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L'onda è il mare

Viaggio del cuore e della mente

 

 

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Pagine di diario

Post n°208 pubblicato il 20 Novembre 2019 da coluci
 

TUTTO È POSSIBILE

 

Due eccessi: escludere la ragione,
non ammettere che la ragione.

Blaise Pascal

 Questa cultura del limite mi piacerebbe
fosse recuperata dalla nostra cultura,

che non conosce limite al desiderio,

alla volontà di potenza, allo sviluppo tecnologico…

Umberto Galimberti

Daniele muore a 16 anni per una bravata. La lettera della famiglia: “ … la storia del nostro Daniele vi porti a ragionare prima di fare qualcosa di avventato”.

L’ammonimento è rivolto ad una società, sempre più adolescenziale, che rifiuta qualsiasi limite. Il limes, la pietra sacra romana che si frappone tra possibile e impossibile, tra appartenenze non sovrapponibili.

Ogni tabù, nel bene e nel male, è stato violato.
È tempo di
hybris, l’energia della competizione, della tracotanza. Sovrastare l’altro, senza ragione. Senza cultura, senza rispetto, senza pietà. Gli dei sono morti. I nuovi sacerdoti sono astuti e interessati guru che predicano, quasi fosse vero, lo sconfinato potere delle capacità umane. Nulla, dicono, ci è precluso!

Il progresso prima di toccare il conto in banca si insinua nella testa e la testa, a briglie sciolte, sa anche non ammettere la morte. La morte, il limite dei limiti, il tabù dei tabù, inviolabile e invalicabile per la ragione, invece avviene, perché siamo mortali. Ineluttabilmente.

La vita è una sfida al possibile e all’impossibile.
In un caso frequentiamo il mondo della proporzione, del merito, della bellezza della conquista, dell’equilibrio, dell’armonia, nell’altro caso coltiviamo l’esagerazione (
ex-aggerare con prefisso intensivo), per ammassare, accumulare “oltre” la giusta misura, perché il desiderio, la passione non hanno metro, travalicano. Una trasgressione, a volte vitale, salutare e altre mortale, deleteria. Ne siamo gli attori, i beneficiari o le vittime.

Si usa dire, “fatta la legge, trovato l’inganno”, meglio con San Paolo “io non ho conosciuto il peccato se non per la legge, né avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non desiderare.
Siamo un po’ insofferenti della legge, perché attutisce o contrae la voglia di infinito, i desideri e i sogni che, in fondo, accarezzano la speranza di una presunta onnipotenza. La tragedia non è il primo, ma l’ultimo atto della voglia esplosiva di vivere. E poi, il riposo. Ma, senza legge, la convivenza si inselvatichisce e abbruttisce.

Diffidiamo di una libertà ingannevole tra possibile e impossibile. Libertà inconciliabile, contraddittoria. Può capovolgersi in fatale ingenuità. Solo tra possibili si può scegliere. Lì abita l’equilibrio.

 
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