(SENZA TITOLO)

kilkenny- seconda parte


Sentivo dentro la delusione e il dubbio muoversi a onde, scosse dall’ansia di sapere. Ma quella sera c’era parecchia gente. Soprattutto stranieri, che di norma toccavano a me per via del mio inglese allevato a scuola. Così non ebbi modo di ritornare a ‘quel’ tavolo.  Vidi Lele uscire  con il telefono in mano e allontanarsi sul prato.Già mentre faceva il numero sorrideva. L’espressione gli divenne quasi trasognata quando arrivò la risposta. Eccolo lì, una mano in tasca e lo sguardo lontano, mento basso a sussurrare. Guardai verso la moglie : stava pulendo la bocca del loro bambino. Sembrava una di quelle orribili sceneggiature da fiction televisiva, stentavo a crederci. Non avrei voluto trovarmi lì e sapere quel che sapevo. Mi sentivo imbarazzato, indeciso tra fare o non fare, chiedere spiegazioni o lasciar correre. Ce l’avevo con Lele per la situazione in cui m’aveva cacciato. Fortuna sua che quella sera dovevamo farci tutti in quattro e non c’era tempo per altro.Finimmo tardissimo di rigovernare. Eravamo tutti stanchi e nervosi, a malapena ci augurammo la buonanotte. Io però sapevo che non avrei riposato se non avessi fatto quel che avevo in mente.Andai in reception, accesi il PC e mi collegai al forum. Trovai i messaggi di Lele66. 162. Iniziai a leggerli tutti, dal primo all’ultimo. Cercavo qualcosa cha agganciasse l’uno all’ altro i due Lele: quello che dormiva con sua moglie al piano di sopra e l’altro fatto solo di parole.Avevo bisogno di rimettere tutto a posto, far coincidere i lembi delle due figure che avevo davanti; non sopportavo l’idea di una realtà che non potevo decifrare. Solo la caparbietà mi teneva aperti gli occhi stanchi.I messaggi sembravano diversi rispetto alla prima volta che li avevo letti. Era come se il loro reale contenuto si fosse mimetizzato per rivelarsi solo alla luce di di tutto quello che era venuto dopo.Non avevo capito niente. Pensarci era come toccare una scottatura fresca,dava il fastidio doppio del danno che ci si procura da soli.Eppure. Avevo un pensiero che mi disturbava, un ronzio di cui non capivo l’origine. Qualcosa mi sfuggiva, qualcosa di determinante che di sicuro mi stava sotto gli occhi e non vedevo. Per ultimi  rilessi i messaggi personali che avevo ricevuto da Lele66. Respirai male su quello in cui mi parlava di lei. Perchè farla tanto lunga sulla differenza d’età e non parlare della moglie, del figlio. Non capivo che bisogno avesse di raccontare una mezza verità. Se avesse detto tutto, sarebbe stata come una confidenza tra sconosciuti  che fanno la fila dal medico. Ma così non aveva senso. Perchè, perchè ... basta, ero troppo stanco. Avevo mal di testa, gli occhi bruciavano. Non valeva la pena di sprecare altro tempo. Spensi il PC e salii in camera mia. Fu un sonno breve e disturbato, malgrado la stanchezza. Ancora quel pensiero inafferrabile, fioco come una lucina di candela , ma tale da spezzare il buio mentale necessario al riposo.Al mattino  presto mi affacciai  a respirare l’aria fresca perchè mi svegliasse.Sotto di me si stendeva il prato fitto, chiazzato del bianco dei tavolini per la colazione. Più in là gli ulivi sfumavano in una nebbia grigioverde.C’era voluto tanto per trasformare l’uliveto del nonno in agriturismo. E tanto bisognava lavorare ancora, ogni giorno. Gli ospiti non sapevano quanta fatica ci fosse dietro il prato ben pettinato, il cibo biologico, la cura degli ulivi. Si sedevano, gustavano i pasti e l’ambiente e se ne andavano convinti di aver incontrato la campagna, invidiando chi in questa cartolina ci viveva tutto l’anno e ignorando completamente la realtà che l’aveva prodotta.E all’improvviso il mio rancore non c’era più. Lele non c’entrava niente. Avevo fatto tutto da solo. Io avevo costruito un personaggio a partire dalle sue parole, ma non avevo alcun diritto di sentirmi deluso se la verità non gli assomigliava. E poi chissà qual era la verità. Che ne sapevo io della sua vita, della sua storia, del peso delle sue giornate. Particolari che finora erano stati irrilevanti. Eppure un posto per lui lo avevo trovato lo stesso. Perchè lo sentivo così vicino, così simile a me.Su questo non mi ero sbagliato. Lele66 era mio amico. Quest’altro, questo Emanuele era uno di cui non sapevo nulla. Un cliente come tanti, nemmeno un ricordo fra qualche giorno. Non ero sicuro che fosse giusto, ma per il momento andava bene così. Forse stavo dando troppa importanza a una storia fatta di niente, di parole che una volta lette non erano già più vere. Perchè la realtà va più in fretta e più lontano delle parole che pretendono di raccontarla. Avevo la testa gonfia di insonnia e pensieri. Bevvi un caffè che mi parve il primo della mia vita.Mentre apparecchiavo i tavoli per la colazione scesero Lele e famiglia. Ero meno agitato e la curiosità prese il posto dell’ansia che mi si era accesa il giorno prima.-Buongiorno Valerio – mi disse la signora – vorrei chiederle una cortesia: noi partiamo oggi e liberiamo la stanza subito dopo colazione, ma vorremmo lasciare qui i bagagli mentre facciamo un ultimo giro al paese. Lei pensa sia possibile?La guardai imbambolato. Partivano. E mi sentii rimescolare dentro.-Sì – risposi soprappensiero- se liberate la stanza non dovrebbero esserci problemi.-Grazie, Valerio. Lele, poi assaggia la marmellata di mandarino, se ti piace ne compriamo un paio di vasetti.Andai in cucina a preparare le colazioni ;avevo il cuore in gola, le mani insicure.Da una parte non vedevo l’ora che se ne andassero, dall’altra mi sembrava di non fare niente per evitarmi un rimorso. Perchè un rimorso l’avrei avuto, me ne accogevo solo allora.Ma il tempo era troppo poco. O forse no. Non per dirgli tutto, ovviamente. Per fargli intuire, capire qualcosa forse sì. Gettare un’ esca.Andò diversamente e non ebbi modo di fare nulla: dovetti sostituire mia cognata, innervosita perchè non riusciva a capire cosa volessero i due francesi che stava servendo. Cercai di non perdere di vista Lele e i suoi finchè potei, ma loro se ne andarono prima del previsto. E adesso?Scrivergli una lettera e infilarla nel bagaglio? No, rischiavo che la trovasse la moglie. Chiamarlo da parte con una scusa? Mi mancava il coraggio, onestamente. Lasciar perdere : sì.Sparirono fino a mezzogiorno, quando tornarono a ritirare il bagaglio e le marmellate. Sarebbero andati via per sempre e non ero riuscito a evitare di sentirmi un idiota per il resto dei miei giorni. Fu all’ultimo che mi venne un’idea disperata:-Signora, se volesse altra marmellata le lascio il mio indirizzo e-mail: la casella dell’agriturismo s’intasa spesso, per sicurezza mandi anche qui i suoi ordini.E scribacchiai sul retro di un biglietto da visita l’indirizzo che avevo sul forum : kilkenny@unilettere.it.Prendendolo mi sorrise e lo passò al marito:-Grazie, lo do’ a mio marito che io sono negata con i computer. Arrivederci e grazie di tutto!Strette di mani, mentre Lele riponeva il biglietto nel portafogli.. Leggendolo aveva fatto una specie di piega con la bocca. Difficile capire se mi avesse guardato dagli occhiali scuri.Li osservai per un po’ mentre si allontanavano. Il cuore era un cavallo che non si placava, ma sapevo che dopo sarei stato meglio. Avevo passato la mano, ora toccava a Lele fare la sua mossa. Per settimane continuai a controllare la mia posta e il forum, nell’attesa di un segno qualunque. Era la prima cosa che facevo ogni volta che usavo il PC. Prima di ogni verifica di prenotazione, di ogni ordine, di ogni operazione. Ma niente, niente, niente da parte sua. ‘Hai un nuovo messaggio’, tuffo al cuore e poi delusione. Anche se scrivevano gli amici più cari, mi irritavo perchè non erano lui.Continuai a frequentare il forum, per un po’. Solo discussioni generiche però. Niente di importante. Anche Lele66 si fece vivo, ma solo sporadicamente. Non gli ho scritto più da allora. Con Peppe ripresi a sentirmi quasi solo per telefono. Non gli ho mai raccontato niente, nemmeno quest’anno che è venuto da mio fratello per le ferie.Da quando lavoro in comune non mi resta più tanto tempo per navigare. Vado sui siti dei giornali, su quelli che trattano di letteratura. Ma niente forum, niente blog. Non mi va più.