Docenti Inidonei e +

Riforma della scuola


Da "Micro Blog"MARINA BOSCAINO – Riforma della scuola, il governo non ascolta la voce degli insegnanti Quel che si dice: l’importanza di essere insegnante. Non è un dato neutro, nella storia che sto per raccontare. La scorsa settimana, venerdì, in occasione della chiusura della “campagna di ascolto” da parte del Miur sul documento La Buona Scuola – Boschi ne ha annunciato l’imminente pubblicazione degli esiti – i docenti Autoconvocati delle scuole del Lazio, dopo un presidio in Viale Trastevere insieme a Cobas ed altre sigle sindacali, hanno chiesto di essere ricevuti per portare a conoscenza del ministro il numero impressionante di delibere, mozioni e documenti dei collegi dei docenti contro il Piano Renzi, raccolti prevalentemente tra le scuola di Roma. Un “assaggio” degli analoghi testi che sono emersi dai collegi di molte scuole di Italia. L’intenzione era chiara e dichiarata: abbiamo fatto la consultazione – attraverso gli organi collegiali della scuola che, finché ce li mantenete integri (considerando che il documento governativo ne prevede la revisione in senso limitativo), hanno ancora una funzione giuridicamente significativa; ciò che è emerso non è favorevole al piano che il Governo propone; prendetene atto e confrontiamoci. Si chiama pratica democratica. Si chiama – appunto – “ascolto”: uno dei totem linguistici di questo governo, sbandierato e rivendicato, che però si traduce in un’interpretazione decisamente fantasiosa, che svela l’intrinseca demagogia del suo uso (e abuso) e che ben si può sintetizzare nell’affermazione di Renzi: ascolto tutti, ma decido io. E nella sommaria elencazione dei soggetti – anche costituzionalmente garantiti – da mandare in pensione per non ostacolare “il nuovo che avanza”. Nel caso in questione, nemmeno l’ascolto di facciata è stato garantito. La delegazione, di cui io facevo parte, è stata infatti bloccata con un imponente spiegamento di forze – documentato da filmati e foto – davanti all’ingresso del ministero. Ai pericolosi  docenti con le mozioni in mano è stato opposto uno schieramento di carabinieri e guardie di finanza blindati in caschi e scudi, due camionette a chiudere le rampe laterali alle scale. Siamo rimasti immobili, attendendo pazientemente che dai piani alti qualcuno consentisse al nostro ingresso: nulla. Dopo mezz’ora di attesa – senza particolari tensioni, nonostante la pressione dei militari, che ci sospingevano verso la scala retrostante – abbiamo desistito, accontentandoci di “stendere” tutte le delibere – come panni al sole – a nastri di recinsione. Lo spiegamento di fogli: un colpo d’occhio suggestivo. E così – il 14 novembre – si è conclusa la campagna di “ascolto”. Che non ha peraltro mai tenuto conto del fatto che delibere e mozioni – spesso all’unanimità, il che vuol dire siglate dal consenso di gruppi di docenti variabili dai 70 ai 100 e oltre – spesso contenevano il richiamo alla legge di iniziativa popolare (Lip, ora disegno di legge depositato al Senato da Mussini, Petraglia, Montevecchi, Tocci, Liuzzi, Centinaio, Bignami, Gambaro, Lo Giudice, Pepe, Ricchiuti, M. Romani, Serra, De Petris; e alla Camera da Paglia, Scotto, Giordano, Fratoianni, Costantino, Duranti, Pellegrino) Per la Buona Scuola della Repubblica. Un ascolto che, per la verità, tutte le istituzioni fanno mancare, se si considera che più di un mese fa i Presidenti di Camera e Senato hanno ricevuto una lettera da parte del Comitato per la Riproposizione della Lip, alla quale non hanno ancora risposto. La senatrice Maria Mussini, del gruppo Misto, docente (ha insegnato per anni latino e greco presso il liceo classico di Reggio Emilia), da persona di scuola ha colto la gravità e il significato anche simbolico dell’episodio, formulando un’interrogazione parlamentare (firmata anche dai senatori Petraglia, Montevecchi, Bignami, Romani Maurizio, Bencini e De Petris) che coniuga la legittima perplessità rispetto ai fatti accaduti davanti al Miur (che hanno sottolineato più che mai lo spazio abissale tra governo e cittadini; tra amministratori, decisori e cuore pulsante delle istituzioni stesse, coloro che quotidianamente le fanno funzionare, in questo caso i docenti) ma anche nel merito delle procedure di elaborazione del documento la Buona Scuola, dell’organizzazione della campagna di “ascolto”, del questionario che il Cineca (lo stesso istituto responsabile dell’errore sui test per il concorso da dirigente scolastico 3 anni fa e di quelli per la specializzazione in medicina poche settimane fa) ha ideato per saggiare – in modo del tutto parziale e capzioso – l’indice di gradimento della Buona Scuola di Renzi; dei dati che verranno pubblicati (a fronte di una possibilità di accedere al sondaggio un numero potenzialmente infinito di volte, con nomi diversi; e – nonostante ciò – del numero esiguo di risposte ottenute;. Rilanciando, con la forza delle nostre ragioni (di noi docenti, studenti, genitori e parlamentari di riferimento; che sono le 100mila firme certificate che accompagnarono la proposta della legge di iniziativa popolare alla Camera nel 2006) un articolato di legge che costituisce oggi l’alternativa che la scuola può e deve legittimamente contrapporre al rampante e frettoloso modello renziano. Un’alternativa di studio, negoziazione, condivisione, esperienza, approfondimento, democrazia, inclusione, laicità, pluralismo – tutti elementi rigorosamente tenuti dagli articoli della Lip nell’alveo di quanto la Costituzione prevede relativamente all’istruzione – che può e deve rappresentare la voce della scuola da contrapporre alla verbosa autoreferenzialità governativa, dove le parole difficilmente corrispondono a fatti concreti. Grazie a Maria e a tutti i parlamentari che ci stanno accompagnando in questo difficile percorso. La perenne lotta tra Davide e Golia trova oggi una particolare interpretazione: al monopolio degli spazi e dei siti istituzionali; alla gestione impropria dei luoghi della scuola, occupati talvolta – per diffondere il piano Renzi – da politici senza contraddittorio; agli spot pubblicitari che, con i fondi della collettività, hanno imperversato dai canali Rai radio e Tv; dalla quasi totale acquiescenza di informazione e media che hanno nella maggior parte dei casi rinunciato al dovere dell’oggettività per assecondare acriticamente la corsa veloce del giovane rottamatore; a tutto ciò e a molto altro, noi contrapponiamo le nostre forze tenaci, fondate su studio, riflessione, pensiero critico, energia e sforzo (fisico ed economico) per non disertare una sola assemblea, un convegno, per scrivere incessantemente le nostre ragioni, per illustrare una proposta che – tranne che dalle nostre parole e dai nostri atti – viene volontariamente oscurata. Siamo convinti che serietà, rigore, passione – ma anche tanto amore per la scuola pubblica e per coloro che la frequentano – ci daranno ragione.