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I vizi d'Arte.L'ammaliante sapore della bellezza.


“Ciao, come stai?”Chiederlo ad un amico incontrato per caso e nello scoprire la buona riuscita dei sui propositi, rispondergli:“Sono entusiasta come fosse capitato a me in prima persona!”Poi, mi incammino a capo chino lungo la strada,  silenzioso e pensante, stretto nella morsa dei pensieri, antitesi opposta  di quanto affermato in precedenza.Arrestare il cammino nei pressi di un verde chiostro di circa un metro quadro, un’edicola, e nell’attesa che la sagoma bionda dalle calde labbra , giunta li qualche attimo prima, venga accontentata, tiro via dalla  tasca gli spicci utili all’acquisto della mia giornaliera lettura.Sgomento dinanzi al continuo lievitare dei prezzi, sfoglio le pagine dinanzi ad una buona tazza di caffé caldo appena ordinata e tra le curve d’inchiostro delle consonanti leggo parole d’encomio del sindaco in persona, dedicate all’amico  incontrato in precedenza.Pensare subito agli  innumerevoli appunti che durante gli anni universitari gli avevo passato e, desideroso di chiudere la rovente fiamma della rabbia nel freddo dell’anima, premere in maniera decisa il tasto rosso di spegnimento del cellulare, smania di un  impulso di chiusura al mondo……...Una piccola finestra sul quotidiano, il cannocchiale attraverso cui osservarci e da spettatori sulle nostre vite scoprirci subito in balia del volere  monarchico di sette despota riunitisi con il solo intento di dominare il nostro agire: i sette vizi capitali.Insito in ognuno alberga il germe del peccato e senza dissimularlo osserviamo i dipinti in mostra al Castel Nuovo di Napoli  come proiettati dinanzi  a specchi di tela, in un momento di dichiarata onestà, riconoscendo in essi la trasposizione figurata che gli artisti danno delle nostre debolezze.Il vizio come sinonimo del bello perché se di questi siamo schiavi è merito della dolce assuefazione che offrono; non consideriamoli manifesti di una malsana corruzione ma garanti di attimi di piacere.Bellezza e godimento sono parametri propri dell’arte, provocatoriamente investita nel ruolo di ottavo vizio, parasta dei precedenti sette, scelta come tale perché da gestante li raccoglie nel suo grembo, in maniera forse perversa ma non del tutto impropria.Ipotetico artista e non apatico fruitore esterno mi piace immaginarli come un fiore a sette petali, indipendenti e indivisibili, racchiusi nel contenitore dell’umano vissuto; nel gioco del m’ama non m’ama conservo l’ultimo stendardo e nel sentirne l’odore riscopro in esso il profumo della lussuria.Al riparo sotto la sacra cupola del bello si intravede un nudo corpo di donna, fonte d’ispirazione mai prosciugata, oasi di ristoro dalla quale attingerne il rigoglioso succo del piacere.Maria Grazia  Muscatiello e Lorenzo Corbo, due tra gli artisti in esposizione, ne hanno interpretato il segreto significato e il filtro degli occhi ci ha reso la perifrasi del loro segno.L’espressione della lussuria attraverso la figura femminile restituita dalla Muscatiello è chiaro intento di porre il gentil sesso sull’altare di una avvenuta completezza terrea che il divino creatore ha tracciato nella forma umana per eccellenza.Il simmetrico taglio effettuato all’immagine di donna rischiarata dal bagliore del sole,  prima, e dalla penombra della luna, poi, vuole mettere in evidenza l’importanza che rivestono  i gesti morbidi e colmi di grazia di un corpo femminile.I capelli non dipinti, collage di giornale divenuto corteccia d’albero, fertile pianta dispensatrice di frutti vitali, sono il ritratto di una donna nuova, non più espressione di un’ostentata esteriorità ma grido di libertà di una suprema entità pensante.Un urlo riconoscibile nei tratti insicuri dell’invidia che Corbo sintetizza in un corpo pregno di tormenti interiori, ansioso di sprigionare l’immensa energia taciuta da tempo immemore.Il vigoroso tratto impresso dal nero sfondo uniforme pone in  aggetto  la figura focale. Celando il viso nell’incrocio di braccia conserte, si percepisce la leggera sproporzione delle mani, arnese primordiale, l’utile spinta di risalita  nell’ascesa al sociale.Giunti sulla vetta dei nostri obiettivi restiamo sgomenti dinanzi alla luce accecante delle imperfezioni, svelando, nell’armonia di un globale vissuto artistico, l’ottavo atto peccaminoso. Non un vizio d’arte ma la nuda estetica insita nell’arte del vizio. Stefano LentoIn alto: Lorenzo Corbo - Invidia