(SENZA TITOLO)

Notte in Banca


Giampiero è l’esperto, io l’apprendista. Mi hanno affiancato a lui perchè bisogna conoscere un po’ tutto, mica solo nuove tecnologie. Gestiamo il controllo di configurazione all’interno di una grande banca. E’ Venerdì. Lunedì prossimo la banca inizierà con l’ OPA la sua privatizzazione. Tutte le operazioni sono sospese fino a quella data. -Vedi, non dico che è sbagliato studiare. Io se faccio un figlio lo faccio studiare, ma non serve la laurea. Io col mio diploma ho iniziato subito i primi lavori. E guadagnavo già benino mentre tu stavi sui libri. E adesso che ci avrò sì e no cinque, sei anni più di te guadagno il triplo di te a ogni commessa, e conta che me ne entrano almeno due al mese. E ci ho la casa, la macchina, la moto e il cavallo al maneggio. Mentre tu vai in giro coi mezzi e ci metti tre ore per venire qua. Poi voi che studiate non siete pronti per questo mercato, mi dispiace ma non sapete nemmeno come ci si presenta. Guarda te, ti vesti ancora come una studentessa, mai un tacco alto, un po’ di trucco. Se non l’hai capito, il lavoro uno se lo deve saper guadagnare. Fra te e una non laureata ma più aggiustata, secondo te chi prendono, eh? O, io te lo dico per il tuo bene, eh? Lo faccio parlare. Ricaccio indietro lacrime di rabbia e umiliazione. Tanto fra un mese scade il contratto e me ne vado. Posso farlo, sono gli anni novanta e c’è un sacco di lavoro per quelli come me. Altro che vent’anni nelle banche come lui. -Senti Giampiero, mi sono creata un ambiente di test per studiarmi le configurazioni di produzione. Per favore dagli uno sguardo, così capisco se devo aggiungere qualcosa. -L’hai fatto da scratch? E allora ti serve a poco, che ci fai. Meglio se ti ci copio sopra l’ambiente di produzione, almeno vedi com’è fatta la configurazione vera. Come si chiama l’ambiente di test? -Conf_catia_prod1 -Allora adesso ti ci copio sopra l’ambiente vero. A me certe volte capita di scambiare la destra con la sinistra. O di guardare la mappa dal verso sbagliato. Scambio sempre il barattolo del sale grosso con quello del sale fino. Cose che capitano a tutti. La mia fortuna è che non ho mai scambiato la destra con la sinistra guidando, che le mappe si possono capovolgere, che i barattoli del sale si possono riporre senza usarli. Giampiero è più bravo, ma meno fortunato di me. -Giampiè ... ma la sintassi non era ... -Zitta per carità. Zitta, zitta! Oddio che cazzata, Madonna mia! Ma come cazzo ho fatto, Dio santo! Ha copiato la mia configurazione finta su quella di produzione. Tutte le transazioni effettuate nelle ultime due ore sono state cancellate. Quelle in corso non verranno registrate. Sono le cinque, gli sportelli sono chiusi. Ma ci sono i bancomat. Le carte di credito. E altro ancora che non so. -Aspetta, aspetta ... c’è la copia che fanno ogni quarto d’ora, forse in archivio ce l’ hanno ancora. Telefona in archivio. Si sforza di controllare la voce. L’azzurro degli occhi sembra congelato. Non dico nulla. La compassione che provo è più di quanta lui ne abbia mai avuta per me. -Buonasera ... senta, un’informazione: il dump delle cinque è già archiviato? Ah ... ah, va bene, grazie lo stesso. Si volta verso di me. Cerca sostegno, per lui è davvero un brutto momento. -Dice che per via della privatizzazione oggi hanno spedito il dump in anticipo, alle tre. Si passa una mano fra i capelli. -A Cà, qua finiamo sopra i giornali. Altro che privatizzazione, qua se ferma tutto. ‘Finiamo?’ penso. E’ quasi una promozione sul campo. -Giampiero, aspetta ... non è uscito nessun allarme, forse i processi girano ancora con la configurazione con cui sono partiti. Se non si fermano ... -Ma li fermano. Per manutenzione, ogni notte. -E dai, da qualche parte ci sarà una copia automatica della configurazione ... o qualcosa da cui partire per ricostruirla. -Forse sì ... ma c’è da lavorare, e parecchio. Una cosa complicata, ammesso che riesca. Senti, qua me la vedo io. Tu va a casa che si fa tardi. Cerco di parlare con qualcuno, se mi fanno restare fino a stanotte. Magari ritardano la manutenzione, non so. Capisco. Metto le mie cose nella cartella. Per fortuna nell’ufficio non c’è nessuno oltre noi. -Catia, mi raccomando: se recupero e non succede niente, non raccontarlo a nessuno. Se non ce la faccio ... be’, lo vedi dai giornali Lunedì. Quasi sorride, di un sorriso triste e preoccupato. Io annuisco, gli dico in bocca al lupo e vado via. Il finestrino dell’autobus è un rettangolo nero rigato di pioggia. Rivedo la faccia di Giampiero, il suo corpo sottile. Ha voce di pecora e mani che tremano sempre un po’. Penso a lui per il resto della sera. Non ho il suo numero di telefono, chissà se l’avrei usato per sapere come stava andando. Forse sì. Sì, certamente. Lunedì mattina esco in ritardo senza aver ascoltato il notiziario. L’autobus è stracolmo, non posso nemmeno sedermi per leggere. Aggrappata a uno schienale immagino scenari apocalittici per il gusto di inventarmi storie. Arrivo in banca alle nove. Tutti sono in fibrillazione, è un’atmosfera molto diversa da quella che ho lasciato Venerdì. Magari è solo un’ impressione. Mi incammino verso il centro di calcolo. Incontro Giampiero lungo il corridoio. Sta fumando mentre parla al telefono. Lo guardo con gli occhi più grandi che ho. Lui annuisce, fa un mezzo sorriso. Chiude la conversazione. -Non era così grave.E’ andata bene. Ma Venerdì sono stato qua tutta la notte. Gli sorrido sollevata mentre raggiungiamo le nostre postazioni. Da quel giorno cominciò a spiegarmi un po’ di cose, mi diede un manuale, mi insegnò qualche trucco del mestiere. Durò poco, perchè il mese dopo me ne andai veramente. Potevo farlo. Lui era incatenato alle banche, io davanti avevo il mondo intero. E cominciai a esplorarlo.