Ambarabà

Il sole sorge per tutti, ma per qualcuno prima.


Non intendo dire di essere stato un privilegiato, anzi, voglio solo dire che dove sono nato io, il sole sorge all'orizzonte di campi coltivati, a perdita d'occhio.Niente montagne in vista, niente colline, le alture più significative, sono i ponticelli sui fossi e di fossi ce n'è una miriade.Nei fossi ci sono (c'erano) le rane e bastava accucciarsi in riva al fosso per prenderle con le mani. Le rane sono buone da mangiare, impanate e fritte, ma anche infilate su di un bastoncino ed arrostite sulla brace, dopo averle spellate.Nell'umido delle rive dei fossi, dei canali e del Po di Volano c'erano (ci sono) i nidi di zanzare. Appena arriva il caldo si lanciano fameliche sulle bianche carni degli umani nei pressi e si abbuffano di sangue umano, come vampiri.Mia cugina Gianna, quando le hanno spiegato che le zanzare che succhiano il sangue, lo fanno per portare cibo ai loro piccoli, le lasciava fare. Aveva sette anni, poi ha smesso.Ma lo spettacolo che si vede nelle giornate di scirocco, limpide e chiare, è il sole rosso che sorge a est, su di un orizzonte nero di campi arati.Gli unici ostacoli alla vista, sono i radi cuffi di pioppi, sempre più piccoli man mano che si allontana lo sguardo. In fondo, all'orizzonte, il sole.Nasce dapprima come una sottile falce rossa e poi si gonfia fino ad apparire tondo ed immenso, rosso scuro color del sangue, una grande palla ammantata di bruma mattutina.Fa quasi paura.Poi corre lentamente su tutto l'arco dell'azzurro, per tredici o quattordici ore, per sprofondare a sera nello stesso modo, sui neri campi arati ad ovest.Dalla piccola palla gialla che è stato tutto il giorno, ricomincia la metamorfosi: torna ad essere la grande palla rossa e scura, affonda nei campi lontani e sparisce, con l'ultimo barbaglio di falce rossa.Io l'ho guardato, a volte, dal tetto piatto di casa mia.Casa mia non c'è più, domani forse racconterò di casa mia.