L'onda è il mare

Pagine di diario


IO DICO QUELLO CHE PENSO
 Né la contraddizione è indice di falsità, né la coerenza è segno di veritàBlaise PascalPrima di parlare domandati se ciò che dirai corrisponde a verità, se non provoca male a qualcuno, se è utile, ed infine se vale la pena turbare il silenzio per ciò che vuoi dire.Buddha  Capita di relazionarsi con persone che intercalano, a volte ossessivamente, l'asserzione: "io dico quello che penso"! (da un po' d'anni s'è aggiornata con il pletorico "senza se e senza ma"). Un luogo comune? Ne sono straconvinto! Però va molto di moda! Ascolto. Di primo acchito rimango perplesso e mi zittisco per gentilezza o per compassione. Non ci credo. Uno sbuffo di suono il suo dire, un tentativo di convincermi, inefficace.Io, invece, non riesco a dire tutto quello che penso. Infatti, non lo dico neanche al mio interlocutore, tant'è che non gli credo!Per mancanza di coraggio, per non contraddirlo, per eccessivo rispetto o per disistima, per incapacità dialettica, per paura di confrontarmi, per non perdere una relazione?Sto zitto, perché trovo l'affermazione inconsistente, vuota; anzi, mi suscita sospetti su chi la sbandiera.Sono un fedifrago, opportunista, buonista, pauroso, arrendevole?Semplicemente vaglio la situazione, tengo conto dell'interlocutore, soppeso le parole.In pratica, faccio tutto il contrario di quanto lui asserisce: cerco di pensare prima di dire. Così mi rapporto. In linea di massima. Di seguito, continuo ad ascoltare soppesando le parole. Il primo peso è il contenuto dell'argomentare. Qualcosa di importante o irrilevante? Parole che hanno una valenza o frivolezze? E qui il pensiero c'entra. Il secondo peso sono modalità e metodo del discorrere. E qui si fanno i conti con la capacità dialettica, le emozioni, lo stile. Qui il pensiero c'entra di meno, sono altri gli ingredienti. Il terzo peso, interferisce con i precedenti attraverso la correttezza di quanto si comunica. Siamo nel campo dell'opportunismo, della menzogna, della veridicità. Quanto narrato è attendibile? Vero o falso?Qui c'entrano il pensiero, il cuore, la nobiltà d'animo. Veridicità, da Verità. L'etimologia è incontrovertibile: a-lètheia (non nascosto, svelamento, ricerca). Meglio fermarci, ci porterebbe troppo lontano.Un concetto troppo serio in questi tempi di narcisismo esasperato. Un tempo che non si dà tempo per fermarsi, riflettere, leggere, studiare, approfondire, fare cultura. Un tempo veloce, che TRAVOLGE, che SRADICA, un tempo di slogan, mail, chat, post, tweet, hashtag, fake news, like, tag, link.E lo stile del discorrere? Provocazioni, battute ad effetto, travisamenti o alterazioni della realtà, accenti offensivi. Alzare i toni appare la strategia più convincente. Siamo nel guazzabuglio delle opinioni e spesso delle fantasie, se non delle sciocchezze.Le verifiche? Meglio svicolare, pretendono tempi lunghi e faticosi di ricerca.Come per i Sofisti greci, ogni individuo è criterio di una sua verità. Ogni individuo si considera detentore di una "opinione vera" (un ossimoro). LA SUA! Che botta di antropocentrismo!!!??? Siamo fermi ancora qui! E i proclami per un nuovo umanesimo? Per la salvaguardia del pianeta? La riscoperta ecologica, naturalistica, cosmica? La consapevolezza che siamo parte del tutto? Diverranno pensiero e parole anche "di chi dice sempre quello che pensa"???