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SANT'ELMO

Post n°27 pubblicato il 12 Febbraio 2007 da corenapulitano

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Nel 1329 Roberto d'Angiò ordinò la costruzione di un complesso militare sulla collina di S. Erasmo (attuale S. Martino) con lo scopo, da un lato , di controllare le strade che conducevano in città da parte delle alture che la circondavano e, dall'altro, di tenere sott'occhio l'agglomerato urbano sottostante. Nel suo disegno strategico il re angioino fu certamente preceduto dai Normanni, i quali, nel 1170, fecero erigere sulla stessa collina una torre d'osservazione che, nel tempo dovette assumere dimensioni molto più ampie. Di questa costruzione si sa poco solo che si chiamava Belforte ed era circondato da una rigogliosa vegetazione.
Più cospicue sono le notizie circa il maniero voluto da Roberto ad esempio il nome degli architetti: Francesco di Vito, Tino da Camaino e Atanasio Primario.
Nel 1348 il castello, appena finito, dovette sostenere il suo primo assedio da parte del re d'Ungheria, Ludovico, che aveva organizzato una spedizione contro il regno di Napoli per vendicare il fratello Andrea, la cui uccisione era attribuita vox populi a sua moglie, la regina Giovanna d'Angiò. Ma la permanenza del re Ludovico durò poco perché lo scoppio di una micidiale pestilenza lo indusse a far fagotto al più presto. Una seconda spedizione si ebbe nel 1350 e si concluse con una pace seguita a convulse trattative. Seguì una dura lotta tra i rami d'Angiò e Durazzo e l'altra regina Giovanna di Durazzo vendette il castello ad un suo amante per 2500 ducati.
Il nostro maniero divenne di nuovo il più ambito obiettivo militare quando, successivamente, Francesi e Spagnoli si contesero il possesso del regno di Napoli. Il re di Spagna Carlo V decise di ricostruire ex novo il castello e a promuovere l'iniziativa fu Pedro de Toledo, l'unico viceré spagnolo che, quando decideva di fare qualcosa, lo faceva con la dovuta serietà e con indiscutibile efficienza: egli, infatti lasciò a Napoli un'impronta indelebile, conferendo al centro storico parte delle soluzioni urbanistiche che ancora oggi lo caratterizzano. L'architetto fu spagnolo, Pietro Luigi Scribà, che iniziò ad operare nel 1537 effettuando una generale fortificazione dell'intera altura di S. Martino. Lo Scribà concepì il maniero a pianta stellare con sei punte comprendente le aree destinate alla difesa, alla polveriera, l'alloggio per il castellano e quelli per la guarnigione, ampi cortili e sotterranei, ambienti per la detenzione, vasti magazzini, una chiesa e una colossale piscina in grado di assicurare un abbondante rifornimento idrico. Un'opera "ciclopica" con mura in pietra tanto spesse e robuste da risultare praticamente inattaccabili.
Nel 1587, però, a causa di una terribile tempesta, un fulmine si abbatté sulla polveriera e fece esplodere parte della costruzione che cadendo sulla città recò notevoli danni a molti monumenti e chiese.
Vale la pena di visitare la chiesa di S. Erasmo del 1547 che conserva un pregevole pavimento in maiolica e cotto. Dietro l'altare vi è la tomba di Pietro de Toledo, parente del viceré e primo castellano di S. Elmo. Di fronte all'ingresso della chiesa si trovano le prigioni nelle quali furono rinchiusi, tra gli altri Giovanna di Capua, principessa di Conca, per le sue sfrenatezze erotiche che la portarono fino al delitto; Tommaso Campanella che, si racconta, qui scrisse la sua "Città del sole"; Angelo Carasale, l'architetto che progettò e realizzò il San Carlo che fu accusato di aver lucrato sui fondi dei lavori e per questo morì di crepacuore; Mario Pagano; Domenico Cirillo; Gennaro Serra di Cassano; il conte Ettore Carafa; Francesco Pignatelli; Giovanni Bausan; Luigia Sanfelice; Pietro Colletta; Carlo Poerio; Silvio Spaventa ecc.

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