volubile ma perversa

Incontro casuale


Una serata uggiosa di novembre, una strada buia e tanti pensieri per la testa. Stavo tornando da casa sua, ancora una volta insoddisfatta di quello che c'era, o meglio non c'era tra noi, e nostalgica di quello che, sapevo bene, non sarebbe mai stato. La svolta. Io. Volevo. La svolta. Ero stufa di vivere nell'ombra, nelle bugie ... Volevo di più, lui lo sapeva ma lasciava correre, pur consapevole che in quel modo prima o poi mi avrebbe perduta. Mentre questo turbinio di pensieri mi assaliva e mentre mi dicevo:"adesso basta. Io ho la mia vita, lui la sua" mi imbattei, distrattamente, contro un uomo. Alzai lo sguardo e balbettando uno svogliato "mi scusi", continuai per la mia strada. Improvvisamente un rumore di passi dietro di me mi riportarono alla realtà, mi girai e lo vidi. Una quartina di anni -forse meno-, alto, magro, moro, sguardo penetrante, labbra carnose, naso pronunciato, un paio di jeans, un cappotto trequarti grigio scuro, una sciarpina al collo. Era così affascinante quell'uomo dietro di me che un sussulto mi assalì e lui, forse, se ne accorse. "Mi scusi, credo che oggi sia la seconda volta che le metto paura!", esclamò il tipo. In quel momento capii che si trattava della stessa persona nella quale mi ero distrattamente imbattuta pochi minuti prima. Feci un sorriso e continuai per la mia strada."Ma... Non ha paura di camminare tutta sola? Le posso fare compagnia? Mi permette?" esclamò ancora lui. Mi girai, lo riguardai e, complice anche il suo bell'aspetto, acconsentii. Cominciammo a chiaccherare in modo formale ma dopo soli pochi minuti eravamo già passati a darci del "TU", senza neppure accorgecene. Chiaccherare amabilmente, di tutto, della vita, dell'amicizia e, improvvisamente, mi ritrovai a parlare di me, del mio lui, di quanto mi facesse soffrire quella storia. Intanto, la pioggia aveva smesso di scendere e si respirava aria pulita. "Ti va un caffè o un thè o un infuso?" mi chiese amabilmente lui "Grazie un caffè, volentieri", risposi. Entrammo in un bar e ci sedemmo a un tavolino continuando a parlare, chiaccherare, della mia vita, della sua, di noi. Ad un tratto lui mi disse: "Sono convinto che quando non ami più una persona non sia colpa di nessuno. Non la ami più, punto. Per rispetto nei suoi confronti devi lasciarla andare. E' la soluzione meno dolorsa".  Avrei voluto che quelle parole le avesse ascoltate anche il "mio" ( ... forse mio non lo è mai stato ) lui. Una lacrima mi scese sul volto. Fu in quell'istante che avvenne il pirmo contatto. Mi guardò e senza dire una parola, posò la sua mano -lunga e curata- sul mio viso, seguendo delicatamente la lacrima che, incurante, continuava a scendere lungo il collo. Un uomo, appena conosciuto, mi stava sfiorando il viso con delicatezza e confidenza. E quella carezza, appena cennata, mi aveva fatto emozionare. Presi la sua mano così calda e la strinsi a me.Finimmo il nostro caffè e ci alzammo, proseguendo verso una non direzione. Avevo passato il cancello di casa ormai da un pezzo.Continuammo a chiaccherare, ogni tanto lui mi sfiorava la mano, il volto, mi spostava i capelli che il vento continuava a posare disordinatamente sul mio viso.Non volevo interrompere quel momento così piacevole, ma ero stanca ed avevo voglia di dormire. "Credo di aver superato casa mia da un pò!" dissi. "Io sono arrivato, invece, abito qui. Se vuoi vado su, prendo le chiavi della macchina e ti ci porto io" mi rispose.Non volevo approfittare, ma era così piacevole stare in sua compagnia che accettai benevolmente.Salimmo in macchina e continuammo a parlare, parlare, ridere e scherzare, come avrebbero fatto due teneri adolescenti innamorati."Ecco sono arrivata, questo è il palazzo dove abito" dissi girandomi di scatto e guardandolo negli occhi. Mi stava osservando ...e chissà da quanto stava osservandomi in quel modo. Mi stava penetrando con lo sguardo. Quegli occhi caldi, dolci e misteriosi mi stavano scrutando. Rimasi un attimo in silenzio, abbassando a tratti il mio di sguardo, un pò per timidezza, un pò per "paura" che un'occhiata ricambiata avrebbe potuto dare impulso a qualcosa di più eccitante. Non avevo bisogno di sesso, in quel momento, quella sera. Avevo bisogno di amore, di calore; sentimenti, sensazioni che lui, nonostante fosse un quasi sconosciuto, era riuscito a farmi assaporare. Una situazione davvero paradossale."Bene" disse lui, smorzando l'atmosfera divenuta quasi imbarazzante "allora ..." "Allora ... grazie" continuai io e, insieme: "Ci vediamo" "Si ci vediamo ...". Presi la borsa e feci per scendere dalla macchina quando la sua mano bloccò la mia, mi strattonò con delicatezza verso di lui e mi baciò, posando prima leggermente le sue morbide labbra sulle mie e, poi, facendomi sentire il calore della sua lingua; le sue mani delicate mi tenevano il volto, le sue dita si intrecciavano nei mie capelli, le mie mani accarezzavano le sue spalle, le sue braccia, sentivo il suo respiro, il suo profumo. Tutto ciò che vedevo e percepivo in lui, lo sentii mio, in quel momento..Fu un lungo bacio; intenso, pieno di emozioni contrastanti, colmo di carezze, di sospiri e di brividi. Un bacio, solo un profondo e coinvolgente bacio, ma fu così eccitante che mi sembrò di aver fatto l'amore con quell'uomo, quella sera. Un ultimo sguardo e me ne andai verso casa; mentre aprivo il cancello sentii la sua voce sussurrare : "Ora so dove abiti".  Senza girarmi e continuando a guardare la chiave infilarsi nella serratura del cancello risposi: "So anche io dove venirti a cercare". Il giorno dopo mi svegliai, forte di me stessa, dell'esperienza della sera prima, cosciente che potevo, ancora, provare dei sentimenti, che esisteva qualcuno, che non fosse necessariamente lui, al mondo capace di farmi emozionare, presi il telefono, composi il suo numero e lo lasciai.