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Ancora Eluana


Il caso di Eluana Englaro non smette di suscitare la mia indignazione e la mia rivolta che vorrei gridare a squarciagola perché la si smetta di parlare di lei come se fosse un oggetto rotto che, in quanto tale,  va buttato via. Non bisogna dimenticare che al di là dei suoi muscoli flaccidi che rivestono un corpo ormai piagato, incannulato, monitorato, al di là dei suoi occhi chiusi per sempre (?) e della sua persona alla mercè delle mani comunque amorevoli di coloro che la  curano c’è un cuore che pulsa, nelle sue vene c’è sangue che scorre, esattamente come nelle nostre. Qualcuno obietterà che lei vive perché sono le macchine a mantenere su questa terra il soffio di eternità che è la sua anima. Ma allora cosa dovremmo fare? Mandare  a morte tutti quelli che sopravvivono grazie alle macchine? Spero abbiate avuto modo di seguire un servizio andato in onda qualche tempo fa su un Tg nazionale   in cui si raccontava delle mille difficoltà di una madre che da quarant’anni assiste il proprio figlio disabile, un sorta di adulto – bambino con nessuna forma di abilità e di autonomia,  nessun controllo, che necessita di assistenza continua come un neonato. Cosa dovremmo dire a questa donna stanca, disperata, che merita tutta la nostra pietà? Si tenga la sua croce o facciamo una legge che consenta a tutti i genitori stanchi di liberarsi di figli imperfetti, inutili, ammalati gravi senza speranza di guarigione? Chiedo rispetto per la vita umana. Soltanto questo.