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Aspettando il numero 8.Il Silente frastuono dell'Anima.


Bla,  bla,  bla, un acronimo dietro il quale si cela l’ignoto, un’infinità di domande, pensieri, idee, sentimenti, e……… bla, bla,  bla………Proviamo a moltiplicarlo per una cifra pari a sei miliardi, quanti si pensa che siamo al mondo, ed elevando il risultato per una quantità n otteniamo il numero di parole che quotidianamente  danno voce all’umanità; non sovverremo mai all’esatto risultato.Un’operazione priva di significato matematico utile a dimostrare quanto un parlare che non sia un comunicare risulti vuoto e inconsistente, ma solo un utile tappo auricolare che toglie voce al nostro stomaco sazio di vane speranze e poco contratto dagli interrogativi suggeriti dalla coscienza.In un’epoca fondata sulla comunicazione dove le distanze tra gli uomini si assottigliano e la lontananza fisica aumenta lasciamoci coprire dal freddo del silenzio e interroghiamoci sul senso della vita.Riflettere senza estraniarci, sarebbe un pugno nel vuoto fare altrimenti.Da Istambul a Venezia siamo tutti assoggettati all’esercito delle nostre emozioni, universali nel loro significato ma cariche di una gittata emotiva sempre nuova se analizzata nella specificità di un singolo momento; ad un volto associamo un’articolazione fatta dalle sue parti costituenti, ma è il diverso modo di articolarle che ne esplicita le differenze. La gioia di un bacio al mattino, le grandi paure universali sono tutte parte di un comune sentire, sta a noi interpretare la semantica degli eventi, rintracciare i percorsi giusti e, come un magnete nella bussola punta il nord,  avere precisa percezione di un cammino presente che adagia le spalle sul solido muro protettivo del passato, desideroso di trovare continua corrispondenza in quell’ indefinito buco nero rappresentato da ciò che ancora deve venire.Spietati cecchini puntiamo obiettivi molteplici e mai fissi, inquadrati nella compostezza di uno stare fermi, atto dinamico senza pari, che trova rinnovato vigore nell’unicità di fatti irripetibili,  tappe inscindibili alla volta di un cammino nuovo con le radici ben puntate nel terreno del già vissuto.Raddrizzando la sinusoide interrogativa di un punto di domanda  approdiamo nella calda insenatura di esclamazioni certe; ecco scorgere ormeggi d’approdo, inamovibili nell’inconfutabilità affermativa di significati acquisiti, ai quali poter attraccare.Posiamo lo sguardo verso locande non lontane e troveremo ristoro al tavolo dell’umanità dove, senza preciso ordine di portata, abbiamo un menù prestabilito da assaporare, nella pienezza di sfumature schiave di un sentire a volte dolce in altri casi dal sapore acre.Non srotoliamo dal loro involucro le posate che la vita ci offre e da nudi conquistatori spolpiamo i sapori che ci vengono serviti, tocchiamone la cruda matericità  riconoscendone l’odore che questa emana.Commensali al tavolo dell’esistenza,  nel segno silenzioso che i nostri denti incidono sui bocconi della vita,  avvertiremo il mutare delle coscienze fuse  in un possente e sempre più vigoroso spirito comune fatto di richiami visivi e non più di parole dove ognuno diventi specchio dell’altro nel rifletterne le diversità di un sentire universale.Non v’è certezza che come Kruft giungeremo all’epilogo ma nella scalpitante voglia conoscitiva che ci attanaglia riusciremo a destabilizzare l’impalcato che sorregge l’apparenza pirandelliana dei nostri volti, manifesti impropri divenuti locandine d’emozioni nell’attimo in cui le coscienze pianificheranno l’evasione dalle prigioni dell’inconscio. La terrena partecipazione nella costante quanto infinita ricerca del nettare primo è la spia accesa di un limpido fluire desideroso di offuscare il tortuoso e pesante incedere di passi gravi sotto il macigno dei  bla, bla, bla…… Stefano Lento