, educato all'antica, al rispetto degli anziani, esegue prontamente.Giunto a casa, racconta alla mamma l'accaduto e, con sorpresa, viene redarguito aspramente da quest'ultima...motivo: la vecchina era alcolizzata, lei la conosceva...era la mamma di una suora dolcissima che lo aveva seguito quando il piccolo andava all'asilo...la mamma spiegò al fanciullo che aveva fatto un danno e non un favore alla vecchina!Fu il mio primo approccio ad una diversa conoscenza delle cose...un episodio che ancora oggi ricordo con lucidità... intuii allora per la prima volta che la realtà ha diverse sfaccettature...Pare che in lingua giapponese esistano due termini per indicare la realtà...uno di essi indica la realtà per come la vediamo noi, l'altro indica quella che oggettivamente è... e, d'altronde a ciascuno di noi credo sia accaduto di avere percezioni differenti di una medesima piazza o strada: ci appare diversa a seconda che sia giorno o notte, ci sia sole, pioggia a nebbia...Quando si è innamorati di qualcuno, i difetti diventano pregi...quando odiamo qualcuno, i termini si invertono...Ho un modo di fare che è mio, e mio soltanto...fin dagli inizi, da quando ho aperto il blog, ho sempre pensato - e detto in numerosi post - che il mio intento era quello di parlare con le persone, capirle, essere amico...ed ho anche precisato che il metodo migliore per ottenere questo risultato mi sembrava essere quello di chi si presenta disarmato...in qualche caso ho usato una metafora, quella delle trincee: se ciascuno sta nella propria trincea col fucile spianato, non si arriverà a nulla...occorre che uno dei due si alzi, esca dalla trincea con le mani bene in vista, dimostrando di essere disarmato, per fare in modo che anche l'altro faccia altrettanto...certo, si corre il rischio di essere oggetto di fucilate, di essere feriti, ma qualche rischio occorre correrlo, se si vuole raggiungere un risultato!Io sono qui, coi miei metodi, il mio modo di pensare e di agire, con le mie sensibilità...posso sicuramente dimenticare un nome o un luogo, ma in tal caso si tratta di memoria, non di sensibilità, che invece va vista (andrebbe vista) nella scelta accurata delle parole, nei silenzi, nella volontà - e spero capacità - di non oltrepassare dei limiti, e nella volontà - e ancora spero capacità - di accettare critiche...Di certo, io qui ci metto la faccia, in tanti sanno chi sono, cosa faccio e tanto altro di me...e non sono in molti a poter dire la medesima cosa...io parlo ed ho parlato spesso di me e delle mie cose, apertamente e senza infingimenti, tranne il doveroso rispetto di nomi e persone coinvolte, e ancora non sono molte le persone che possono dire la medesima cosa...io non ho paura né di invitare, né di subire un rifiuto, ma sempre nella correttezza...Poi...ciascuno può interpretare le cose come crede, ma si tratterà della SUA realtà, non di quella oggettiva..."Ciascun dal proprio cuor, l'altrui misura"....