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Caso n. 9) don Lelio Cantini, il ruolo del vescovo Maniago e la bufera sulla diocesi di Firenze

Quello di don Lelio Cantini è forse il caso più clamoroso di violenze sessuali su bambini e ragazzi di entrambi i sessi, ". Il prete non è stato mai processato, perché le vittime hanno rivelato il caso solo dopo 30 anni dall'inzio delle violenze e, come al solito, invece di denunciare il prete alla magistratura, si sono ricolte ai suoi superiori che, dopo aver cercato di insabbiare il caso (trasferimento del prete di parrocchia in parrocchia "per motivi di salute"), hanno alla fine "condannato" il prete a recitare le litanie della Madonna e la recita del salmo 51.

Clamoroso è anche l'atteggiamento della curia di Firenze e del vescovo Maniago, discepolo di don Cantini, che, successivamento allo scoppio dello scandalo, venne accusato di una storia di orge gay sadomaso, con tentativi di soffocare lo scandalo con pagamenti di denaro.

Per la storia del vescovo Maniago, per la sua conoscenza dellle attività di don Cantini e per le accuse sui suoi festini a luci rosse si rinvia qui: 

Passiamo a don Cantini

Lo scandalo scoppia nell'aprile 2007. Alcune vittime del prete fiorentino denunciano di essere state vittime di violenze commesse dal 1975 al 2004

http://www.repubblica.it/2007/04/sezioni/cronaca/scandalo-parrocchia/scandalo-parrocchia/scandalo-parrocchia.html

Firenze, le vittime scrivono al Papa: "Abusi su donne e bambini per anni"
Gli episodi dal 1975 in poi. Nel 2004 le prime denunce alla Curia. Trasferito il prete sotto accusa

Sesso e violenze
scandalo in parrocchia
di MARIA CRISTINA CARRATU'

FIRENZE - Anni di violenze, psicologiche e fisiche, di plagi e coercizioni nei confronti di bambini, ragazzi, intere famiglie, abusi e violenze sessuali su bambine e ragazzine minorenni, consumati nell'ombra di una canonica e mai venuti a conoscenza di nessuno fino ad oggi. Famiglie intere convinte di far parte di un progetto di fondazione di una "vera chiesa dello Spirito" contrapposta a quella, corrotta e incapace, "di fuori", e spinte a devolvere alla parrocchia denaro e beni, "per adempiere alla volontà di Gesù Cristo". E poi avviamento di ragazzi al seminario, con l'obiettivo di "colonizzare" la struttura ecclesiale attraverso incarichi di primo piano.

È questo - secondo le vittime dei plagi e degli abusi (così lontani nel tempo da rendere difficile ormai un'azione penale) che solo oggi, dopo tanti anni, hanno trovato il coraggio di parlare e chiedono giustizia appellandosi al Papa - ciò che è avvenuto almeno a partire dal 1975 in una parrocchia della periferia di Firenze, la Regina della Pace. Affidata fino al 2005 a un "carismatico" sacerdote oggi ottantenne, don Lelio Cantini, allontanato dalla città solo un anno fa ma mai privato dell'ordinazione. Con a fianco una donna, presunta "veggente" le cui visioni di Gesù, raccontano le vittime, servivano alla selezione degli "eletti". Oggetto di punizioni esemplari, privati dell'assoluzione e dell'eucaristia, se non avessero obbedito alle imposizioni del "priore", come il sacerdote si faceva chiamare. Fra cui quella sistematicamente rivolta a ragazzine di dieci, quindici, diciassette anni, di avere rapporti sessuali con lui, come forma, diceva, di "adesione totale a Dio". Facendo credere a ognuno di essere il prescelto e intimando il segreto assoluto pena il "castigo divino". Per questo, vinte le rimozioni e preso contatto con i compagni di allora, solo oggi le vittime hanno scoperto di aver condiviso un passato identico e terribile.


Ed è innanzitutto alla Chiesa, anziché ad avvocati e tribunali, che si rivolgono fin dal gennaio 2004, inviando alla Curia di Firenze esposti e memoriali, e ottenendo vari incontri personali - prima con l'allora arcivescovo Silvano Piovanelli e poi con l'arcivescovo Ennio Antonelli e con l'ausiliare Claudio Maniago. Con l'unico risultato, nel settembre 2005, di un trasferimento del "priore" "per motivi di salute" in un'altra parrocchia della Diocesi. Da qui la decisione di appellarsi al Papa. La prima volta con una lettera del 20 marzo 2006, con allegati dieci dettagliati memoriali di venti vittime di abusi, a cui risponde il cardinale Camillo Ruini, ricordando alle vittime, sentito Antonelli, che il sacerdote sotto accusa dal 31 marzo ha lasciato anche la Diocesi e augurandosi che questo "infonda serenità nei fedeli coinvolti a vario titolo nei fatti".

Le vittime però non ci stanno. Il 'priorè vive con la "veggente" in una città della costa toscana, ha sempre intorno un gruppo di seguaci ed è tuttora ordinato. E a questo punto si muovono, di loro iniziativa, alcuni sacerdoti. "Non vogliamo sentirci domani chiedere conto di un colpevole silenzio", spiegano in una nuova lettera al Papa, inviata il 13 ottobre 2006 tramite la Segreteria di Stato. Dove parlano di "iniquo progetto di dominio sulle anime e sulle esistenze quotidiane" perseguito da una setta "purtroppo cresciuta dentro una parrocchia cattolica". E ricordano che a "quasi due anni" dall'inizio delle denunce dalla Chiesa fiorentina non sono ancora arrivati né "una decisa presa di distanza" dai personaggi coinvolti nella vicenda, né "una scusa ufficiale", né "un atto riparatore autorevole e credibile". A Repubblica, che glielo chiedeva, Antonelli ha risposto ieri di non voler fare alcun commento della vicenda.

Intanto la storia circola, e sono ora i parroci vicari foranei, responsabili delle zone della diocesi, a chiedere all'arcivescovo di portarla all'assemblea diocesana, davanti a tutto il clero. Antonelli li ha convocati alla fine di febbraio per mostrare una sua comunicazione alle vittime del 17 gennaio, relativa ai "provvedimenti" a carico del sacerdote adottati, scrive, "sulla base delle vostre accuse", al termine di un "processo penale amministrativo" e sentita la Congregazione per la Dottrina della Fede. Per cinque anni, scrive il cardinale, il "priore" non potrà né confessare, né celebrare la messa in pubblico, né assumere incarichi ecclesiastici, e per un anno dovrà fare un'offerta caritativa e recitare ogni giorno il Salmo 51 o le litanie della Madonna. E quanto alle vittime, l'invito, visto che "il male una volta compiuto non può essere annullato", è a "rielaborare in una prospettiva di fede la triste vicenda in cui siete stati coinvolti", e a invocare da Dio "la guarigione della memoria".

Ma loro, con "stupore e dolore", annunciano che non si fermeranno. Finora non hanno fatto nemmeno causa civile, ma d'ora in poi, dicono, "nulla è più escluso". Nella lettera alla Segreteria di Stato i preti chiedono a loro nome "un processo penale giudiziario", che convochi testimoni e protagonisti, e applichi "tutte le sanzioni previste dall'ordinamento ecclesiastico", che il prete che ha rovinato le loro vite sia "privato dello stato clericale", anche "a tutela delle persone che continuano a seguirlo". E che sia ora la Santa Sede a fare davvero luce su tutta la vicenda.

(8 aprile 2007)

Clamorosa la denuncia delle vittime alla trasmissione Annozero del 31 maggio 2007. Stranamente la stessa puntata di Annozwero non è più disponbile sul sito. Lascio a voi immaginare le ragioni.
Il sito dell'UAAR ci permette di ricostruire l'eco che la stampa ha dato della vicenda a seguito della trasmissione. Emerge anche il ruolo del card. Antonelli e del vescovo Maniago:
I fatti, resi ormai noti dalla stampa e dalla trasmissione televisiva “Anno zero”, vale la pena ripercorrerli solo per ricapitolare personaggi ed interpreti. Al centro della vicenda ci sono un vecchio parroco, don Lelio Cantini, con la sua perpetua veggente, Rosanna Saveri, ed il vescovo ausiliare Claudio Maniago, enfant prodige dell’episcopato italiano. Di contorno un nugolo imprecisato di vittime degli abusi del prete. Apparentemente solo a margine il cardinale di Firenze, Ennio Antonelli ed altre figure da precisare. Questo è il quadro ufficiale. Non sappiamo da dove venga don Lelio, certo da lontano visto che ha 82 anni, quando l’8 aprile scorso, per Pasqua, dall’uovo esce la sorpresa sulle pagine della cronaca locale di Repubblica e lo troviamo nella parrocchia della Regina della pace, detta anche di Firenze Nova, dove sta già dagli anni ’60.

La cronaca parte dal 2004 quando alcune giovani donne della sua parrocchia si rivolsero alla curia fiorentina per denunciare le violenze psicofisiche inflitte dal parroco fra il 1973 e l’87, fin da quando ancora erano minorenni. Violenze, si presume solo psicologiche, denunciate anche da alcuni maschi. Di fronte alla denuncia, l’arcivescovo Piovanelli prima, poi il suo successore Antonelli e l’ausiliare Maniago sembrano solo tirarla per le lunghe, così nel marzo del 2006 le vittime scrivono al papa e Antonelli finalmente interviene mandando la coppia Cantini-Saveri in … campagna. Il bubbone è ormai scoppiato e gioco forza monsignor Fisichella deve fare la sua comparsata da Santoro. Ovviamente ne esce sbertucciato ma, cosa incredibile ai nostri orecchi, è che i delitti contro le persone perpetrati dal Cantini alla fine risultano quasi derubricati rispetto alle infrazioni alla dottrina e alla liturgia.

Nel frattempo sembra che anche numerosi parrocchiani si siano rivolti alla magistratura sostenendo di essere stati circuiti dal prete e quindi obbligati a consegnargli denaro e beni immobili. Infine un professionista di Firenze testimonia al magistrato di certe sue vicissitudini omosessuali in cui risulta in qualche modo coinvolto Maniago. A questo punto la vicenda, già da tempo nota sulla stampa ed in TV, subisce un’impennata così che il cardinale Antonelli si sente in diritto di minacciare querele per diffamazione.

Due parole su Maniago sono indispensabili. Il Cantini è un talent scout di mistiche vocazioni ed un rude trainer esperto in doping psicologico, non a caso, per selezionare ed imbonire i suoi adepti, ricorre alle visoni della Rosannona Severi, chissà perché detta anche da un intervistato «la kapò, la generalessa o la padrona del prete». I ragazzi da lei prescelti come “eletti” non avevano molte alternative: o bere il verbo del Cantini o affogare nell’esilio dalla parrocchia. E si sa quanto l’espulsione dal gruppo sia per un ragazzino emarginante. Don Lelio ha il chiodo fisso dell’obbedienza e quello di dare vita ad una chiesa non “corrotta” - se lo dice lui! - da vivacizzare con creature uscite dalle proprie mani o, visto com’è andata, dalle sue grinfie. Fatto sta che la sua parrocchia sforna un numero di preti da primato, almeno 8 in 10 anni, ed uno, il suo pupillo, Maniago appunto, lo tira su talmente bene che diventa addirittura il più giovane vescovo in servizio attivo, anzi tanto attivo da diventare oggi, a 48 anni, il factotum della curia di Firenze: «Amministratore unico di un srl per la gestione degli immobili della curia, presidente del cda dell’agenzia di viaggi diocesana […] ed altri incarichi molto più “temporali”», non ultimo l’aver ricoperto «con piglio manageriale un ruolo cruciale durante il Giubileo 2000». Fino ad oggi Maniago non ha mai preso le distanze dal Cantini e viene da domandarsi, visti gl’intrallazzi finanziari che si dice siano avvenuti in parrocchia, chi ha insegnato a chi?

Questa è una breve sintesi, ma i fatti in cronaca sono molto più articolati e per le vittime quanto mai dolorosi, tuttavia l’interesse non verte tanto su quello che si sa, quanto su ciò che sta fra le righe. Come è mai possibile che il Cantini, per decenni - in un quartiere popolare e operaio di periferia dove, come in un paese, si sapeva ancora tutto di tutti - sia stato libero di fare e disfare quel che ha voluto nella più assoluta indifferenza se non con la più ampia, magari inconsapevole, connivenza? Possibile che in nessuno, nemmeno nei genitori delle vittime, sia mai venuto qualche dubbio, una pulce nell’orecchio, un sospetto? Possibile che in curia nessuno abbia mai messo il naso in un ambiente tanto borderline da usufruire di una veggente? Possibile che non sia sembrato strano alle gerarchie ecclesiastiche che proprio da quella parrocchia venissero tante “vocazioni”? Non è possibile. È pur vero che le parrocchie fanno parte di quegli enclavi chiusi e blindati agli occhi estranei, ma si sapeva. Risulta infatti che il gestore di un circolo vicino abbia ammesso che anni prima «girava la voce che desse noia alle bambine, ma nessuno ci fece caso, anche perché noi non andavamo in chiesa». Non è possibile. Anche il cardinale Piovanelli, l’ex arcivescovo di Firenze in capo alla curia dall’83 al 2001, proprio colui che chiama a sé Maniago prima come provicario ad appena 32 anni e poi come vicario generale della curia a 42, ammette di aver sentito “qualcosa” sul prete e sulla veggente «…qualcosa di molto generico». E se lo si sapeva al circolino miscredente e lo sapeva anche il Piovanelli doveva essere proprio il segreto di pulcinella. Sembra che nessuno possa dire «io non c’ero» caso mai dirà «va be’, se c’ero dormivo».

Ma andiamo avanti. Chi ha consacrato il precoce vescovo Maniago? Don Cantini? Forse sì dal momento che ora tutte le gerarchie ecclesiastiche cascano dalle nuvole. Non è che l’ex cardinale di Firenze Piovanelli abbia lasciato il cerino acceso in mano all’Antonelli? E cosa fa dell’Antonelli il previsto candidato ad una promozione nelle alte sfere vaticane: la sua sagacia e competenza o l’essere anch’egli un “obbediente” miope, debole d’udito e balbettante se non cieco, sordo e muto? E ancora. Possibile, vista l’ultra decennale presenza del Cantini in quella parrocchia, che le vittime fossero solo quelle che hanno trovato il coraggio o la disperazione di uscire allo scoperto per liberarsi da questa perversa sindrome di Stoccolma? Possibile che anche Maniago e gli altri preti non siano stati sottoposti allo stesso “trattamento”? Si sa che non tutti gli abusati riescono a superare il trauma, ma si sa anche che taluni se ne fanno forza per fini propri.

E come mai, ecco un altro legittimo dubbio, il colabrodo della procura è rimasto impermeabile e blindato finché non c’è stato il coinvolgimento di Maniago nelle vicende omosessuali? Possibile che un vescovo giovane, prestante e gay sia più destabilizzante per la chiesa di un prete pedofilo stupratore seriale? È pur vero che la cosa deve aver creato qualche problema ad un episcopato che da anni cerca di accreditare la falsa equazione omosessualità uguale pedofilia ed ora si ritrova sconfessato in casa propria.

Non sarà per caso che proprio alla curia convenga che si alzi più polverone possibile per coprire altre magagne? In fin dei conti stanno venendo fuori aspetti ai più ignoti e apparentemente marginali, ma guarda caso tanto Maniago e Firenze che monsignor Acampa a Siena, altro prelato manager in odore di… fumus non persecutionis ma d’incendio di documenti, sembrano coinvolti negli interessi immobiliari delle rispettive curie, coincidenza particolarmente singolare visto che proprio la Conferenza Episcopale Toscana (CET), ufficialmente tramite l’Antonelli, ha recentemente stipulato un’affaruccio con la Regione toscana che le ha permesso d’incamerare 9 milioni di euro da investire in mattoni. Viene quasi da dire che la CET, Conferenza Edilizia Toscana, non sia altro che una consociata della CEI, Conferenza Episcopale Immobiliare.

Troppe domande che non si sa se siano mai state formulate. Lo farà sicuramente la magistratura, tuttavia i sui tempi e quelli della chiesa sono purtroppo comparabili per cui ci vorrà tempo affinché il gran polverone si diradi, ma anche allora non è detto che si potranno distinguere fra le macerie di questo vergognoso aggroviglìo i corpi delle vittime da quelli dei farabutti.

er quanto ci riguarda riflettiamo sulle dichiarazioni del responsabile del circolino frequentato da chi come noi non crede e non frequenta chiese e parrocchie. Noi possiamo dire «non c’ero» ma non «se c’ero dormivo…».

E' di questi giorni la notizia che, nonostante siano passati decenni dalla maggior parte delle accuse, la Procura di Firenze ha chiuso le indagiine e si prepara a chiedere il rinvio a giudizio di don Cantini

http://lanazione.quotidiano.net/firenze/2008/05/13/88020-mille_pagine_accusano_cantini.shtml

ABUSI IN PARROCCHIA
Mille pagine accusano Don Cantini
'Prove schiaccianti' contro il sacerdote

Conclusa l'istruttoria bis. Consegnate al cardinale le conclusioni del supplemento d'inchiesta canonico. Sarebbero state raccolte 'prove schiaccianti'. Oltre mille pagine d’istruttoria inchioderebbero don Lelio Cantini (nella foto) alle proprie responsabilità negli abusi sessuali, nei confronti di alcune sue giovani ex parrocchiane alla Regina della Pace

Firenze, 13 maggio 2008 - Oltre mille pagine d’istruttoria inchioderebbero don Lelio Cantini (nella foto) alle proprie responsabilità negli abusi sessuali, nei confronti di alcune sue giovani ex parrocchiane alla Regina della Pace, e nella gestione delle elargizioni dei fedeli, che sarebbero state molto poco spontanee e ottenute con un sistema di persuasione occulta efficace come un’estorsione.
 

Il supplemento d’indagine voluto dal cardinale Ennio Antonelli per chiarire del tutto la vicenda che vede implicato l’anziano sacerdote, priore dal ‘61 al 2005 della parrocchia del Ponte di Mezzo, è stato consegnato una quarantina di giorni fa all’arcivescovo, che, ai sensi del diritto canonico, si è consultato con due ‘assessori’ di sua fiducia con i quali ha valutato la situazione per poi trarre le proprie personali conclusioni sull’operato del prete, ormai ottantacinquenne, ricoverato nel convitto ecclesiastico di viale Michelangelo.
 

Dell’inchiesta canonica bis si sta occupando su incarico del cardinale Antonelli padre Francesco Romano, carmelitano, già magistrato del tribunale ecclesiastico toscano. Il religioso, che è vincolato all’obbligo del silenzio, ha consegnato il voluminoso dossier all’arcivescovo, che dovrà stilare il documento conclusivo, Solo in un secondo momento, la decisione presa dal cardinale Antonelli sarà affidata di nuovo a padre Romano nel suo ruolo di ‘inquisitore’, e prenderà la via di Roma, destinazione Congregazione della dottrina della Fede, retta dal cardinale Joseph Levada. 
 

Secondo le accuse, formalizzate anche dalla diocesi fiorentina, don Cantini si sarebbe reso 'responsabile di delittuosi abusi sessuali compiuti su alcune ragazze negli anni compresi fra il ‘73 e l’87, di falso misticismo, di controllo e dominio delle coscienze', una colpa quest’ultima alla base del presunto passaggio di soldi e di proprietà fra i parrocchiani e il loro burbero, ma carimastico priore. «Un sacerdote vero, che ci crede davvero» come lo ebbe a definire, riconoscente, monsignor Claudio Maniago, uno dei ragazzi cresciuti alla Regina della Pace e diventati sacerdoti, all’atto della propria investitura a vescovo ausiliare.

Da quanto si è potuto sapere, le accuse al sacerdote sarebbero suffragate da 'prove schiaccianti', che potrebbero portare a una punizione più pesante, come auspicato a più riprese dalle vittime degli abusi, della privazione per cinque anni della facoltà di confessare, di celebrare la Santa Messa in pubblico, di amministrare altri sacramenti e di assumere incarichi ecclesiastici, oltre a penitenze come dover recitare ogni giorno il Miserere. 
 

Se l’istruttoria supplementare della Chiesa può dirsi conclusa, si aspetta ora che il pm Paolo Canessa chiuda le indagini preliminari per quanto riguarda il fascicolo aperto nell’aprile dell’anno scorso dalla procura. Un’inchiesta difficile e a rischio prescrizione

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