(SENZA TITOLO)

ISOLE


DUGI OTOK: L’ISOLA LUNGA Verde e blu. Insieme e all’improvviso. Come uno schiaffo. E non basta la bianca e ininterrotta linearità delle rocce calcaree che li dividono ad attutire lo stupore. Anzi, se possibile l’immagine d’insieme risulta ancora più intensa. L’isola croata di Dugi Otok (traducibile in “isola lunga”) si distende sottile per 43 kilometri nell’arcipelago davanti a Zadar, in Dalmazia. Il traghetto le si avvicina cauto a metà mattinata in quelle ore in cui il sole rende più verde il fitto verde della vegetazione di pini, ulivi e fichi e più blu tutti i blu del mare. Una volta a terra i piedi toccano la roccia, modellata da onde e venti, la stessa bianca roccia che si immerge insieme al verde riflesso della vegetazione nel mare e che rimbalza gli infiniti blu di cielo e mare tra i rami. L’attracco è nel piccolo molo di Bozava, tra la decina di minuscoli paesi dell’isola, quello più settentrionale. Nei mesi estivi tutti questi sparuti villaggi abitati accolgono in totale 4000 tra residenti e turisti, mentre d’inverno ne rimangono al massimo 300. I croati di età inferiore ai 50 anni tornano infatti sulla terra ferma, soprattutto Zadar o Zagabria, a svolgere un secondo lavoro, come racconta Davide, trentenne, d’estate timoniere su una barca a vela che accompagna turisti in uscite quotidiane tra le isole Kornati e d’inverno falegname. Ognuno di questi piccoli centri è immancabilmente formato da un minimo agglomerato di case, un porto, un market e una chiesa con cimitero sul retro, le cui tombe sono ornate da una sgargiante varietà di fiori di plastica. Pochi ristoranti e nessun locale commerciale o notturno. Ci si sveglia praticamente tutti insieme coi primi rumori e l’odore del forno che invita a immagazzinare energie per non perdere nemmeno un secondo di quello che la natura può offrire. La gente del luogo è all’apparenza fredda e distaccata, sempre e instancabilmente occupata in qualche attività manuale, ma dopo alcune ore dall’arrivo sanno già tutto di te e te ne accorgi dalla genuinità dei saluti e dai continui suggerimenti e “dritte” su dove andare, cosa mangiare, quanto spendere e come spostarsi. L’unico poliziotto visto sull’isola in una settimana ribadisce l’avvertimento già espresso dal proprietario di casa di usare parsimonia nell’utilizzo dell’acqua, preziosa e limitata risorsa che sull’isola arriva periodicamente a bordo di apposite navi cisterna. Escursioni a piedi o in bicicletta sono le più indicate per apprezzare appieno dei continui stimoli ai sensi che la natura offre. Nelle narici si insinua di continuo l’aroma della salsedine e della vegetazione, i cui ricorrenti colori si mescolano negli occhi insieme alle onde di vita quotidiana. Ad appagare il gusto il sapore aspro e dolce allo stesso tempo del vino prodotto sull’isola, la decisione del prosciutto dalmata, il pesce cucinato condito e speziato di essenzialità. E mentre ricorrono in sottofondo la nenia di cicale che sembrano insolitamente il doppio di quelle conosciute, e l’infinito suono delle onde, si avverte il bisogno di stendersi sulle lisce rocce o di appoggiarsi agli alberi circostanti, quasi a ricongiungersi alla natura. Spostamenti verso altri paesi sono possibili con scooter o piccoli bus che percorrono la strada che attraversa longitudinalmente il dorso collinare dell’isola fino al punto più meridionale che coincide col Parco naturale di Telascica, oasi floro-faunistica navigabile, all’interno del quale è presente anche un lago salato. Si passa dalla “turistica” Sali, dove a metà agosto ha luogo la caratteristica “corsa degli asini”, alla “arroccata” Dragove dove sono pure presenti due tunnel-rifugio per sottomarini, alla “portuale” Brbji fino a Veli Rat con la vicina spiaggia sabbiosa di Sakarun e la sua lanterna che vigila sull’Adriatico. Costante in ogni tappa la presenza di barche ormeggiate ai moli che quotidianamente fanno tappa sulle molte micro-isole disabitate poste tra Dugi Otok e la terraferma. Sempre presenti sono anche colonie di gatti nell’ordine di una decina di unità ad ogni angolo; felini dall’aspetto snello, muso allungato, colori chiari e sonnacchiosi finchè non si avvicina una qualsiasi forma di vita che li trasforma d’incanto in mobilissime creature per la gioia dei pochi bambini presenti sull’isola. Le serate in genere si trascorrono passeggiando, pasteggiando all’aperto e a volte sono punteggiate dalle luci dei falò attorno ai quali gente del luogo e turisti arrostiscono carne o pesce bevendo vino e birra locali e dove si viene a sapere che alcuni di quelli che abitano sull’isola sono i pochi rimasti dei molti che si trasferirono qui durante il periodo della guerra, che la Croazia è abitata da quattro milioni e mezzo di abitanti ma che altrettanti sono sparsi in giro per il mondo, che il merluzzo si può friggere prima nella birra e poi nel vino e diventare sublime con una salsa di cetrioli e crema da cucina e che le nasse, particolari reti di pesca, sono a forma di cuore per assecondare i movimenti dei pesci. Partendo l’impressione è quella di aver vissuto nella verace semplicità, del vivere, del pensare, del “sentire” la natura e di avere una nuova prospettiva che aiuta a ristabilire le giuste proporzioni.Negli occhi e nella testa rimangono vividi verde e blu...e tutto quello che i sensi hanno avvertito nel mezzo.