FIDUCIA

Post n°135 pubblicato il 26 Novembre 2009 da comando101

Una delle cose basilari in qualunque rapporto è la fiducia.

Vuolsi che parliamo di una semplice amicizia, vuoi di  un rapporto

vanilla che nel bdsm essa è uno dei cardini leganti, quelli su cui è basata

una delle pietre angolari della solidità di un relazione.

Può essere istintiva, a pelle ma poi deve trovare riscontro, nel tempo,

della sua essenza. In realtà la fiducia non è qualcosa di eternamente

stabile ma si rinnova continuamente nel tempo, attraverso situazioni

variabili comportamentali in cui viene confermata o delusa.

Parte dal presupposto di un affidarsi ad un altro individuo riponendo

In lui determinate aspettative che possono trovare prova o meno di essere ben riposte.

 

Nel bdsm diventa essenziale perché ci si mette in gioco, parliamo

di un reale rapporto e non di una reciproca forma ludica di appagamento, in un modo totale. Questo specie da parte di una  

schiava che decide, consapevolmente, di affidarsi anima e corpo

al Suo Padrone. D’altro canto anche quest’ultimo esercita tale forma

nel legame perché ripone in lei fiducia nella sua obbedienza, nella

sua sincerità.

Tali forme esulano dall’apparenza ma hanno bisogno della concretezza.

Una concretezza che rispecchia l’integrità di ognuno sia da un lato che dall’altro. In realtà non esiste donna o uomo, schiava o Padrone che se

desidera ingannare l’altro non possa riuscirci, non esistono legami o catene che possano davvero imporre qualcosa se non la volontà di dare e ricevere fiducia.

Piccolo commento alla foto: il passero sulla mia mano lo avevo trovato nel mio giardino pochi minuti prima, era calmissimo, si è fatto prendere, portare in casa e fotografare, poi lo ho riportato fuori e lasciato libero.

Questione di istinto? Fiducia?

 
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Traslazioni

Post n°134 pubblicato il 11 Luglio 2009 da comando101

 

Le teorie e le correnti che si sono succedute nella storia della psicologia sono state spesso in contrasto fra loro, è un cammino in cui nuove idee hanno confutato vecchie e viceversa. La psicologia vede la sua nascita attraverso il metodo introspettivo, l’analisi con un sistema fenomenologico, ossia lo studio di una esperienza immediata non scomponibile con dei contenuti mentali soggettivi e non verificabili scientificamente.

In seguito vide la luce un altro criterio in sua contrapposizione: il metodo comportamentale, lo studio del comportamento e non dei suoi contenuti mentali. Nel tempo le due metodologie hanno poi ritrovato una loro più equa collocazione.

Ho trovato necessario queste due righe di spiegazione, forse tediose, per introdurre una considerazione applicata al bdsm che mi era balenata agli occhi riflettendo sulla teoria del Behaviorismo che aprì la porta alla psicologia comportamentale.

Evito addentrarmi in un ramo così complesso ma estrapolo solo uno dei casi che rientrano in questo portando l’esempio del gioco d’azzardo. Quale è il modo migliore per indurre un determinato comportamento in qualcuno? In questo caso per consolidarlo e non eliminarlo? Offrire una ricompensa, in questo caso la vincita. Individuiamo la forma di gratificazione che ha un individuo nel vincere, il gioco di azzardo è quindi un sistema “premiante” che porta a rafforzare l’abitudine al gioco. Apparentemente sarebbe logico che la forma più corretta per tutto questo sarebbe un sistema premiante regolare, una azione che porta in modo consequenziale alla vincita e quindi farebbe indulgere il soggetto a ripetere la sequenza per ottenerla. In fondo la nascita di tale teoria affonda le sue radici negli studi comportamentali di psicologia animale comparata che, andando all’indietro, risalgono ai conosciuti studi sui riflessi di Pavlov. In realtà si è riscontrato che tra un sistema premiante regolare ed uno alternato discontinuo è il secondo a rafforzare l’abitudine e non il primo. Di fronte una vincita regolare viene a crearsi un abbattimento di interesse che sconfina nella noia, viceversa, se si vince ogni tanto, aumenta l’accanimento e il gioco diventa una droga.

Il fattore “imprevedibilità” lo rende più legante del primo sino ad indurre il rafforzamento degli stimoli comportamentali che possono o non possono condurre all’appagamento, in questo caso, la vincita.

Trasliamo ora tutto questo nel bdsm, guardiamolo dal punto di vista di un Dom e dal punto di vista di una slave. Il primo, nella sua ricerca di conquista, ha sempre una incertezza nell'arrivare alla meta prefissata, il riuscire nel suo intento diviene quindi un sistema premiante alternato che lo porta ad atteggiamenti rafforzativi del suo modo di porsi e gratificante nel momento in cui raggiunge il suo scopo, maggiore è la difficoltà che incontra maggiore il suo “premio”.

Nella seconda vige la stessa incertezza sul suo modo di essere. Se fosse sempre premiata di fronte al suo obbedire con il tempo darebbe per scontato che di fronte ad una sua azione vi sarebbe la relativa reazione. Se invece tale “premio” può giungere o non pervenire tenderà a rafforzare maggiormente i suoi modi comportamentali con la speranza di essere appagata nei suoi desideri. Si viene quindi a creare una tendenza consolidante, il cui equilibrio deve essere dosato nella discontinuità ma non dall’assenza del premio, individuando la necessità soggettiva in questione. Quando la bilancia tende a pendere troppo in un senso o nell’altro il legame tende a spezzarsi.

Questo meccanismo si attua spesso inconsapevolmente ma è semplicisticamente individuato come una nota caratteriale nel bdsm a questo punto, volendo ipotizzare a riguardo, si potrebbe dire che l'efficacia di un rapporto di dominazione nasce dal senso istintivo del dominante che non è nulla altro che il suo senso dell'intuito a livello non cosciente.

 
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Logica

Post n°133 pubblicato il 25 Maggio 2009 da comando101

 

Logica è pensiero, senza volersi addentrare in disquisizioni tra la logica Aristotelica, quella del Bacone, quella matematica o quella di Kant mi piacerebbe parlare terra terra ed ipotizzare l’applicazione della suddetta sulla psiche umana.

Nel comune linguaggio la logica è un fattore induttivo e consequenziale in cui una sequenza di ragionamenti portano ad un punto che dovrebbe essere considerato oggettivo. E’ l’applicazione dei “se”, che come un insieme di bivi in percentuale di realizzazione, viene continuamente scelta come assioma portando avanti un ragionamento sino al suo compimento. E’ questo il metodo deduttivo che parte da una verità indiscussa in senso generale si arriva a focalizzare nel particolare.

L’essere umano si definisce notoriamente logico ma in realtà la sua logica è avulsa dall’essere oggettiva ed assume la soggettività individuale in netto contrasto con ciò che sarebbe ovvio.

Si può quindi parlare in senso globale nella fattispecie di un processo mentale di tale tipo?

Nell’uomo subentrano gli istinti ed i sentimenti e la loro realizzazione nel desiderio di portare all’appagamento di tali fattori diventano si, fattori applicati di tale pensiero ma anche devianze di ciò che è la linearità della cosa. Diventa così un contrasto la realizzazione dei desideri e il danno fisico o mentale-emotivo. Da un lato l’appagamento di ciò che si desidera e quindi nella sua realizzazione uno status di benessere in cui si percepisce la logica del compimento dello stesso, dall’altro la proiezione nel tempo in cui tali cose possono realmente alla lunga considerarsi positive e non effimere frazioni di tempi che si rivelano controproducenti.

Volendo portare alcuni esempi alla disamina della cosa consideriamo un normale fumatore, l’atto del fumare è assolutamente illogico, è dimostrato ampiamente che i danni dal fumo sono oggettivi e coprono una ampia gamma di danneggiamento del corpo umano, quindi, è estremamente contro ogni ragionamento introdurre nicotina e fumo nel proprio organismo eppure, noi che ci definiamo logici, continuiamo a farlo molto spesso. Per contro, se ci dicessero di darci una martellata su un dito ci apparirebbe un atto di pazzia eppure una martellata avrebbe conseguenze di gran lunga inferiori.

Stesso ragionamento per l’abuso di alcool ed altre sostanze che danneggiano il corpo umano.

In realtà poi, la cosa non è così semplice come appare perché in queste casistiche si inserisce l’appagamento momentaneo di alcune sostanze che hanno effetti devastanti nel tempo ma danno una sensazione di benessere che ha bisogno di essere rinnovata a breve.

Vi sono milioni di persone che vivono storie sentimentali contrastanti, si dice nel comune linguaggio, che l’amore spesso fa soffrire, quindi la emotività di una persona diventa qualcosa di irrazionale perché volendo ridurre tutto ai minimi termini basterebbe considerare emotività uguale dolore psicologico in quanto aumenta la fragilità della mente. L'equilibrio che si crea in una relazione è sempre subordinato al carattere, ai punti in comune, alle similitudini e gli opposti compenetrativi ma difficilmente è un sovrapporsi simmetrico per cui le emozioni diventano una variante instabile da cui facilmente si può generare la sofferenza. Sarebbe logico, a questo punto, esentarsi dai sentimenti dell'amore, vivere con razionalità ogni parte di sé indirizzando i propri appagamenti verso situazioni più stabili esautorando l'essere umano di ogni emozione che possa creargli sofferenza. Un Uomo Logico quindi e non logico nella comune intesa del termine.

Ma, se per assurdo un uomo arrivasse a questo sarebbe da considerarsi tale? La componente emotiva di ogni essere umano è una parte inscindibile di sé, può essere controllata ma non annullata, un tale individuo in ogni sua azione sarebbe cinico, lo stesso valore della vita umana sarebbe completamente annullato perché ogni individuo verrebbe valutato in base alla sua utilità sociale e non alla sua individualità. La logica pura, assoluta, applicata alla mente umana quindi non può esistere salvo se generata da esseri senza emozioni e desideri.

 
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Contratto e Safeword

Post n°132 pubblicato il 14 Maggio 2009 da comando101

 

Cosa si intende per “Contratto” nel bdsm? Da cosa nasce e perché viene stipulato in alcuni casi?

In un breve accenno legale lo possiamo definire un contratto consensuale, in cui entrambi si accordano in determinate prestazioni e quindi di assunzione di obblighi da ambedue i contraenti perfezionandosi con il consenso delle parti. In realtà tutto questo è assurdo nel caso specifico e non verrebbe mai riconosciuto dalla legge. La nascita di questi “contratti” ha probabilmente origine nella pratica sadomaso in cui, la persona che le imponeva , ha creduto, erroneamente, di cautelarsi nei confronti della legge in caso di “incidenti” e quindi esimersi dall’essere ritenuto responsabile. Da qui poi il dilagare, sotto un profilo di gioco, della stesura di questi.

In effetti è la forma scritta in cui un Dom ed una sub stabiliscono dei limiti nel loro rapporto, dei veri e propri paletti da non superare. In realtà, salvo non sia appunto una forma di gioco, ognuno ama divertirsi come vuole, ed il “contratto” è semplicemente carta straccia.

Nella conoscenza reciproca, in cui una slave accetta la sottomissione, è già subentrata in linea di massima una conoscenza del Dom per cui tutto questo è assolutamente inutile. La stessa base del bdsm permette ad ognuno dei due di revocare il proprio legame mentre in un simile contesto, se questo fosse di una realtà giuridica, non sarebbe possibile se non rispondendone in proprio.

D’altra parte, se una slave decide di appartenere lo fa per libera scelta, perché “sente” e desidera tale rapporto e non ha certo bisogno di un pezzo di carta, con la sua firma, che la impegna a rispettarlo. La cosa può quindi assumere un semplice tono ludico ed ironico e solo sotto questo profilo può essere realmente accettata, ogni altra forma o prospettiva è praticamente alienante. La stessa base del bdsm, in cui la parte sub subisce l'influenza di un Dom i cui voleri fa suoi, diventa un controsenso perché avrebbe come presupposto che la prima non si fida della seconda. Questo è illogico se si paventa un legame di appartenenza perché viene a mancare uno dei presupposti dello stesso, quello di fidarsi ed affidarsi.

Differente è l'uso di una safeword parola chiave che permette, previo accordo, di uscire da determinate situazioni. La scelta della stessa può ricadere su qualunque parola, è una intesa di entrambe le parti il cui uso, fatto dalla schiava, interrompe ogni attività bdsm

La sua natura ed origine nasce come una forma di salvagente della slave che in certi frangenti non ritiene di essere in grado di spingersi oltre un certo punto. A tale riguardo si innesca un doppio meccanismo in lei, da un lato cercare di superare se stessa obbedendo a tutti gli ordini, dall'altro la sicurezza di poter fermare ogni cosa ma non desiderare di farlo perché altrimenti sarebbe viverlo come una forma di fallimento. Il concordare una safeword è certamente da considerare positivo, specie se l'iniziativa parte da un Master.

In un Dom si riconosce la capacità di percepire sin dove spingersi, il saper “saggiare” per gradi, pronto a fermarsi, rimandare, continuare, quindi, in teoria, un Buon Padrone non avrebbe bisogno di donare una safeword, sarebbe un controsenso in cui ammette la propria incompetenza ma un Master, per essere davvero bravo, deve anche sentire la responsabilità di chi gli si affida, non soffrire di apoteosi di onnipotenza ma avere coscienza delle possibilità di errata valutazione, quindi, dare la possibilità dell'uso di una safeword anche se questa non verrà mai usata.

In un certo senso “donare” una parola chiave è essere razionali e nello stesso tempo l'uso di essa, da parte della schiava, non è solo un fallimento di lei ma anche un fallimento di Lui che non ha saputo ponderare adeguatamente la situazione in corso.

 

 
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Andare avanti

Post n°131 pubblicato il 12 Aprile 2009 da comando101

Spesso le mie riflessioni le prendo curiosando sui blog, cerco di intuire i movimenti della mente,

qualche volta dell’anima di chi scrive. Parole, immagini, scomposte, ricomposte in un continuo

rimescolare di tasselli, blog che si incrociano, verità dette o solo accennate, e così via, le emozioni,

gli scritti fatti ad arte a stimolare una reazione, quelli buttati lì come una esca che penzola da un

amo per una varietà di intenti ora celati ora palesi.

Ci si imbatte in menti semplici, ora tortuose, mi piace capire, è un po' lo sfogliare di un pensiero,

seguire il filo di una intelligenza per comprendere il suo modo di vedere le cose.

E’ in fondo la tecnica che ben conosce il giocatore di scacchi, immedesimarsi nell’avversario,

proiettare le sue mosse per controbatterle. Qui, ovviamente, non vi è nessun fine di giocare a

scacchi, nessun fine di ingaggiare una partita ma semplicemente il voler accrescere la propria

conoscenza.

A qualcuno poco importa,  si va sul pratico, si curano i propri interessi in un: Sai che mi frega di

tutto questo?

Eterogeneità dell’essere umano, da chi si racchiude a chi si espande ognuno ritrovando il suo

piacere, il suo tornaconto.

Una cosa si ripete ciclicamente, ripetuta costantemente di fronte alla realtà, una realtà sfrondata,

potata dei suoi rami di mandorli in fiore ed ora solo ingombranti legni secchi come dita di vecchia

megera protesi al cielo: Andare avanti.

E’ quasi una parola d’ordine, un volersi risollevare interiore, quel volere chiudersi una porta alle

spalle, ora sbattendola con rabbia, ora semplicemente tirandola dolcemente uscendone fuori.

Si esce da un rapporto, da un legame che ci stava stretto, che ci faceva soffrire, che ci dava quel

senso di soffocamento che faceva stare male. Alcune volte è dura, rimpianti, ricordi, domande

che continuano a vagare per la mente come palline di un flipper che urtano e rimbalzano ma

bisogna sempre andare avanti.

In altri casi sovviene quel senso di euforia, sollevati da una cappa di cui avvertivamo il peso, ma

non la consapevolezza completa, e ci si sente più leggeri, come quell’uscire di casa dopo giorni e

 giorni di cielo plumbeo e vedere il sole.

E poi? E poi si ricomincia…

 

 
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