corsa y mucho mas

Mykeleya 2016


La baia aveva la forma di un arco di sabbia bianca. La sabbia era un po' umida, il sole obliquo di ottobre la scaldava pian piano. Il mare era così calmo che sembrava una laguna di qualche remota isola dei caraibi, con l’acqua indecisa tra gradienti di smeraldo e cobalto. A gruppetti camminavano chiacchierando, tutti scalzi, tutti con occhialini e una cuffia, nessuno aveva asciugamani, o borse, percorrevano la spiaggia sul bagnasciuga a passo svelto. Si raggrupparono proprio al limite del porticciolo, davanti a loro una fila di grandi boe rosse, indossarono le cuffie e sistemarono gli occhialini. C’erano adolescenti calmi e sicuri del propri mezzi, e attempati signori che non riuscivano a dissimulare l’emozione. Al via corsero tutti in acqua, dopo alcuni metri l’acqua era abbastanza profonda per nuotare, e fu un ribollire di schiuma, di braccia, di gambe, un branco di non pesci in superficie che muoveva le acque respirando di continuo. La schiuma e le bolle delle percussioni lasciarono lo spazio al blu del mare, al fondale con le posidonie, ai pesci tranquilli un po' più in profondità. Una boa dopo l’altra, compagni di viaggio silenziosi (a mare acqua in bocca, naturalmente) si accostavano e poi fuggivano o venivano risucchiati da chi inseguiva. Ogni tanto si alzavano le teste per vedere dove era la boa successiva, i più abili andavano dritti come siluri, i meno avvezzi descrivevano zig zag tra le boe. Si avvistò lo striscione dell’arrivo sull’estremo della baia, le bracciate si fecero più frequenti, ormai il fondale era basso, ma si nuotava fino a quando è più utile, e i non pesci tornarono ad essere bipedi e corsero emergendo dalle acque.